Читаем La velocità del buio полностью

Ricordo quando avevo paura dell'acqua, della sua instabilità, di come ondeggiava e si spostava appena la toccavo. Ma ricordo la gioia esplosiva di quando finalmente riuscii a nuotare, di quando mi resi conto che l'acqua continuava a essere instabile, però io potevo ugualmente stare a galla e muovermi nella direzione che preferivo. Ricordo quando avevo paura della bicicletta, della sua imprevedibilità e mancanza di equilibrio; e poi la stessa gioia quando imparai a guidarla, a usare la mia volontà per vincere la sua tendenza al caos. Anche adesso ho paura, più di prima, perché capisco di più… potrei perdere tutti gli adattamenti che mi sono costruito e allora non mi rimarrebbe niente… ma se riesco a cavalcare quest'onda, questa bicicletta biologica, allora sarò incomparabilmente più ricco.

Le mie gambe si stancano. Eseguo rimbalzi sempre più bassi, più bassi ancora, e infine mi fermo.

La compagnia non vuole renderci sciocchi e inefficienti, non vuole distruggere la nostra mente: vuole usarla.

Io non voglio essere usato. Voglio essere io a usare la mia mente per quello che desidero fare.

Penso che potrei voler provare questo trattamento. Non devo farlo per forza, non ne ho bisogno: sto bene anche come sono. Ma credo di cominciare a desiderarlo perché forse, se cambierò, se sarà secondo la mia idea e non quella di altri, allora forse potrò imparare ciò che desidero e fare ciò che voglio. Non si tratta di una cosa soltanto, ma di tutte le cose insieme, di tutte le possibilità. "Non sarò lo stesso" mi dico, abbandonando il conforto della gravità, volando fuori delle sue certezze nell'incertezza della caduta libera.

Uscendo dalla palestra mi sento più leggero in ambedue i modi, ancora in gravità meno che normale, ancora più pieno di luce che d'ombra. Ma la gravità ritorna quando penso di dire ai miei amici cosa mi dispongo a fare. Credo che a loro non piacerà più di quanto piaccia agli avvocati del Centro.

20

Il signor Aldrin viene a dirci che la compagnia non accetta di fornirci il trattamento Lungavita per ora, benché non è escluso… e lui tiene a sottolineare che questa è solo una possibilità… che acconsenta ad assistere quelli di noi che vorranno sottoporvisi dopo il presente trattamento, se esso avrà successo. — È troppo rischioso sottoporsi contemporaneamente a tutti e due — spiega. — E poi se qualcosa non dovesse funzionare la sua durata sarebbe più lunga.

Credo che dovrebbe dirlo chiaro e tondo: se il trattamento dovesse causare danni maggiori, noi subiremmo un grosso peggioramento delle nostre condizioni e la compagnia dovrebbe mantenerci più a lungo. Ma io so che le persone normali non parlano mai chiaro.

Non parliamo tra di noi dopo che lui è uscito. Gli altri mi guardano, ma nessuno dice niente. Spero che Linda accetti comunque il trattamento. Lei mi chiede se sono sicuro di ciò che faccio. Non sono sicuro, sono soltanto abbastanza sicuro. Poi chiamo il signor Aldrin e glielo dico. Anche lui chiede se sono sicuro. — Sì — dico, e poi chiedo: — Lo farà anche suo fratello? — Ho pensato spesso anche al fratello.

— Jeremy? — Pare sorpreso. — Non lo so, Lou. Dipende da quanto numeroso sarà il gruppo. Non so poi se accetterebbero anche estranei. In questo caso potrei chiederglielo. Se lui potesse vivere da solo, essere più felice…

— Non è felice? — domando.

Il signor Aldrin sospira. — No, Lou, non è felice. È molto… molto handicappato. I dottori… e i miei genitori… ha bisogno di molte cure e non ha mai imparato a parlare bene. — Credo di capire. Suo fratello è nato troppo presto, prima del trattamento che ha aiutato me e tanti altri. Probabilmente Jeremy si trova nelle condizioni in cui mi trovavo io quando ero piccolo.

— Spero che il nuovo trattamento sia efficace — dico. — E spero che possa far qualcosa anche per lui.

Il signor Aldrin emette un suono che non capisco, quindi risponde con voce rauca: — Grazie, Lou. Sei… sei un uomo buono.

Non sono un uomo buono. Sono solo un uomo come lo è anche lui, ma sono contento che lui pensi che sono buono.


Tom, Lucia e Marjory sono riuniti in salotto quando arrivo. Stanno parlando del prossimo torneo. Tom mi guarda.

— Lou… hai deciso?

— Sì — dico. — Lo farò.

— Bene. Dovrai riempire questo modulo di partecipazione…

— No, non parlavo di questo. — Mi rendo conto che lui non poteva sapere che mi stavo riferendo ad altro. — Non parteciperò a quel torneo… — Parteciperò mai ad altri tornei? Il mio io futuro vorrà ancora tirare di scherma? Si può tirare di scherma nello spazio? Sarebbe difficile, penso, in caduta libera.

— Ma avevi detto… — dice Lucia, poi il suo viso cambia, appare come appiattito dalla sorpresa. — Oh… vuoi dire… che hai deciso di accettare il trattamento?

— Sì — rispondo. Guardo Marjory. Sta guardando Lucia. Poi guarda me, poi ancora Lucia. Non ricordo se ho parlato a Marjory del trattamento o no.

— Quando? — chiede Lucia.

— Comincerò lunedì — spiego. — Ho molto da fare. Dovrò trasferirmi in clinica.

— Stai male? — chiede Marjory, che è diventata pallida. — Qualcosa non va?

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