— Ci sono cerimonie che vanno celebrate. Lei le ha cominciate. — Hakht alzò la voce. Aveva un tono di trionfo. — Lei non vi aiuterà. Le ho detto che è stata lei a causare la malasorte. Ha suscitato la collera delle persone che non sono più qui. Le ho detto che tutto questo deve finire. Mi ha dato ascolto, o Donna del Popolo del Ferro. Farà quello che dico io. E adesso — Hakht sollevò la mano e la puntò — il demonio. Consegnamelo.
— No.
Hakht fece un passo avanti. Nia sollevò l’accetta. — Ascoltami, fattucchiera. Io non ho alcun rispetto per te. Non temo il tuo potere. — Fece una pausa. Di solito le sue spalle erano arrotondate, ma adesso si teneva eretta. — Tutte voi, ascoltate! Ho fatto qualcosa che pochissime donne hanno mai fatto. Ho ucciso una persona.
Ci fu del movimento fra le abitanti del villaggio. Nessuna parlò.
— A ovest di qui, sulla pianura, ci sono le ossa di un individuo che mi aveva fatta arrabbiare. Non l’ho neppure seppellito. — Si guardò attorno. — Sono disposta a farlo di nuovo.
Hakht aprì la bocca.
— Sta’ zitta! Lasciami finire!
Hakht richiuse la bocca. Era accigliata.
Nia proseguì. — Non voglio restare più qui. Sono stanca dell’oscurità sotto gli alberi. Voglio vedere di nuovo il cielo. Me ne andrò e porterò con me il demonio. Non resterà nessuno a tenerti testa, Hakht. Allora potrai essere contenta. — Il disprezzo nella sua voce era palese. — Dammi solo un giorno, o fattucchiera. Vattene e ritorna domani mattina. Io me ne sarò andata con il demonio e nessuno si sarà fatto male.
Ci fu un lungo silenzio. Nia mantenne il suo atteggiamento, tenendosi molto eretta, l’ascia sollevata. Hakht la fissò e aggrottò la fronte. Infine disse: — Benissimo. Torneremo domani. — Si voltò e si allontanò. Il resto del villaggio la seguì. Nel giro di uno o due minuti se ne erano andate, sparite nella foresta.
Nia sospirò. Le sue spalle si afflosciarono. Fece un passo indietro e si appoggiò alla parete della casa.
— Hai ucciso davvero una persona?
Nia fece il gesto dell’affermazione. — Ero molto arrabbiata. — Guardò in direzione della foresta. — Vorrei uccidere Hakht, ma non sono abbastanza arrabbiata. — Lasciò cadere l’accetta. — Va’ dentro. Preparati a partire. Io verrò non appena avrò smesso di tremare.
Entrai e preparai i bagagli. Dopo un po’ arrivò Nia. Riscaldò gli avanzi della cena e mangiammo.
— Forse questo è un bene — disse. — Forse sarei rimasta qui finché un giorno mi sarei ritrovata vecchia. Ora vedrò di nuovo la pianura. — Si alzò e tirò giù una sacca dalle travi. — Dovrò lasciare qui la mia incudine e la maggior parte dei miei utensili.
Si diresse verso la fucina. Io mi recai al torrente a lavarmi. Quando tornai, si stava vestendo. La sacca era posata ai suoi piedi. Era mezza piena e bozzoluta.
— Che cosa ci hai messo dentro?
— Il meno possibile. E niente di veramente voluminoso. I tipi di utensili che uso non sono leggeri. Quando l’avrò portata da un po’, la sacca incomincerà a sembrare molto pesante. — S’interruppe e fece il gesto che significava "così sia". — Non sono disposta a lasciarmi tutto alle spalle.
Finì di vestirsi e ripiegò un mantello fatto di pelle. Anche questo entrò nella sacca, seguito da tutto il pane che c’era in casa. Dieci pezzi. — Andiamo. Hakht potrebbe cambiare idea. — Mi porse una delle accette, poi raccolse l’altra e si caricò la sacca sulla spalla. Io indossai il mio zaino. Ce ne andammo dalla casa.
Il sole era sorto. Il cielo era sereno e soffiava un vento freddo.
— Una buona giornata — osservò Nia.
— Che cosa accadrà a Yohai? — domandai.
— Darà ascolto a Hakht. Per un po’ sarà dura per lei, ma poi ci si abituerà. E Hakht diventerà amichevole quando vedrà che Yohai non fa nulla contro i suoi desideri. Alla fine andranno d’accordo. Lo scontro non è mai stato fra loro due. Era fra Hakht e Nahusai. O comunque è così che la penso.
Prendemmo il sentiero che conduceva al villaggio, camminando in fretta, e arrivammo al fiume prima di mezzogiorno. Mi guardai attorno. Sull’altra riva del fiume c’era uno steccato, basso e fatto di legno. Al di là c’era un orto. Foglie azzurre luccicavano alla luce del sole. Non vidi nessuno lavorare nell’orto e questo era abbastanza strano. Sembrava che le abitanti del villaggio passassero ogni giorno buona parte della mattina nei loro orti.
In lontananza ci fu un suono che ricordava una tromba. Uno strumento musicale, forse un corno. Udii delle voci che si lamentavano e strillavano.
— Le cerimonie — disse Nia. — Stanno girando attorno ai margini del villaggio, facendo baccano per scacciare Nahusai, nella terra lontana. — Nia si accigliò. — La mia gente non è così. Noi non abbiamo paura dei morti, solo della morte, che è un evento infausto. Naturalmente, devono esserci delle cerimonie…
Il corno risuonò di nuovo. Pareva più vicino. Nia s’interruppe e restò in ascolto, poi continuò.