“Se sola vi trovate o accompagnata, poco c’importa. Noi non iscambiamo dimora; aprite di queto od atterriamo la porta.”
Maria per lo men reo consiglio, paventando peggio, aperse l’uscio. Ludovico Martelli non aveva ad arte alterato la voce; in breve spazio anima e corpo gli aveva cos`i stravolto la sua fiera fortuna ch’egli stesso, non che altri, non sarebbe giunto a riconoscersi per quello che fu; gli occhi a mezzo chiusi e invetriati, come quelli dell’etico; i muscoli del volto rigidamente immobili, la bocca aperta, i labbri cadenti, e d’ora in ora un anelito impetuoso gli prorompeva dalle narici dilatate; spaventevole a vedersi come la testa mozza che il carnefice afferra pei capelli e mostra in testimonio di ferocia ai popoli stupiditi.
E di vero Maria ne rimase spaventata: col capo inclinato verso la spalla, pallida, quasi vinta dal fascino, si pose a salire la scala. Il Martelli poneva il piede dove ella moveva il suo. Pervenuti a mezzo della domestica cappella, si fermarono, l’uno di faccia all’altra, n'e si guardavano n'e movevano labbro....
Finalmente Ludovico, continuando nella sua immobilit`a, con voce che gli usciva dai precordii incominci`o a favellare: “Svelami traditore che hai riparato qua dentro....”
“Traditore?” – esclama Maria dimostrando col gesto altissimo sdegno, – “dov’`i il traditore?”
“Non te l’ho detto? Qui”.
“Io non conosco traditori....”
“Donna, che, piena dentro di putredine, tu ti mostrassi di fuori parete scialbata, bene sta: ella `e questa la vostra parte, femmine! ma che in breve spazio tu abbi perduto il rimorso e il pudore, ci`o, per Dio, mi spaventa. Qual `e il verme velenoso che cos`i subito guast`o il bell’albero della tua vita? Or dove ti nascondi codardo dal fiato velenoso? Esci fuori…” Nessuno risponde. Dopo lungo silenzio Ludovico continua:
“O patria mia! uomini che non ardiscono mostrare la fronte t’insidiano nell’ombra; quando la notte `i pi`u buia essi aguzzano il pugnale e ti aspettano al varco, come il ladrone sulla pubblica via!”
E di nuovo si tacque, poi con gran voce riprese:
“Esci, codardo, esci”.
Cos`i favellando si aggirava per la stanza, quando all’improvviso levando la faccia vide un cavaliere di truce sembianza appoggiato su l’elsa della spada in atto di quiete minacciosa: lui allora, gli si avventando addosso, interrog`o:
“Tu sei un traditore!…”
“Io sono Giovanni Bandini, e sgombrami il passo”.
“Tu di qui non uscirai, se non che morto”.
“Figlio di madre infelice tu sei, se pi`u oltre ti ostini a impedirmi il cammino; ritirati, tu ne hai tempo ancora; io non voglio vederti; sappi che di rado ho replicati i miei colpi; vattene… e vivi”.
“Anzi io rimango, e muori; domani il carnefice ti scriver`a l’epitafio su la cima della forca. Bandino, domani mander`o la sfida e chieder`o il campo a messere lo principe… badate di non ricusarla....”
“Tale e cos`i insopportabile obbligo ho teco per avere salvata la mia vita, che in nessun altra maniera potrei sdebitamene, se non che togliendoti la tua. Il mio odio divent`o, pel tuo benefizio, immortale. Apparecchiati a morire.... Addio”.
Capitolo Ventesimosecondo
Il duello
Pagolo Spinelli, soldato vecchio di moltissima esperienza, padrino di Ludovico, con certo suo piglio soldatesco, presentatosi davanti al principe di Orange, il quale, tostoch`i vide entrare nella sua tenda cotesta nobile comitiva, si era alzato insieme co’ suoi baroni per complirla, profer`i pacato le seguenti parole:
“Signor principe, sono qui il mio principale, messere Ludovico Martelli e il principale del capitano Giovanni di Vinci mio collega, messere Dante da Castiglione, i quali si apprestano al vostro cospetto con loro cavalli ed armi, in abito da gentiluomini, per entrare in campo chiuso e combattere messere Giovanni Bandino e messer Roberto Aldobrandi, che qui vedo presenti, loro avversari, col nome di Dio, di Nostra Donna e di San Giorgio il prode cavaliere, secondo il tempo e il luogo da voi medesimo assegnati con vostra patente del d`i primo marzo 1529. Loro stanno allestiti a fare il debito loro e vi ricercano che vogliate dar loro parte del campo e sicuranza, dove confidano vincere con lo aiuto di Dio e col favore dei santi. E poich`i hanno i miei principali concesso agli avversarii la scelta dell’arme, si protestano di questa capitolazione, la quale, dopo che sar`a da me letta, depositer`o nelle mani vostre per rimanervi come giudice ad ogni buon fine di ragione”.
Don Ferrante Gonzaga allora si trasse innanzi col conte Pier Maria Rossi di San Secondo, ambedue patrini del Bandini e dell’Aldobrandi, e favellando il primo tal dava risposta alle dichiarazioni del capitano Pagolo Spinelli: