Se loro possono controllare il livello di piacere che noi possiamo ottenere dall'interazione sociale, allora possono controllare anche il livello di piacere che la gente normale trae da essa. Penso agli insegnanti nelle scuole… se fossero in grado di controllare il piacere che gli allievi traggono dagli altri allievi… facendoli diventare tutti autistici così che preferiscano studiare anziché chiacchierare… Penso al signor Crenshaw, con sezioni piene di lavoratori che ignorano tutto tranne il lavoro.
Mi si annoda lo stomaco e mi sale in bocca un gusto amaro. Se dicessi che percepisco queste possibilità, cosa mi succederebbe? Due mesi fa, mi sarei lasciato sfuggire tutto quanto avevo pensato, tutto quanto mi preoccupava; adesso sono più prudente. Il signor Crenshaw e Don mi hanno insegnato la prudenza.
— Non devi diventare paranoico, Lou — dice il dottore. — Per quelli che si trovano al di fuori delle correnti principali della società è una perpetua tentazione pensare che gli altri complottino contro di loro, ma questo genere di pensieri non è salubre.
Sto zitto. Penso alla dottoressa Fornum, al signor Crenshaw e a Don. A gente come loro non piaccio io e non piacciono quelli come me. A volte persone che non amano me e quelli come me possono cercare di farmi veramente del male. Sarebbe stata paranoia se io fin dal principio avessi sospettato che era stato Don a tagliarmi le gomme? Non credo. Sarebbe stata corretta identificazione di un pericolo.
— Tu devi aver fiducia in noi, Lou, perché il trattamento funzioni. Posso darti qualcosa che ti rilassi…
— Io non sono nervoso — mi oppongo. E non lo sono davvero. Sono contento di me perché ho riflettuto su quello che lui andava dicendo e ne ho scoperto il significato nascosto, benché quel significato recondito mi avverta che lui mi sta manipolando. Se lo so, la manipolazione in un certo modo fallisce. — Sto cercando di capire, ma non sono nervoso.
Lui si tranquillizza. — Vedi, Lou, questo è un argomento molto complicato. E tu sei un uomo intelligente, ma non ti trovi nel tuo campo. Ci vogliono anni di studio per capirlo veramente. Una conferenza affrettata e magari qualche consultazione sui siti Internet non possono farti fare molta strada. Anch'io, se volessi fare quel che fai tu, non combinerei nulla. Quindi, perché non lasci a noi di fare il nostro lavoro come tu fai il tuo?
Perché è il mio cervello e la mia personalità che voi volete cambiare. Perché non mi state dicendo tutta la verità, e io non sono sicuro che abbiate a cuore i miei migliori interessi… o perfino i miei interessi, quanto a questo.
— Quel che io sono è importante per me — dico.
— Vuoi dire che ti piace essere autistico? — Il disprezzo rende un po' aspra la sua voce: il dottore non può immaginare nessuno che desideri essere come me.
— A me piace essere me — dico. — L'autismo è parte di quello che sono, non è la mia intera personalità. — Spero che questo sia vero, che io sia qualcosa di più che la mia diagnosi.
— Perciò, se ci sbarazziamo dell'autismo, tu sarai la stessa persona, solo non più autistica.
Lui spera che ciò sia vero; può anche darsi che creda di credere che sia vero; ma non crede con ferma fede che sia vero. La paura che non sia vero esala da lui come l'afrore della paura fisica.
Ciò che mi terrorizza di più è che loro potrebbero… e certamente lo vorranno… pasticciare con la mia memoria, non solo con le connessioni correnti. Devono sapere al pari di me che tutta la mia esperienza passata parte da una prospettiva autistica. Cambiare le connessioni non può cambiare questo, ed è questo che ha fatto di me ciò che sono. E se perderò il ricordo di questo, di chi sono, allora avrò perduto tutto ciò per cui ho lavorato e che ho costruito in trentacinque anni di vita. Non voglio perderlo. Non voglio ricordare le cose solo come si ricorda ciò che si è letto nei libri; non voglio che Marjory diventi come un'immagine vista su uno schermo TV. Io voglio conservare i sentimenti che accompagnano i ricordi.
18
La chiesa in cui vado ha una funzione di prima mattina, senza musica, e una funzione alle 10.30 con musica. A me piace arrivare presto e rimanere seduto nel silenzio, guardando la luce entrare dai vetri multicolori delle finestre. Ancora una volta, dunque, oggi siedo nella quiete della chiesa e penso a Don e a Marjory.
Non dovrei pensare a Don e a Marjory, ma a Dio. Fissate la mente su Dio, diceva un sacerdote che veniva qui, e non potrete sbagliarvi. Però è difficile fissare la mente su Dio quando l'immagine scolpita nella mia mente è quella della canna della pistola di Don. La sua estremità era rotonda e nera come un buco nero. Ne sentivo l'attrazione come se il buco, l'apertura, possedesse una massa capace di attirarmi all'interno, nel buio eterno. La morte. Il nulla.