Читаем Operazione Domani полностью

Non vidi Occhi o armi comandate a distanza, ma ero sicurissima che ci fossero. La villa si stagliava nei raggi rossi e bianchi che avvertono i vascelli aerei di non provarci.

Intravvidi solo vagamente le altre difese che completavano i cancelli. Troppo buio. Vidi un muro e due recinti, ma non mi fu chiaro se fossero dotati di armi e/o ordigni esplosivi, ed esitavo a chiedere. Comunque, nessuna persona normale spende così tanto per proteggere la casa per poi affidarsi solo a difese passive. Avrei voluto chiedere anche degli Shipstone, visto che alla fattoria Boss aveva perso lo Shipstone principale (sabotato da «zio Jim») e con esso tutte le sue difese; ma, di nuovo, non era la domanda più adatta per un ospite.

Ancora di più mi chiesi cosa sarebbe successo se ci avessero assaliti prima di superare i cancelli del loro castello. Ma anche lì, col florido commercio di armi illegali che finiscono in mano a gente in teoria disarmata, era una domanda da non fare. Io di solito vado in giro disarmata, ma non credo lo facciano anche gli altri; la maggioranza della gente non possiede né le mie capacità super né il mio addestramento speciale.

(Preferisco affidarmi al mio stato di «disarmata» che dipendere da congegni che ti possono essere sottratti a qualunque punto di controllo, o che puoi perdere, o che possono restare senza munizioni, o incepparsi, o essere scarichi quando servirebbero. Io non sembro armata, e questo mi dà un vantaggio. Ma altra gente, altri problemi; io sono un caso speciale.)

Percorremmo un sentiero in salita, passammo sotto una tettoia e ci fermammo, e Ian suonò di nuovo la sua stupida tromba, ma questa volta con uno scopo preciso; le porte d’ingresso si aprirono. Ian disse: — Portala dentro, amore. Io vado a dare una mano a Georges coi cavalli.

— Non mi serve aiuto.

— Stai calmo. — Ian saltò giù e ci fece scendere, diede la mia sacca a sua moglie, e Georges ripartì. Ian semplicemente lo seguì a piedi. Janet mi accompagnò dentro, e io restai a bocca aperta.

Dall’atrio vedevo una fontana luminosa programmata; cambiò forme e colori sotto i miei occhi. In sottofondo c’era una musica dolce che (forse) controllava la fontana.

— Janet… Chi è il vostro architetto?

— Ti piace?

— Naturalmente!

— Allora lo ammetto. L’architetto sono io, Ian è il tecnico, Georges ha supervisionato gli interni. È un artista multiforme. Un’altra ala della casa è il suo studio. E tanto vale ti dica subito che Betty mi ha ordinato di nascondere i tuoi vestiti finché Georges non avrà dipinto almeno un tuo nudo.

— Betty ha detto questo? Ma io non ho mai fatto la modella, e devo tornare al mio lavoro.

— Tocca a noi farti cambiare idea. A meno che… Ti vergogni? A Betty non sembrava probabile. Georges potrebbe accontentarsi di un ritratto vestito. Per cominciare.

— No, non mi vergogno. Be’, forse un po’ per l’idea di posare. È una novità. Senti, non si può aspettare? Al momento mi interessa di più andare al gabinetto che posare. Non vedo una toilette da che ho lasciato l’appartamento di Betty. Dovevo pensarci al porto.

— Scusa, tesoro. Non avrei dovuto tenerti qui a parlare dei dipinti di Georges. Mia madre mi ha insegnato anni fa che la prima cosa da fare per un ospite è mostrargli il bagno.

— Mia madre mi ha insegnato la stessa identica cosa — mentii.

— Per di qui. — Alla sinistra della fontana si apriva un corridoio; Janet mi ci guidò fino a una stanza. — La tua camera — annunciò, buttando la mia sacca sul letto — e il bagno è da quella parte. Lo dividerai con me. La mia stanza è il riflesso speculare di questa, sull’altro lato.

C’era un’enormità di spazio da dividere: tre cubicoli, ognuno con wc, bidet, e lavandino; una doccia grande abbastanza per un comitato politico, con comandi su cui avrei dovuto chiedere informazioni; un tavolo per il massaggio e l’abbronzatura; una piscina (o era solo una vasca da bagno?) chiaramente progettata per sguazzare in compagnia; due mobiletti per il trucco con lavandino; un terminale; un frigorifero; una libreria con uno scaffale riservato alle cassette.

— Nessun leopardo? — chiesi.

— Te lo aspettavi?

— Tutte le volte che ho visto questa stanza nei sensifilm l’eroina aveva un leopardo addomesticato.

— Ah. Ti accontenti di un micio?

— Certo. Tu e Ian siete gente da gatti?

— Non proverei mai a mettere su casa senza un gatto. Anzi, in questo momento potrei farti un’offerta d’oro, se ti piacciono i micini.

— Mi piacerebbe tenerne uno, ma non posso.

— Ne discuteremo più tardi. Adesso accomodati. Vuoi fare la doccia prima di cena? Io ho intenzione di farne una. Ho perso troppo tempo a strigliare Black Beauty e Demon prima di partire per il porto, e non ne ho avuto il tempo. Ti sei accorta che puzzo di stalla?

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