«Fuori da queste mura, affinchè Saphira possa volare sulla rocca dei draghi sopra Isidar Mithrim, la Zaffiro Stellato. La roccaforte non ha un tetto: la cima di Tronjheim è a cielo aperto, come quella del Farthen Dùr. Così lei, voglio dire tu, Saphira, potrai volare direttamente sulla roccaforte. È lì che un tempo alloggiavano i Cavalieri in visita a Tronjheim.»
«Non sarà freddo e umido lassù, senza il tetto?» obiettò Eragon.
«No.» Il nano scosse il capo. «Il Farthen Dùr ci protegge dagli elementi. Non piove e non nevica mai, qui dentro. E poi le pareti della rocca sono disseminate di caverne di marmo per i draghi. C'è riparo più che a sufficienza. Bisogna temere soltanto i ghiaccioli; quando cadono, possono tranciare un cavallo in due.»
Eragon incrociò le braccia, stanco di parlare. Era ancora scosso dal cambiamento delle circostanze rispetto al giorno prima. La loro folle fuga da Gil'ead era ormai conclusa, ma il suo corpo si aspettava ancora di correre e cavalcare. «Dove sono i nostri cavalli?»
«Nelle stalle vicino ai cancelli. Li potremo vedere prima di lasciare Tronjheim.»
Uscirono da Tronjheim passando per lo stesso cancello da cui erano entrati. I grifoni d'oro sfavillavano di mille riflessi variopinti grazie alle decine di lanterne accese intorno. Il sole si era spostato, durante il lungo colloquio di Eragon con Ajihad; la sua luce non entrava più nel Farthen Dùr attraverso la bocca del cratere. Senza quei raggi turbinosi di polvere, l'interno della montagna cava era di un nero vellutato. L'unica fonte di luce era Tronjheim, che scintillava nell'oscurità irradiando il suo splendore a centinaia di piedi di distanza.
Orik indicò il bianco pinnacolo di Tronjheim. «Carne fresca e acqua pura di montagna ti attendono lassù» disse a Saphira. «Quando avrai scelto in quale caverna riposare, ti verrà preparato un comodo giaciglio e nessuno ti disturberà.»
«Pensavo che saremmo rimasti insieme. Non voglio separarmi da lei» protestò Eragon. Orik si rivolse a lui. «Cavaliere Eragon, farò qualunque cosa per soddisfarti, ma sarebbe meglio che Saphira aspettasse sulla rocca mentre tu mangi. I tunnel che portano nelle sale dei banchetti non sono abbastanza larghi da farla passare.»
«Allora perché non mi portate il cibo alla rocca?»
«Perché» rispose Orik con un brevissimo sospiro di esasperazione «il cibo viene preparato qui, ed è una lunga strada fino alla rocca. Ma se desideri, possiamo mandare un servo a portarti il pasto lassù. Ci vorrà un po' di tempo, ma in questo modo potrai mangiare con Saphira.»
Eragon la guardò, pensoso, poi disse a Orik: «Mangerò qui.» Il nano sorrise compiaciuto. Eragon slegò la sella di Saphira perché potesse distendersi senza intralci.
Con un balzo poderoso, Saphira si staccò dal suolo e prese il volo nell'aria immota. Il fruscio costante delle sue ali era l'unico rumore nell'oscurità. Quando scomparve oltre il picco di Tronjheim. Orik si lasciò sfuggire un lungo respiro. «Ah, ragazzo, quanto sei fortunato. All'improvviso ho una gran voglia di cieli aperti, di volare, di cacciare come un falco. Ma i miei piedi stanno meglio per terra,,, anzi, preferibilmente sotto.»
Battè le mani con un sonoro schiocco. «Dimentico i miei doveri di ospite. So che non hai toccato cibo da quando i Gemelli ti hanno fatto servire quel misero pasto, perciò vieni, andiamo a chiedere ai cuochi qualcosa di sostanzioso!»