Lottò contro i pensieri sinistri dello Spettro, debolmente, al principio, poi sempre più forte. Mormorò parole nell'antica lingua e scoprì che gli davano la forza di resistere alle ombre che gli affollavano la mente. Le sue difese ancora vacillavano, ma cominciò lentamente a raccogliere i frammenti della sua coscienza per formare un guscio luminoso intorno al nucleo. Fuori dalla sua mente era consapevole di un dolore così forte da minacciare di togliergli la vita, ma qualcosa, o qualcuno, sembrava tenerlo a bada.
Era ancora troppo débole per schiarirsi del tutto la mente, ma era abbastanza lucido da passare in rassegna le sue esperienze fin da Carvahall. Dove sarebbe andato adesso... e chi gli avrebbe mostrato la via? Senza Brom, non c'era nessuno a guidarlo o a fargli da maestro. Vieni da me.
Si ritrasse al contatto di un'altra coscienza, così vasta e potente da parere una montagna torreggiantè su di lui. Era colui che bloccava il dolore, si rese conto. Come nella mente di Arya, anche in questo scorreva una musica: corde d'ambra che vibravano di una magistrale malinconia. Finalmente osò chiedere: Chi sei?
Uno che può aiutarti. Con un bagliore di pensiero non espresso, l'influenza dello Spettro venne spazzata via come una ragnatela fastidiosa. Libero dal peso opprimente, Eragon lasciò che la sua mente si espandesse fino a toccare una barriera oltre la quale non gli era permesso di andare. Ti ho protetto come meglio ho potuto, ma sei così lontano che non ho potuto far altro che schermarti dal dolore.
Di nuovo: Chi sei, tu che fai questo?
Un cupo brontolio. Sono Osthato Chetòwa, il Saggio Dolente. E Togiro Ikonoka, lo Storpio Che è Sano. Vieni da me, Eragon, poiché io ho le risposte che cerchi. Non sarai al sicuro finché non mi troverai.
Ma come faccio a trovarti se non so dove sei? domandò Eragon, disperato.
Fidati di Arya e va' con lei a Ellesméra... io sarò lì. Ho aspettato molte stagioni, perciò non indugiare, o potrebbe essere troppo tardi... Tu sei più grande di quanto credi, Eragon. Pensa a quello che hai fatto e rallegrati, perché hai liberato la terra da un grande male. Hai compiuto un'impresa che nessun altro avrebbe potuto compiere. Molti sono in debito con te.
Lo straniero aveva ragione; quello che aveva fatto era degno di onore e rispetto. Non era importante sapere quali prove lo attendevano: ormai non era più una pedina nel gioco del potere. Era andato oltre, ed era qualcos'altro, qualcosa di più. Era diventato ciò che voleva Ajihad: indipendente da qualsiasi re o capo.