— Ve la riferirà lei questo pomeriggio. Venite su al villaggio appena prima del tramonto. Tutti quanti. Le donne e gli uomini. — Mosse le spalle e si massaggiò il collo. —
"Di notte c’è stata una festa. Angai ha mandato via l’oracolo. È dovuto restare in una tenda che era stata abbandonata da uno degli uomini anziani, un uomo che è impazzito all’improvviso e se ne è andato via sulla pianura. A me è stato permesso di restare.
"Organizziamo sempre una festa dopo un’importante discussione. Ci ricorda che siamo un solo popolo. Ma le discussioni non sono finite. Anhar ha raccontato una storia."
— Chi?
— È la migliore narratrice del villaggio. Piace alla maggior parte delle persone. A me no. È stata una delle donne che hanno parlato contro di me l’ultima volta che sono stata qui. Aveva molte ragioni per le quali non potevo restare con il Popolo del Ferro.
Eravamo a metà della discesa della scogliera e procedevamo nella foresta ombrosa. Il dito aveva smesso di farmi male.
— La storia non è una delle nostre, ma proviene dal Popolo dell’Ambra. Parla dell’Imbroglione.
— Te la ricordi? — chiesi.
Nia fece il gesto che significava "sì". — Arrivò in un villaggio, nascosto sotto i panni di una vecchia. Le donne del villaggio pensarono che fosse l’Oscuro. Tirò parecchi tiri mancini. Vuoi sentirli? Credo di riuscire a ricordarne la maggior parte.
— Non ora. Più tardi, quando avrò una delle piccole scatole che ricordano ciò che si dice.
—
— Che cosa successe poi? — chiesi.
— Nella storia? Le donne del villaggio si resero conto che non poteva trattarsi dell’Oscuro. Era troppo malvagio. Perfino l’Oscuro pone dei limiti al proprio comportamento.
"Con uno stratagemma lo fecero entrare in una pentola d’acqua. Vi misero sopra il coperchio e lo fecero bollire finché non morì. La storia si conclude con una canzone. La canzone fa così." Nia cantò:
"Uh! La mia carne
data in pasto alle lucertole!
"Uh! Le mie ossa
trasformate in flauti!
"Uh! La mia musica
è forte e sgradevole!
"Uh! La mia musica
suona così!".
— L’Imbroglione è morto? — chiesi.
— Solo per un po’ di tempo. Lui ritorna sempre. Angai era furiosa.
— Perché? — Eravamo arrivate sull’argine del fiume. Davanti a noi c’era la mia imbarcazione, da cui proveniva un aroma di caffè e pancetta affumicata.
— Anhar stava dicendo che voi siete degli istigatori come l’Imbroglione, che ingannate il villaggio. Ma la discussione era terminata e la decisione presa. Era arrivato il momento di essere cordiali le une con le altre. Ma Anhar non riusciva a farla finita. Ci sono persone così. Stuzzicano la conclusione di una lite come un bambino stuzzica i lembi di una ferita che sta guarendo.
"Non so che cosa abbia deciso Angai, ma so che non vuole far piacere ad Anhar." Nia indicò la barca con un cenno della mano. "E tutto quello che ho da dirvi. Venite al villaggio al tramonto."
— Okay — dissi.
Se ne andò. Io salii a bordo dell’imbarcazione. Il tavolo pieghevole era sollevato. Agopian, Eddie e la Ivanova vi stavano seduti intorno.
— Elizaveta ha parlato con il campo — riferì Eddie.
— Oh, sì? — Mi sedetti e mi versai una tazza di caffè.
Lei annuì. — Hanno avvistato lucertole nel lago. Grosse. Una mezza dozzina finora, che si tengono nell’acqua bassa in prossimità della riva.
Stavo per prendere il latte ma mi arrestai con la mano a mezz’aria. — Oh-oh.
— Stanno montando nuovi riflettori e assicurandosi che tutto ciò che odora di cibo sia bruciato.
— Credevo che lo stessero facendo anche prima.
— Solo con il materiale proveniente dalla nave. La sostanza organica originaria del pianeta veniva seppellita.
I resti degli esemplari di Marina.
Agopian mangiò un pezzo di pancetta affumicata. — Nessuno dovrà andare a nuotare.
— Qui?
— No. Al campo.
— Che cosa è successo al tuo dito? — s’informò Eddie.
Raccontai loro del fiore.
Eddie scosse il capo. — Continuiamo a pensare che questo pianeta sia come la Terra. Io credo che, se resteremo, avremo sempre più sorprese, non sempre piacevoli.
— Forse. Mi sono imbattuta in Nia sulla scogliera. Ha detto che dobbiamo andare al villaggio questo pomeriggio sul tardi. Angai ha preso una decisione. Non chiedetemi quale sia. Nia non ha nemmeno voluto fare congetture.
Finii la colazione, poi andai a fare una nuotata. Dopo indossai un paio di jeans e una camicia di seta rossa.
Naturalmente avevamo dei bachi da seta sulla nave, e un giardino pieno di gelsi. Ma la camicia era stata fatta sulla Terra. C’era l’etichetta di un sindacato nella parte posteriore del colletto, con su scritto LAVORATORI TESSILI DI SHANGHAI. Accanto alla scritta si vedeva una persona, non avrei saputo distinguerne il sesso, seduta in groppa a una gru in volo. La persona teneva in mano un fuso e aveva le vesti che le svolazzavano. Alle spalle della gru c’era una stella a cinque punte.