Come tutti gli individui del mondo, la sua gente seguiva le mandrie. In primavera si spostavano a nord verso la Terra dell’Estate: una vasta e piatta pianura. C’erano parecchi laghetti e fiumi poco profondi. Nei giorni in cui Suhai le permetteva di andarsene libera, lei e Anasu fabbricavano trappole per i pesci con i rami di un arbusto che cresceva presso le rive dei fiumi. I rami erano sottili e flessibili e si potevano intrecciare fra loro e poi legare con pezzi di corteccia fibrosa.
Mettevano le trappole in un fiume, poi sedevano sulla riva e se ne stavano a chiacchierare finché non capivano, dal dibattersi nell’acqua, di aver preso un pesce.
Quando era assorto nelle sue fantasticherie, Anasu parlava di volare. Le grandi nuvole dell’estate gli sembravano abitabili.
— Non le nubi temporalesche, naturalmente, ma le altre. Non credo che sarebbero adatte per accudire il bestiame. Hanno troppe colline. Ma potrei portare lassù il mio arco. Sappiamo che c’è l’acqua. Può darsi che ci siano anche i pesci.
Lei ascoltava senza parlare molto. Anasu era più vecchio di lei di due anni. Aveva sempre più cose da dire.
In autunno, il villaggio si trasferiva a sud: dapprima la mandria, guidata dagli uomini adulti. Poi venivano i carri, le donne e i bambini, e infine gli uomini molto vecchi. Hisu, il maestro degli archi, era uno di costoro.
La Terra dell’Inverno era una pianura ondulata e costellata di alberi. A sud c’erano le colline sassose e, al di là delle colline, c’era un’enorme massa d’acqua.
— Il nostro sale viene da lì — le spiegò Anasu. — Alcuni degli uomini, quelli veramente audaci, restano qui da soli durante l’estate. Me l’ha raccontato Hisu. Lui lo faceva quando era giovane. Aspettava finché la mandria non se n’era andata, poi attraversava le colline. Sull’altro lato ci sono delle colline più piccole, fatte di sabbia, e poi l’acqua. Si estende fino all’orizzonte, ha detto Hisu, come la pianura nella Terra dell’Estate; e ha un gusto salato. In ogni modo, lui fabbricava delle bacinelle con il legno. Non c’è legno nelle vicinanze, ha detto. Doveva portarlo dalle colline di pietra. Ah! Quanto lavoro! Comunque, riempiva di acqua le bacinelle. Quando l’acqua si prosciugava, nelle bacinelle restava il sale. — La osservò, elettrizzato da quell’informazione e col desiderio che anche lei si emozionasse
Nia fece il gesto che significava che sentiva e capiva.
Anasu fece il gesto che significava "se è così che la pensi". Poi disse: — Credo che raccoglierò sale quando sarò un uomo.
Lei si sentì qualcosa di duro in gola. Non le piaceva mai pensare di crescere.
Passarono gli anni. Quando Nia ebbe dieci anni, Suhai incominciò a insegnarle a lavorare il ferro. Questo la rendeva felice, raccontò ad Anasu.
— Avresti dovuto incominciare un anno fa o forse due anni prima. Suhai è sempre riluttante e indolente.
— Ciò nonostante, sono contenta — replicò Nia. — Suhai è brava in quello che fa.
— Nella fucina, può darsi. Altrove, no.
Anasu si faceva alto. Il suo corpo incominciava a ingrossarsi. Adesso Suhai lo odiava davvero.
— Non mi sono mai piaciuti gli uomini. Perfino quando ero pervasa dalla smania primaverile, pensavo sempre che fossero orribili. Sono stanca di tornare a casa e di trovarti nella mia tenda.
Anasu, che a quel tempo aveva quattordici anni, fece il cenno dell’assenso. Radunò le sue cose, i gonnellini, gli stivali, l’unico mantello lungo per l’inverno, e se ne andò. Su una spalla teneva l’arco dentro la sua custodia, e il coltello gli pendeva dalla cintura.
Nia sia alzò, tremante. — Ora basta, vecchia. Non intendo sopportarti più. Me ne vado anch’io.
— Benissimo. — Suhai si sedette accanto al fuoco. Il pranzo stava cuocendo in un grosso paiolo. Lei tirò fuori un pezzo di carne e se lo mangiò.
Nia incominciò a fare i bagagli.
Uscì dalla tenda, provando un senso di orgoglio. Per la prima volta da quando riusciva a ricordare, aveva fatto qualcosa di importante tutta da sola. E adesso che sarebbe successo? Non lo sapeva. Si fermò e si guardò attorno. Era estate inoltrata. La giornata era torrida e senza un alito di vento. Il fumo saliva diritto dai fuochi per cucinare del villaggio. In lontananza, la gialla pianura baluginava. Non aveva assolutamente idea di che cosa fare.
— Nia?
Era Ti-antai, sua cugina: una donna grassoccia dal pelame bruno scuro.
— Anasu mi ha riferito di aver lasciato mia madre.
Nia fece il gesto dell’affermazione. — Anch’io.
— Quella donna terribile! Finirà con l’allontanare tutti. Mia nonna me l’ha detto una volta, Suhai avrebbe dovuto nascere uomo. È troppo litigiosa per essere una donna. Vieni a stare con me, almeno per il momento.
Nia fece il gesto dell’assenso.
Restò con Ti-antai durante il viaggio verso sud. Poi, quando arrivarono nella Terra dell’Inverno, andò a vivere con Hua, una vecchia le cui figlie erano tutte morte. La sua tenda era vuota e lei aveva bisogno di aiuto alla sua fucina.