— Non intendo criticare il loro comportamento. Il proverbio dice di non parlare male di parenti o di qualsiasi altro con cui viaggi. Il proverbio dice anche di non interferire nei bisticci degli altri.
— Uh! Ho tirato su una donna saggia, vero?
Nia non rispose.
Suhai si alzò, muovendosi in modo rigido. — Non ho intenzione di stare ad ascoltare una bambina che sputa saggezza come il pesce dell’antica leggenda che sputa pezzi d’oro. È innaturale. Addio.
— Addio, matrigna. Ti verrò a trovare fra un giorno o due.
Arrivò la primavera. Era di nuovo precoce. Nia incominciò a sentirsi nervosa. Di notte era disturbata da sogni. Spesso, nei sogni, vedeva il fratello o altri giovani, perfino il folle Gersu.
Quando si alzava, di solito era stanca e trovava difficile concentrarsi su qualsiasi cosa. Incominciò a fare errori alla fucina.
— Non riesci a fare niente nel modo giusto? — le domandò Hua.
Nia la fissò, sbigottita.
— Be’, è comunque una risposta, ma non è una buona risposta — osservò Hua.
Da ultimo raccolse la lama di un coltello che era ancora rovente e si bruciò seriamente la mano. Hua si prese cura della bruciatura, poi disse: — Adesso basta. Vattene. Non tornare finché non sarai in grado di lavorare.
Angai le diede una pozione che le calmò il dolore. Dormì parecchio. I suoi sogni erano frammentari, oscuri, e la turbavano. Le pareva che in essi ci fosse sempre Anasu.
Finalmente la mano smise di farle male. Ma ora le sembrava che tutto il suo corpo fosse pieno di strane sensazioni: pizzicori e formicolii. Spesso provava un gran calore, sebbene si fosse ancora all’inizio della primavera. Il tempo non era particolarmente caldo.
Andò a trovare Ti-antai.
— La smania primaverile — sentenziò la cugina. — La scorgo sul tuo viso. Bene, sei abbastanza grande. Adesso prepara i tuoi bagagli. Cibo e un dono per l’uomo. Qualcosa di utile. Della stoffa o un coltello. Sarai pronta a partire fra un giorno o due.
Lei preparò i bagagli. Quella notte non dormì affatto. Il suo corpo era in fermento e scottava. Al mattino uscì. La carezza del vento la fece rabbrividire. È ora di andare, pensò. Prese il suo cornacurve preferito e lo sellò, poi andò a prendere le sue bisacce da sella.
— Sii prudente — le disse Hua.
Per un attimo non si rese conto di chi fosse l’anziana donna; poi se ne ricordò. — Sì. — Uscì, montò in sella e partì al galoppo.
Passò a guado il fiume. L’acqua era poco profonda e c’era un po’ di foschia. Sul lato opposto c’era un albero e dai suoi rami penzolavano un paio di stracci. C’era un coltello conficcato nel legno, la lama e l’impugnatura arrugginiti. Nia osservò di sfuggita tutto ciò, poi se ne scordò e procedette sulla pianura.
A metà pomeriggio arrivò ai margini di una mandria. Il primo animale che vide era un grosso maschio. Un corno era spezzato e il pelo lungo e arruffato che gli copriva il collo e il busto era di un bruno argenteo. L’animale mugghiò, poi abbassò il capo come se stesse per caricare. Quindi sollevò il capo e lo scosse. Un istante dopo si allontanava al trotto.
Bene, pensò Nia. Non era dell’umore giusto per un confronto.
Proseguì. Ben presto si imbatté in altri animali: bestie di un anno o due. Erano troppo grandi per le cure materne e troppo giovani per tenere testa ai grossi maschi, i guardiani della mandria. In quel periodo dell’anno si tenevano ai margini della mandria, ben lontani dalle femmine e dai loro nuovi piccoli. Non gradivano di dover stare lì ai margini e spesso gli animali di un anno cercavano di entrare per trovare la madre, ma i grossi maschi li allontanavano.
Nia si fermò all’imbrunire. Trovò un albero e vi legò il suo cornacurve. Poi accese un fuoco. La notte era fredda e si era dimenticata il mantello. Restò alzata e mantenne vivo il fuoco.
La mattina seguente, al levar del sole, comparve un uomo. Dall’aspetto doveva avere trenta o trentacinque anni, era pesante e con le spalle ampie. La sua pelliccia era color bruno scuro. Indossava una tunica gialla, alti stivali, una collana d’argento e bronzo.
Tenne a freno il suo cornacurve e la osservò per un momento. Il suo sguardo era fermo e calcolatore. Poi smontò. Nia indietreggiò; all’improvviso si sentiva a disagio.
— Dall’aspetto mi eri sembrata abbastanza giovane — fece lui. — Mi causerà un sacco di problemi?
— Non lo so.
La sua pelliccia era folta e lucente. Aveva un’interessante cicatrice: una striscia bianca che gli scendeva lungo il braccio destro dalla spalla fino all’interno del gomito.
— Chi sei? — s’informò Nia.
Lui sembrò irritato. — Inani. Ti dispiace se non parliamo? Parlare mi rende nervoso.
Lei fece il gesto dell’assenso. Lui le si avvicinò, poi tese le braccia e la toccò. Nia rabbrividì. Dolcemente, lui la cinse con un braccio. Ciò che accadde in seguito non le fu del tutto chiaro.