Renesmee si sporse verso Edward e lui la strinse fra le braccia. Si abbracciarono forte.
«È questo che mi tenevi nascosto?», mi sussurrò sopra la testa di nostra figlia.
«Non a te, ad Aro», mormorai.
«Per via di Alice?».
Annuii.
Sul suo viso si dipinse una dolorosa smorfia di comprensione. Forse la stessa che era apparsa sul mio volto quando finalmente avevo collegato tutti gli indizi forniti da Alice?
Jacob ringhiava piano, un suono stridulo e basso, ma regolare e ininterrotto come se stesse facendo le fusa. Aveva il pelo del collo ritto e i denti scoperti.
Edward baciò Renesmee sulla fronte e sulle guance, poi la sollevò per issarla sulla schiena di Jacob. Lei salì con agilità, tenendosi alla sua pelliccia, e trovò posto facilmente nell’incavo fra quelle enormi scapole.
Jacob si girò verso di me, gli occhi espressivi pieni di tormento, con quel ruggito tonante che gli straziava ancora il petto.
«Sei l’unico cui potremmo affidarla», gli mormorai. «Se tu non l’amassi tanto, non potrei mai sopportare questo momento. So che sei in grado di proteggerla, Jacob».
Gemette di nuovo e chinò la testa per darmi dei colpetti sulla spalla.
«Lo so», sussurrai. «Anch’io ti voglio tanto bene, Jake. Sarai sempre il mio testimone di nozze».
Sulla pelliccia rossastra sotto l’occhio gli scorreva una lacrima grande quanto una palla da baseball.
Edward posò il capo sulla stessa spalla dove aveva collocato Renesmee. «Addio, Jacob, fratello mio... figlio mio».
Agli altri non sfuggì quella scena d’addio. Avevano gli occhi fissi sul triangolo nero silenzioso, ma capivo che ci stavano ascoltando.
«Allora non c’è speranza?», chiese Carlisle in un sussurro. Nella sua voce non c’erano tracce di paura. Solo risolutezza e rassegnazione.
«Certo che c’è», gli risposi.
Edward mi prese la mano. Sapeva che anche lui era compreso in quel destino. Parlando del
Esme, dietro di me, respirava a fatica. Ci passò davanti, sfiorandoci il viso in una carezza, per andare a mettersi a fianco di Carlisle e stringergli la mano.
Di colpo fummo circondati di mormorii di addio e dichiarazioni di affetto.
«Se sopravviviamo a tutto questo», sussurrò Garrett a Kate, «ti seguirò ovunque, donna».
«Adesso si è deciso a dirmelo», borbottò lei.
Rosalie ed Emmett si diedero un bacio rapido ma appassionato.
Tia accarezzò Benjamin sul viso. Lui ricambiò il sorriso, sereno, trattenendo la sua mano contro la guancia.
Non vidi tutte le espressioni d’amore e di dolore. Mi distrasse un’improvvisa pressione che picchiettava contro l’esterno del mio scudo. Non capivo da dove venisse, ma sembrava diretta verso gli estremi del nostro gruppo, in particolare Siobhan e Liam. La pressione non creò danni e poi sparì.
Non ci fu alcun mutamento nelle forme silenziose e immobili degli anziani a consiglio. Ma forse qualche segnale mi era sfuggito.
«State pronti», sussurrai agli altri. «Si comincia».
38
Il potere
«Chelsea sta cercando di rompere i nostri legami», sussurrò Edward. «Ma non riesce a trovarli. Non ci sente...». Spostò lo sguardo su di me. «Sei tu con il tuo scudo?».
Gli sorrisi risoluta. «Sto dominando tutta la situazione».
Improvvisamente Edward si staccò da me e con la mano si sporse verso Carlisle. Al tempo stesso, accusai una stoccata più forte contro lo scudo, nel punto in cui avvolgeva protettivo la luce di Carlisle. Non fu dolorosa, ma nemmeno piacevole.
«Carlisle? Tutto bene?», gli chiese Edward angosciato.
«Sì. Perché?».
«Jane», rispose Edward.
Nel momento stesso in cui pronunciò il suo nome, lei lanciò una dozzina di attacchi acuminati nel giro di un secondo, che martellarono tutto lo scudo elastico, diretti verso dodici punti luminosi diversi. Poi allentai la presa per verificare che lo scudo non avesse subito danni. A quanto pareva, Jane non era stata in grado di perforarlo. Mi guardai intorno rapida; stavano tutti bene.
«Incredibile», disse Edward.
«Ma perché non aspettano che decidano?», sibilò Tanya.
«È la loro procedura normale», rispose brusco Edward. «Di solito rendono inoffensive le persone sotto processo, in modo che non possano fuggire».
Guardai dalla parte di Jane, che fissava il nostro gruppo furiosa e incredula. Ero piuttosto sicura che, a parte me, non avesse mai visto nessuno restare in piedi dopo un suo attacco feroce.
Probabilmente non fu un gesto molto maturo. Ma immaginai che Aro ci avrebbe messo un secondo a intuire, se già non l’aveva fatto, che il mio scudo era molto più potente di quanto sapesse Edward: avevo già un bersaglio gigantesco disegnato sulla fronte e non c’era più motivo per cercare di mantenere segreto quello che ero capace di fare. Quindi scoccai un sorriso compiaciuto in direzione di Jane.
Lei strinse gli occhi e sentii un’altra fitta di pressione, questa volta diretta in particolare a me.
Schiusi di più le labbra, mostrandole i denti.