«Pensi un po' cosa mi è successo… Mi è venuto in mente che, sopra il laboratorio grande, c'è un secondo laboratorio, in cui Mick ama ritirarsi quando gli viene l'emicrania. Vorrei tanto sapere cosa fa là dentro, a parte menare i colleghi.»
Il suo sguardo scorreva sui mobili, sulle lampade, sul televisore.
«Credo tuttavia che non me lo dirà di sua spontanea volontà, eh, Jude? Ho preso qualche precauzione. Vede, nel giro di pochissimo tempo tutta la squadra sarà al corrente dei miei ricordi, senza che lei abbia la minima possibilità d'impedirlo.» L'aveva sparata grossa, ma sperava che lei la bevesse. «Potrebbe interessarle? E a lei, Sal? Ah, già, quasi dimenticavo: che ne dice, Jack? Che ne pensate?»
Andò lentamente avanti e indietro nella stanza.
«Io ho tempo. E lei? Direi proprio di no.» Allargò le braccia e sorrise. «Potremmo trattare tutta questa faccenda in maniera confidenziale. Forse ci sono intenzioni del tutto onorevoli nella struttura ombra costruita dai vostri uomini. Forse è tutto nell'interesse della sicurezza nazionale. Non è che mi piaccia granché essere colpito in quel modo, Jude. Lo capisce, vero? Vorrei parlarne con lei ma, a quanto sembra, l'intero gruppo è stato colpito dall'emicrania di Rubin. Siete tutti a letto col mal di testa?»
Fece una pausa. E se a Judith Li non importasse ormai più nulla? Se non lo sentiva? Allora sarebbe rimasto lì come un idiota ad andare avanti e indietro nella sua stanza.
«Jude?»
Si guardò intorno. Sì, lo ascoltavano. Era sicurissimo che lo ascoltavano.
«Jude, mi è venuto in mente che lei ha finanziato la spesa di un simulatore per Rubin. Ho visto che è molto più piccolo del nostro, ma vorrei sapere questo: cosa studia lì che non possa studiare anche nel nostro? Non è che vi siete alleati con gli yrr alle nostre spalle? Mi aiuti a capire, Jude, non ho la minima idea di che cosa…»
«Dottor Johanson.»
Si girò. Sulla soglia c'era l'alta e nera figura di Peak.
«Ma che sorpresa», mormorò Johanson. «Il caro, vecchio Sal! Gradisce un tè?»
«Jude vorrebbe parlarle.»
«Ah, Jude.» Johanson piegò gli angoli della bocca in un mezzo sorriso. «Che vuole da me?»
«Mi segua.»
«Be', credo che si possa fare.»
Karen Weaver
Quando Karen entrò, Sue stava uscendo dal laboratorio di massima sicurezza con un contenitore metallico.
«Hai visto Mick?»
«No, ormai vedo solo feromoni.» Sue sollevò il contenitore. Era aperto su entrambi i lati. Una valigetta per i campioni con supporti per le provette. E infatti all'interno si allineava una dozzina di provette, piene di un liquido chiaro. «Ma ha chiamato poco fa per minacciare il suo arrivo. Dovrebbe essere qui da un momento all'altro.»
«
«Sì. Oggi pomeriggio ne metteremo un po' nel simulatore. Così vedremo se riusciremo a convincere le cellule a fondersi. Sarà, per così dire, la santificazione della nostra teoria.» Sue si guardò intorno. «Controdomanda: hai visto Sigur?»
«Poco fa, sul ponte di volo. Ha sviluppato un paio d'idee interessanti per aiutare Sam. Ripasso tra un po'.»
«Fa' pure.»
Karen rifletté. Poteva dare un'occhiata al ponte dell'hangar. Ma, se Johanson aveva ragione, avrebbe dato immediatamente nell'occhio. Inoltre c'erano pochissime possibilità che la porta proibita venisse aperta finché lei gironzolava da quelle parti.
Seguì il tunnel fino al ponte a pozzo.
Il bacino era stato riempito quasi completamente. Sul molo c'erano alcuni tecnici di Roscovitz, che sorvegliavano la procedura. In acqua, lei vide Greywolf e Anawak. «Avete mandato fuori i delfini?» gridò.
Anawak uscì dall'acqua. «Sì.» Andò verso di lei. «Cos'hai fatto nel frattempo?»
«Non molto, a essere sincera. Credo che tutti noi abbiamo bisogno di rimettere ordine nei nostri pensieri.»
«Possiamo rimetterli in ordine insieme», disse Leon sottovoce.
Karen incontrò il suo sguardo e pensò a quanto volentieri l'avrebbe preso tra le braccia. Dimenticare tutta questa storia spaventosa e fare solo quello che era necessario…
Ma quella storia incombeva su tutti loro. E là c'era Greywolf, che aveva perso Alicia.
Fece un sorriso fugace.
Livello 3
Senza dire una parola, Johanson seguì Peak, che zoppicava. Scesero, attraversarono una parte dell'ospedale e s'incamminarono lungo un corridoio. Dopo una diramazione, si trovarono davanti a una porta chiusa.
«Che settore è questo?» chiese Johanson, mentre le dita di Peak scivolavano su una tastiera. Un segnale elettronico risuonò nelle sue orecchie. La porta si aprì. Il corridoio proseguiva dalla parte opposta.
«Sopra di noi c'è il CIC», spiegò Peak.
Johanson cercò di orientarsi, ma era difficile valutare le dimensioni della nave. Se sopra di loro c'era il CIC, verosimilmente il laboratorio segreto era sotto i loro piedi.