«È stato avviato un piano alternativo. Mick fa il doppio gioco, ma non è un'idea sua.»
«E di chi, allora?»
«Dietro di esso c'è Jude.»
«Sei stato diffidente nei suoi confronti fin dall'inizio, vero?»
«E lei lo è stata nei mie confronti. Entrambi abbiamo capito subito che nessuno dei due era da sottovalutare. In sua presenza ho sempre avuto questa sensazione, solo che mi appariva ridicola. Non trovavo un unico motivo convincente per non fidarmi di lei.»
Rimasero per un po' in silenzio.
«E ora?» chiese poi Karen.
«Ora ho tempo di ragionare a mente fredda», rispose Johanson, stringendosi le braccia intorno al corpo. «Jude ci vedrà qui. Credo che mi tenga d'occhio con molta attenzione. Non può essere sicura di quello di cui parliamo, ma naturalmente parte dal presupposto che prima o poi tornerò a ricordare. Il tempo stringe. Stamattina, per la prima volta, ci ha dato lo stop. Se sta seguendo un suo piano, allora agirà ora.»
«Quindi dobbiamo scoprire in fretta che cos'ha in mente.» Karen rifletté. «Perché non raduniamo gli altri?»
«Troppo rischioso. Se ne accorgerebbe subito. Sono certo che tutte le sale della nave sono sorvegliate. Non dovrebbero far altroché chiudere la porta e gettare via la chiave. Voglio costringere Jude nell'angolo. Voglio sapere cosa succede e, per farlo, ho bisogno di te.»
Karen annuì. «Okay. Che devo fare?»
«Trovare Rubin e torchiarlo, mentre io do una strapazzata a Jude.»
«Hai idea di dove sia?»
«Forse in quel laboratorio misterioso. Ora so dov'è, però non ho idea di come si faccia a entrare. Ma forse è da qualche altra parte nella nave.» Johanson sospirò. «Mi rendo conto che sembra un film di serie Z. Forse sono io a essere impazzito. Forse soffro di paranoia… Se è così, potrò comunque fare ammenda. Ma adesso voglio sapere cosa sta succedendo!»
«Tu non sei paranoico.»
Johanson la guardò e le sorrise, riconoscente. «Torniamo indietro.»
Sulla strada verso l'isola, continuarono a intrattenersi sul messaggio decifrato e sui contatti pacifici.
«Io vado da Leon», concluse Karen. «Vediamo che ne pensa della tua proposta. Forse già oggi pomeriggio potremo fare insieme il programma e testarlo.»
«Buona idea, a dopo», disse Johanson.
Guardò Karen scendere la rampa. Poi prese una scaletta di boccaporto, scese al livello 2 e gettò un'occhiata nel CIC, dove Samantha e Shankar erano davanti ai loro computer.
«Che cosa state combinando?» chiese con tono leggero.
«Pensiamo», rispose lei in mezzo alla sua tipica nuvola di fumo. «E voi, procedete coi feromoni?»
«Sue ne sta giusto sintetizzando un nuovo carico. Dovremmo ormai avere una dozzina di provette.»
«Allora siete più avanti di noi. Abbiamo sempre più dubbi sul fatto che la matematica sia l'unica via per il successo nella comunicazione», commentò Shankar. Il suo viso scuro si contrasse in una smorfia amara. «Credo che sappiano fare i conti meglio di noi.»
«Quale sarebbe l'alternativa?»
«Le emozioni.» Samantha soffiò il fumo dalle narici. «Ridicolo, vero? Voler raggiungere gli yrr coi sentimenti. Ma se i loro sentimenti sono di natura biochimica…»
«Come i nostri», notò Murray.
«… forse l'odore potrebbe aiutarci anche in altro modo. Sì, grazie, Murray. Lo so. Anche l'amore è chimica.»
«E tu, Sigur, hai qualcuno verso cui ti senti attratto chimicamente?» scherzò Shankar.
«No, al momento ho attenzioni solo per me stesso.» Si guardò intorno. «Per caso, avete visto Jude da qualche parte?»
«Poco fa era nel LFOC», rispose Samantha.
«Grazie.»
«Ah, già, Mick ti cercava.»
«Mick?»
«Erano seduti là insieme a chiacchierare. Mick voleva andare in laboratorio, è stato qualche minuto fa.»
Bene. Così si sarebbe imbattuto in Karen. «Fantastico», esclamò Johanson. «Mick ci può aiutare nella sintesi. Almeno finché non gli arriva un attacco di emicrania. Poveraccio.»
«Dovrebbe abituarsi a fumare», disse Samantha. «Il fumo fa bene contro il mal di testa.»
Johanson sorrise e andò nel LFOC. La maggior parte dei dati veniva archiviata nei sistemi che si trovavano lì, così Samantha e Murray potevano lavorare indisturbati nel CIC. Dagli altoparlanti arrivavano deboli fruscii e di tanto in tanto fischi e
Di Judith Li, Peak e Vanderbilt non c'era traccia. Johanson raggiunse il JIC. Era vuoto, come pure lo erano le sale di comando e di controllo. Pensò di andare a vedere nella mensa ufficiali, ma poi si rese conto che là probabilmente avrebbe trovato solo gli uomini di Vanderbilt e qualche soldato. Judith poteva essere in palestra o nel suo alloggio. Non aveva tempo di cercare in tutta la nave.
Se Rubin era diretto in laboratorio, Karen l'avrebbe trovato. Doveva riuscire a parlare prima con Judith Li.
«Salve, Jude», disse.
Dove potevano essere le telecamere e i microfoni? Inutile cercarli, comunque c'erano.