Читаем Итальянский с любовью. Осада Флоренции / L'assedio di Firenze полностью

Un giovane di vaghe sembianze, genuflesso a canto il letto, si cuopre il volto con la destra abbandonata del moribondo e la bacia e tacito vi sparge sopra largo rivo di pianto: un dolore senza fine amaro si ostina a prorompere[4] urtandogli impetuoso le fauci; la piet`a del moribondo stringe il giovane a comprimerlo, s`i che si ripiega fremente a spezzargli sul cuore, e il corpo si agita tutto di scossa convulsa. A capo del letto, dalla parte diritta, sta un frate di volto severo, stringe le labbra tra i denti, guarda il moribondo e non fa atto di piet`a o d’impazienza; se non che la fronte, con vicenda continua, ora gli si corruga ed ora gli si spiana; come i nuvoli sospinti dalla bufera davanti al disco della luna, tu puoi scorgere i pensieri procellosi che l’attraversano. Appi'e del letto occorreva un’altra figura vestita di corazza d’acciaro, con ambedue le mani coperte di manopole di ferro soprammesse al pomo della lunga spada; anche il suo volto rendeva decoroso largo volume di capelli cadenti, le guance rase e le labbra, la fronte purissima, dove avrebbe potuto, come sopra il santuario, deporre un bacio l’angelo della innocenza; e lui stesso sembrava un angelo che i credenti affermano vigilare intorno i letti dei giusti moribondi a respingere gli assalti dello spirito infernale. Lui, onde[5] cara e onorata cadesse la patria tra noi, disposero i cieli ad essere il martire della libert`a, l’ultimo dei generosi Italiani. Machiavelli mosse le labbra e favell`o:

“Io vi aspettavo: silenzio! Parole ho a dirvi degne che per voi si ascoltino, per me si favellino, n'e alla umanit`a n'e alla patria inutili affatto e per la mia fama necessarie. La natura mi chiama, ed io sto disposto a rispondere. Perch'e piangete? Chiamer`a anche voi; e poich`i la vecchiezza precede la morte, considero la morte piet`a; io per`o bene devo ringraziarla di questo, che ella non volle chiudermi gli occhi, se prima non avessi contemplato il giorno della risurrezione; adesso s`i che mi sento capace davvero d’invocare col cuore il nome di Dio, poich'e la mia bocca, sopra la piazza della Signoria, davanti la faccia del cielo, ha gridato: Viva la libert`a!… Silenzio! onde il senno dei tempi non vada disperso. Le schiatte umane passano come ombre; se non che, prima di ripararsi sotto il manto di Dio, nelle mani delle schiatte sorvegnenti consegnano la fiaccola della scienza: a guisa del fuoco sacro di Vesta, quantunque ella muti sacerdoti, pure arde sempre e cresce nei secoli n`i ormai pi`u teme vento di barbarie. Accostatevi e raccogliete le estreme parole, per`o che vi aprir`o il mio pensiero come se fossi davanti al tribunale dell’Eterno. Voi, giovani, nei quali tutta speranza di salute riposa, restringetevi insieme; voi, Zanobi e Luigi, consigliate i nobili; voi, Dante da Castiglione (e il membruto della lunga barba rossa, sentendosi rammentare, si scosse come destriero al suono della battaglia), adoperatevi fra i popolani; badate a non lasciarvi sedurre dalle antiche rinomanze; a’ casi nuovi convengono uomini nuovi: se anima vive che valga a salvare Firenze, `e certamente quella di Francesco Carducci; a me giova indicarvelo come il nostro palladio: molto mi conforta il pensiero che al nostro scampo basta non perdere, mentre ai nemici bisogna vincere.

A voi, carissimi, affido il mio nome; difendetelo voi; e se da alcuno udiete parola che rechi oltraggio alla mia memoria, pi`u generosi di san Pietro, non vogliate negare il vostro maestro: dove il vitupero muova da uomo invidioso, tacete, imperocch'e all’odio della mia virt`u si aggiungerebbe allora l’odio che nasce dal sentirsi dichiarato iniquo; ma dove comprendiate lui essere ingannato, ditegli animosi in mio nome: Nicol`o Machiavelli non insegn`o ai ricchi la roba, ai poveri l’onore, a tutti la vita: sappiate volersi un gran cuore per intendere un cuore grande”.

Piangevano tutti. I circostanti, il voto del moribondo adempiendo, si allontanarono dalla stanza; se non che ora l’uno, ora l’altro senza mostrarglisi, gli resero gli uffici estremi, finch`i, aggravandosi il male, il giorno appresso 22 giugno 1527, quando pare che la campana pianga la luce scomparsa dal nostro emisfero, spir`o la sua grand’anima Nicol`o Machiavelli.

<p>Capitolo Terzo</p><p>Il papa e l’imperatore</p>

Seduti entrambi, Clemente VII da un lato, Carlo V dall’altro di una lunga tavola coperta di velluto cremesino a frangie d’oro, con le insegne della Chiesa ricamate in oro; e sovr’essa carte e pergamene di ogni maniera, brevi, diplomi e capitoli quivi spiegati, quasi museo e satira delle scambievoli loro insidie, alcuni col suggello di Spagna, alcuni colle armi dell’impero, parte con le palle dei Medici, parte ancora con la immagine di san Pietro che pesca e invano rammenta al superbo pontefice la povert`a della chiesa primitiva di Cristo. L’imperatore continuava dicendo:

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