“O neghittosi!” – favellò, – “non sapete voi che da questo lato domani potrebbe entrare la palla mortale per la nostra amorosissima patria?” E gli operai: “l’uomo fa quello che può, maestro, noi non abbiamo mica cento braccia”. “Cento braccia”, – riprende Michelangelo, – “non bastano là dove basta un sol fermo volere?” E gli operai di nuovo: “Non ci garrite, Michelangelo; noi stiamo dietro a questi altri che pure hanno cominciato il compito quattro ore prima di noi”. “Guai a quello”, – replica tosto il Buonarroti, – “che cerca difesa al proprio fallo nel male operato altrui:
Di lì balza a un fosso, dove gli scavatori essendo addentrati un braccio più della persona nel terreno attendevano a penetrare più oltre; la voce di Michelangelo passando gli ammonisce: “Figliuoli, la terra sui poggi è più
Michelangelo si compiacque alquanto nel considerare qesti arditi contorni; vagheggiò quella parte dell’orditura del corpo umano, poi, soddisfatta la voglia di artista, lo prese amore dei male accorti: “Indietro!” – grida, entrando improvviso in mezzo di loro, – “porgetemi dei travicelli; qui, spingeteli qui dentro; ora vi adattate sotto una pietra; notate, quanto più il punto di appoggio si accosta al punto di contrasto, maggiore forza acquista la leva: ora da questa parte, uniti insieme, pieghiamo la leva verso terra… su… su… su… ecco voltato il lastrone… continuate in questa maniera, e fra mezz’ora lo avrete posto in cima”. Di lì si stacca, e arriva ai fossi che si scavano sopra altra parte del monte: i manovali barellano la terra e, gettandola lungo i baluardi, s’ingegnano a renderli sempre più stabili; un vecchio di bell’apparenza e di sembianza degna di meno umile ufficio, rimasto solo, si sforza di recarsi in capo la barella, e senza aiuto far solo e vecchio quello che gli altri in due e giovani fanno; però la facoltà non rispondeva al proponimento, sicché nel volto gli si legge l’ostinazione che manca, e lo sconforto che comincia. Michelangelo gli ì sopra, lo considera alquanto e poi: “Padre”, – gli dice, – “mi pare che voi non siate fatto per così basse opere”.
“Bassa opera!” – risponde il vecchio; – “quando torni in utilità della Repubblica, io non so come la si possa chiamare bassa”. “Ma via, tra zappare, barellare la terra”, – soggiunge il Buonarroti, – “e dettare leggi ci corre a mio parere una certa tal quale differenza”. E il vecchio: “Quando tutti i Romani zappavano, vinsero tutti.” Michelangelo soprastette alquanto pensoso, quindi riprese: “Però le forze vi mancano… e per troppi anni siete male atto a coteste
[14] fatiche”. – “Ah! poco pietoso cittadino, perché mi fai sentire con le tue parole l’amarezza di non potere giovare meglio alla mia patria? Era pure più degno di te, invece di consumare il tempo in vane novelle, stendere le braccia e porgermi aiuto a trasportare la terra”. – “In fede di Dio tu hai ragione.” E qui Michelangelo, presa la barella dalle stanghe di dietro, Perché, salendo il monte, minore peso sentisse il vecchio, gli dava aiuto a portare.Michelangelo costretto a procedere a lenti passi, concedeva agio al Castiglione di raggiungerlo, come infatti anelante, bagnato di sudore il raggiunse, e tostoché gli venne accanto, con voce ansiosa lo chiamò:
“Messere Michelangelo!”
“Che c’è, mio bel garzone?”
E Dante, vie più accostandosegli, sommessamente gli dice:
“Il gonfaloniere manda per voi”.
“Ora non posso; bisogna prima che porti questa barella; subito dopo sarò con voi”.
Quando la terra fu scaricata, Michelangelo con amorevole piglio si volse al vecchio così interrogandolo:
“Padre, vorreste voi dirmi il vostro nome in cortesia?”
“Nacqui nel contado di Firenze, ho lavorato i suoi campi, ho combattuto le sue battaglie, ho pianto alle sue tribolazioni; il nome nulla aggiunge o toglie alla mia vita: mi chiamo uomo”. E levatasi la barella sopra le spalle, se ne ritornava là donde si era dipartito.
“Lui”, – esclama Michelangelo accennandolo col dito al Castiglione, – “dev’essere uomo fatto grande dalla sventura o dalla pazzia”.
Era cotesto vecchio il padre di Annalena; se Michelangelo indovinasse giusto, a suo luogo e tempo saprete.
Capitolo Decimo
Fra’ benedetto da Fojano