Читаем La velocità del buio полностью

— Bene. E a proposito dell'altro problema… Sarebbe bene che cercassi informazioni su quali sono i tuoi diritti secondo la legge con un poco di anticipo — disse Tom. — Io di questo non ne so molto. So che le leggi sono cambiate diverse volte, ma nulla nel mio lavoro ha a che fare con soggetti umani, perciò non conosco la situazione legale odierna. A te serve un esperto.

— Temo che costerebbe molto — disse Lou.

— Forse — assentì Tom. — Anche questa è una cosa che è bene sapere. Certamente il Centro potrà fornirti questa informazione.

— Grazie — disse Lou.

Tom lo guardò andar via, calmo, controllato: a volte faceva un po' paura pur nella sua innocuità. La sola idea che qualcuno potesse fare esperimenti su Lou gli dava la nausea. Lou era Lou, ed era a posto così com'era.

In casa Tom trovò Don sdraiato sul pavimento sotto il ventilatore da soffitto. Come al solito stava arringando Lucia che ricamava e aveva sul viso una chiara espressione di insofferenza. Don vide Tom e si volse a lui.

— Così davvero credi che Lou sia pronto per una competizione, eh?

Tom annuì. — Ci hai sentiti? Sì, lo credo. È migliorato moltissimo. Si batte con i migliori di noi e si mostra all'altezza.

— Ma la tensione potrebbe essere eccessiva per uno come lui — disse Don.

— Uno come lui… cioè autistico?

— Già. Loro non sopportano la folla, il chiasso e cose del genere, no? Lou è un bravo ragazzo, ma io penso che non dovresti spingerlo a battersi in pubblico. Non ce la farà.

Tom inghiottì la prima risposta che gli venne alle labbra e chiese invece: — Ricordi il tuo primo torneo, Don?

— Be', sì… Ero troppo giovane… Fu un disastro.

— Infatti. Rammenti cosa mi dicesti dopo il primo incontro?

— No… non proprio. So che andò male… Mi persi d'animo.

— Mi dicesti che non eri riuscito a concentrarti per via della gente che ti si muoveva intorno.

— Sì, be', ma sarebbe peggio per una persona come Lou.

— Don… come potrebbe Lou perdere in modo più disastroso di te?

Don diventò scarlatto. — Be', io… lui… sarebbe peggio per lui. Perdere, intendo. Per me…

— Andasti in un cantuccio, bevesti sei birre e vomitasti dietro un albero — gli ricordò Tom. — Poi ti mettesti a piangere e dicesti che era il giorno più brutto della tua vita.

— Ero giovane — ripeté Don. — E in quel modo mi sfogai, e dopo non ci pensai più… Lou invece ci rimuginerebbe sopra.

— Mi fa piacere vedere che ti preoccupi per lui — commentò Lucia, e Tom ebbe un brivido sentendo la pesantezza del sarcasmo che vibrava nella sua voce.

Don fece spallucce. — Certo che mi preoccupo — disse. — Lui non è come noi…

— Giusto — approvò Lucia. — È uno schermidore più bravo di molti di noi e un uomo migliore di qualcun altro.

— Diamine, Lucia, sei proprio di cattivo umore — disse Don, in quel tono scherzoso che adottava quando non stava affatto scherzando.

— E tu non me lo rendi migliore — tagliò corto lei ripiegando il ricamo. Si alzò e scomparve prima che Tom potesse dire qualcosa. Naturalmente Don lanciò a Tom uno sguardo complice, invitandolo a condividere con lui un'opinione sulle donne che Tom era ben lontano dall'avere.

— Lucia è per caso in menopausa? — chiese Don.

— No — rispose Tom. — Stava solo esprimendo le sue opinioni. — Erano anche le sue, ma come poteva dirlo? Perché Don non si decideva a crescere e a piantarla di creare problemi? — Senti… sono stanco e domani ho lezione presto.

— Certo, certo, capisco che tu voglia riposare.

Non lo capiva affatto, invece, perché rimase a parlare per un altro quarto d'ora. Tom chiuse la porta e spense la luce prima che Don potesse pensare a qualche altra cosa da dire e tornasse indietro, come faceva spesso. Tom aveva in bocca un sapore amaro. Don era stato un ragazzo simpatico ed entusiasta, anni prima, e lui certo avrebbe dovuto essere in grado di aiutarlo a svilupparsi in una persona migliore e più matura di quello che era diventato. A cosa servivano, se no, gli amici più anziani?

— Non è colpa tua — disse Lucia dall'atrio. — Lui sarebbe peggiore di com'è, se tu non avessi avuto qualche influenza su di lui.

— Ti sembra? — disse Tom. — Io credo invece…

— Sei un insegnante nato, Tom, ma non devi continuare a credere che sia tuo dovere salvare tutti i tuoi allievi da se stessi. Il male che si fanno con le loro mani non è colpa tua.

— Questa sera accetto tutto quello che dici — mormorò Tom. Lucia, illuminata di spalle dalla luce della camera da letto, era circondata da un alone quasi magico.

— Solo quello che dico? — lo provocò lei, e si aprì la vestaglia.


Non mi sembra coerente da parte di Tom chiedermi di nuovo di partecipare a un torneo quando io sto parlando di un trattamento sperimentale per l'autismo. Ci rifletto mentre torno a casa. È chiaro che sto migliorando nella scherma e che sono in grado di affrontare con successo i migliori schermidori del gruppo… ma cosa c'entra questo col trattamento o con i miei diritti legali?

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