— Be'… allora vediamo se riesco a mantenere la mia attenzione fissa sull'incontro e prendermi la rivincita. — I due ricominciarono, ma Tom trovò difficile concentrarsi. A un certo punto gli parve di trovare una falla nella guardia di Lou e attaccò, ma solo per sentire sul suo petto il colpo di un altro tocco.
— Diamine, Lou, se continui a fare così, dovrò promuoverti ai tornei — disse, scherzando solo a metà. Lou s'irrigidì. — L'idea non ti garba?
— Io… io non credo che dovrei tirar di scherma in un torneo — rispose Lou.
— Dipende solo da te. — Tom eseguì di nuovo il saluto e si chiese perché Lou si era espresso in quel modo. Non aver voglia di entrare nelle competizioni era un conto, pensare che
Infine però gli mancò il fiato e dovette fermarsi, ansimando. — Ho bisogno di un intervallo, Lou. Vieni qui e rivediamo… — Lou lo seguì e sedette sul muretto che bordava il cortile mentre Tom prendeva una delle sedie. Osservò che Lou era sudato, ma non aveva affatto il respiro affannoso.
Tom infine si ferma, ansimando, e si dichiara troppo stanco per continuare. Mi conduce in disparte mentre altri due salgono sulla pedana. Il suo respiro è molto affannoso, tanto che lo costringe a spaziare le parole, così lo capisco meglio. Sono contento che lui mi creda tanto bravo.
— Ma guarda… tu non hai ancora il fiatone. Va' a fare un altro incontro, così io mi riposo un poco e poi potremo parlare.
Guardo Marjory che siede accanto a Lucia; avevo visto che lei mi osservava mentre mi battevo con Tom. Adesso lei ha abbassato gli occhi e ha la faccia rosea. Mi si serra lo stomaco, ma mi alzo e mi avvicino a lei.
— Ciao, Marjory — dico.
Lei alza gli occhi e mi offre un sorriso radioso. — Ciao, Lou — risponde. — Come ti va, stasera?
— Bene — dico. — Vorresti… vuoi fare un incontro con me?
— Ma certo. — Si china a raccogliere la maschera e se la infila. Anch'io rimetto la mia e adesso posso guardarla senza esser visto; il mio cuore riprende a battere normalmente.
Cominciamo con una ricapitolazione di sequenze dal manuale di scherma di Saviolo: passo passo, avanti e indietro, ci giriamo intorno e ci esploriamo. L'incontro è insieme rituale e conversazione. Io compenso le sue stoccate con le mie parate e le sue parate con le mie stoccate. I movimenti di Marjory sono più morbidi e meno scattanti di quelli di Tom. Giro, passo, domanda, risposta, il nostro è un dialogo in acciaio al ritmo di una musica che mi risuona nella mente.
La tocco quando lei fa una mossa che non mi aspetto. Non volevo colpirla. — Mi dispiace — dico. La mia musica esita e tace. Faccio un passo indietro.
— No… era un buon colpo — dice lei. — Non avrei dovuto abbassare la guardia…
— Ti ho fatto male?
— No… continuiamo.
Vedo lampeggiare i suoi denti dietro la maschera: un sorriso. Saluto e lei risponde; riprendiamo la danza. Cerco di muovermi con cautela e attraverso il tocco delle lame sento che lei è più ferma, più concentrata… si muove più in fretta. Io mantengo lo stesso ritmo; lei mi tocca sulla spalla. Dopo di ciò cerco di seguire il suo tempo, in modo che l'incontro duri il più a lungo possibile.
Anche troppo presto però sento che il suo respiro si fa più pesante. Marjory è pronta a smettere e a riposare. Ci ringraziamo a vicenda e ci stringiamo la mano. Mi sento felice.
— È stato bello — dice lei. — Però io dovrei smetterla di cercare scuse per non esercitarmi. Se non avessi trascurato tanto i miei pesi non mi farebbe così male il braccio.
— Io mi esercito ai pesi tre volte alla settimana — dico.
— Lo dovrei fare anch'io — dice lei. — E avevo l'abitudine di farlo, ma adesso ho un nuovo impegno che mi sta divorando tutto il tempo.
Probabilmente è la ricerca di cui parlava Emmy.
— Davvero? Che impegno? — domando, e rimango quasi senza respiro in attesa della risposta.
— Sai, il mio campo sono i sistemi di segnalazione neuromuscolari — dice Marjory. — Stiamo lavorando su possibili terapie per alcune malattie genetiche neuromuscolari che si sono rivelate non suscettibili alle terapie genetiche.
Io annuisco: — Come la distrofia muscolare? — chiedo.
— Sì, quella è una — dice Marjory. — È da lì, anzi, che è nato il mio interesse per la scherma.
— Come mai?
— Anni fa stavo andando a una riunione interdipartimentale e passai per un cortile dove Tom stava dando una dimostrazione di scherma. Vedi, fino allora io avevo pensato alle funzioni muscolari da un punto di vista medico, non dal punto di vista di chi esercita i muscoli… Così rimasi lì a guardare gli schermidori e a pensare alla biochimica delle cellule muscolari, quando Tom all'improvviso mi chiese se mi sarebbe piaciuto provare. Credo avesse interpretato la mia aria assorta per interesse alla scherma, mentre invece io stavo osservando la muscolatura delle gambe.
— Pensavo che tu avessi cominciato all'università — dico.