Vedendo Rachel puntare veloce verso di lui, Sexton capì con certezza che era preferibile che l'incontro fra padre e figlia si svolgesse in privato. Sfortunatamente, in quel momento la privacy scarseggiava. Gli occhi del senatore lanciarono uno sguardo al pannello divisorio alla sua destra.
Sempre sorridendo con calma, Sexton salutò la figlia con la mano e si allontanò dal microfono. Dirigendosi verso di lei, manovrò in maniera che Rachel, per raggiungerlo, passasse dietro il séparé, e l'aspettò a metà strada, nascosto agli occhi delle telecamere e della stampa.
«Tesoro, che sorpresa!» Le spalancò le braccia.
Quando gli fu accanto, Rachel lo schiaffeggiò.
Al riparo del divisorio, Rachel fissava il padre con visibile ripugnanza. Lo aveva schiaffeggiato violentemente, ma lui non aveva battuto ciglio. Con raggelante autocontrollo, il falso sorriso si era sciolto in una minacciosa espressione d'ammonimento.
La voce di lui divenne un bisbiglio demoniaco. «Non dovresti essere qui.»
Rachel vide l'ira nei suoi occhi, ma per la prima volta in vita sua non ne ebbe paura. «Mi sono rivolta a te in cerca d'aiuto, e tu mi hai venduto! Per poco non mi hanno ammazzata!»
«Mi sembra che tu stia bene.» Il tono era quasi dispiaciuto.
«La NASA è innocente!» affermò lei. «Il presidente te l'ha detto! Cos'hai intenzione di fare?» Il breve volo verso Washington a bordo dell'Osprey della guardia costiera era stato punteggiato da una raffica di telefonate fra lei, la Casa Bianca, suo padre e perfino una turbata Gabrielle Ashe. «Hai promesso a Zach Herney di andare alla Casa Bianca!»
«Infatti ci andrò» ghignò lui. «Il giorno delle elezioni.»
Rachel provò un senso di disgusto al pensiero che quell'uomo fosse suo padre. «Ciò che stai per fare è una follia.»
«Davvero?» Sexton ridacchiò. Si voltò per indicare il podio, visibile dietro il divisorio, su cui lo attendeva una pila di buste bianche. «Quelle buste contengono le informazioni che
«Ti ho mandato quelle informazioni quando avevo bisogno del tuo aiuto, quando credevo che il presidente e la NASA fossero colpevoli!»
«Viste le prove, la NASA sembra certamente colpevole.»
«Ma non lo è, e merita la possibilità di riconoscere i suoi errori. In pratica, hai già vinto queste elezioni. Zach Herney è rovinato, e tu lo sai. Lascia che conservi almeno un po' di dignità.»
Sexton sbuffò. «Come sei ingenua. Non si tratta di vincere le elezioni, Rachel, si tratta di
«A che costo?»
«Non fare la virtuosa. Io mi limito a presentare le prove. Sarà la gente a giudicare chi è colpevole.»
«Sai bene che impressione ne trarrà.»
Il senatore Sexton si strinse nelle spalle. «Forse è giunta l'ora della fine per la NASA.» Sentì che, dall'altra parte del divisorio, i giornalisti si spazientivano, inoltre non aveva alcuna intenzione di passare la mattinata a farsi fare la predica dalla figlia. Il suo momento di gloria lo attendeva. «Basta così» disse. «Devo tenere una conferenza stampa.»
«Te lo chiedo da figlia» lo supplicò Rachel. «Non farlo. Pensaci bene. C'è un modo migliore di agire.»
«Non per me.»
Una scarica elettrica echeggiò dagli altoparlanti alle sue spalle e Sexton, voltandosi, vide una cronista televisiva ritardataria che, china sul podio, cercava di infilare il microfono su un supporto a collo d'oca.
"Chissà perché questi idioti non sono mai puntuali" pensò Sexton irritato. Nella fretta, la cronista fece cadere a terra la pila di buste.
"Dannazione!" Sexton marciò verso il podio, maledicendo la figlia per averlo distratto. Quando arrivò, la donna, in ginocchio, era intenta a raccogliere le carte. Sexton non riuscì a vederla in viso, ma ritenne che lavorasse per una delle reti televisive. Indossava un lungo cappotto di cachemire con sciarpa intonata e un basco di mohair con attaccato un pass della ABC.
"Che troia imbranata" pensò Sexton. «Dia a me» l'apostrofò, tendendo la mano.
La donna racimolò le ultime buste e gliele porse senza sollevare lo sguardo. «Mi scusi…» mormorò, con evidente imbarazzo. Avvilita e piena di vergogna, si affrettò a raggiungere il resto dei giornalisti.
Sexton contò rapidamente le buste. "Dieci. Bene." Nessuno gli avrebbe rovinato la festa. Ripreso il controllo, aggiustò i microfoni e rivolse un sorriso divertito ai presenti. «Meglio che le distribuisca subito, prima che qualcuno si faccia male!»
Il pubblico rise, impaziente.
Sexton avvertì la vicinanza della figlia, dietro il divisorio.
«Non farlo» gli disse Rachel. «Te ne pentirai.»
La ignorò.
«Ti chiedo solo di fidarti di me» continuò lei, a voce più alta. «È un errore.»
Sexton raccolse le buste, spianandone i bordi.
«Papà» lo supplicò Rachel con maggiore intensità. «Questa è la tua ultima possibilità di fare ciò che è giusto.»