Un forte strattone alla sua imbracatura le fece espellere la poca aria che le rimaneva nei polmoni. Si fermò di botto a pochi metri dal bordo. Si voltò. A dieci metri di distanza, anche il corpo inerte di Corky, ancora legato a lei, si era arrestato. Erano scivolati giù per il lastrone in direzioni opposte, e il peso di Corky l'aveva frenata. L'acqua cominciò a scorrere via, e allora un'altra forma scura apparve vicino a Corky: carponi, aggrappato all'imbracatura dell'amico, Michael Tolland stava vomitando acqua salata.
Quando tutta l'acqua ebbe lasciato l'iceberg, Rachel, paralizzata dal terrore, rimase in silenzio ad ascoltare il rumore del mare. Si sentì aggredire da un freddo spaventoso e si mise carponi. L'iceberg continuava a sobbalzare, come un gigantesco cubetto di ghiaccio. Dolorante, sconvolta, arrancò verso gli altri.
In alto, sulla banchisa, Delta-Uno guardò attraverso il visore notturno le onde rabbiose intorno al neonato iceberg tabulare del mare Artico. Non vide corpi nell'acqua, ma non ne fu sorpreso. Il mare era scurissimo e le tute con cappuccio delle sue prede erano nere.
Passò in rassegna la superficie dell'enorme lastra di ghiaccio fluttuante ed ebbe difficoltà a tenerla a fuoco. Si stava allontanando velocemente verso il mare aperto, spinta dalle forti correnti di terra. Stava per rivolgere lo sguardo verso il mare quando notò qualcosa di inatteso. Tre macchie nere sul ghiaccio. "Sono cadaveri?" Cercò di mettere a fuoco.
«Vedi qualcosa?» chiese Delta-Due.
Delta-Uno non rispose, concentrato sulla regolazione del duplicatore di focale. Nella luce pallida dell'iceberg, lo stupì vedere tre forme umane immobili sull'isola di ghiaccio. Non aveva idea se quei tre fossero vivi o morti, ma non importava. Anche con quelle tute per climi estremi, sarebbero deceduti nel giro di un'ora. Si stava avvicinando una tempesta, erano bagnati, alla deriva su uno dei mari più infidi del pianeta. I loro corpi non sarebbero mai stati ritrovati.
«Soltanto ombre» disse Delta-Uno, voltandosi. «Torniamo alla base.»
57
Nell'appartamento di Westbrooke, il senatore Sedgewick Sexton posò il bicchiere di Courvoisier sulla mensola del camino e attizzò il fuoco per qualche momento, raccogliendo le idee. I sei ospiti sedevano in silenzio… e aspettavano. Le chiacchiere di cortesia erano finite e a quel punto toccava a Sexton parlare. Lo sapevano loro e lo sapeva anche lui.
La politica è commercio.
"Stabilisci un rapporto di fiducia. Fai capire che comprendi i loro problemi."
«Come forse sapete» esordì Sexton, rivolto verso di loro «negli ultimi mesi ho parlato con molte persone nella vostra stessa situazione.» Con un sorriso si sedette per mettersi al loro livello. «Ma voi siete i soli che io abbia mai invitato a casa mia. Siete uomini straordinari, ed è per me un onore incontrarvi.»
Intrecciò le mani e percorse con gli occhi tutta la stanza, stabilendo un contatto visivo con ciascuno. Poi si concentrò sul suo primo bersaglio, un tipo corpulento con un cappello da cowboy.
«Space Industries di Houston» disse. «Sono lieto che lei sia venuto.»
«Io detesto questa città» grugnì il texano.
«La capisco. Washington non l'ha trattata bene.»
Il texano lo guardò da sotto la tesa del cappello senza dire nulla.
«Dodici anni fa, lei ha fatto un'offerta al nostro governo. Ha proposto di costruire una stazione spaziale per soli cinque miliardi di dollari.»
«Infatti. Ho ancora la documentazione.»
«Eppure la NASA ha convinto il governo che toccava all'agenzia progettarla.»
«Esatto. Hanno cominciato a costruirla quasi dieci anni fa.»
«Dieci anni, e non solo questa stazione spaziale non è ancora pienamente operativa, ma il progetto, fino a oggi, è costato
Un mormorio di assenso circolò per la stanza. Sexton fissò i presenti a uno a uno.
«Sono pienamente consapevole» disse il senatore, rivolto a tutti «che parecchie delle vostre compagnie hanno proposto di lanciare nello spazio navette private per soli cinquanta milioni di dollari a missione.»
Altri cenni di assenso.
«Ma la NASA gioca al ribasso facendo pagare soltanto trentotto milioni di dollari a missione… anche se il costo
«È così che ci tagliano fuori dallo spazio» disse uno. «Il settore privato non riesce a competere con un ente che può permettersi di far volare le navicelle con una perdita del quattrocento per cento continuando a restare sul mercato.»
«E neppure dovreste» commentò Sexton.
Tutti si mostrarono concordi.
Sexton si rivolse allora all'austero imprenditore che gli sedeva al fianco, un uomo di cui aveva letto il curriculum con grande interesse. Come molti finanziatori della sua campagna, era un ex ingegnere dell'esercito che, frustrato dallo stipendio modesto e dalla burocrazia governativa, aveva abbandonato il posto per cercare fortuna nel settore privato.