Cipollino non rifiatò. Evidentemente non bastava la divisa a fare un Limonaccio. Il carceriere, in fondo, era solo un padre di famiglia che non aveva trovato un mestiere migliore per mantenere i suoi figli.
Più tardi i prigionieri uscirono in cortile per la passeggiata e cominciarono come al solito a girare in tondo in tondo, mentre un Limonaccio segnava il passo battendo il tamburo:
— Uno… due… uno… due…
— Uno… — pensava Cipollino, — il Ragno postino è scomparso senza dar notizie di sé. Sono passati dieci giorni dalla sua partenza e ormai è certo che non ritornerà più. Non ha consegnato il messaggio, altrimenti la Talpa sarebbe già arrivata. Uno… due… Il babbo è malato e non c'è da pensare a farlo fuggire. Come trasportarlo? Come curarlo? Chissà per quanto tempo ci toccherebbe vivere alla macchia, senza medici e senza medicine. Caro Cipollino, lascia ogni speranza e rassegnati a passare il resto della tua vita in prigione. — E a restarci anche dopo morto, — aggiunse mentalmente, dando un'occhiata al cimitero della prigione di cui si vedevano i cipressi spuntare dal muro del cortile.
Quel giorno la passeggiata sembrava anche più triste del solito. I detenuti, nelle loro divise a strisce bianche e nere, camminavano con le spalle curve, e nessuno tentava nemmeno di attaccare col vicino, sottovoce, le solite conversazioni. Come per accompagnare la tristezza generale cominciò anche a piovere, ma i prigionieri non potevano mettersi al riparo perché la passeggiata si doveva fare con qualunque tempo.
A un tratto Cipollino si senti chiamare per nome da una ben nota voce nasale.
— La Talpa! — pensò, mentre il sangue gli dava un tuffo per la gioia.
— Al prossimo giro, rallenta, — aggiunse la voce.
Cara, vecchia Talpa, ce l'hai fatta.
Cipollino affrettò il passo e urtò col piede il detenuto che gli camminava davanti. Questi si volse e protestò:
— Mi hai preso per un pallone?
— Passa la voce, — bisbigliò Cipollino, — tra un quarto d'ora saremo tutti fuori della prigione.
— Ma sei matto?
— Fa come ti dico. State pronti. Si fugge durante la passeggiata. Fidati di me.
Il detenuto pensò che a fidarsi non ci perdeva nulla. Prima che il giro fosse terminato, il passo dei prigionieri era diventato più energico, più vivace. Le spalle si erano raddrizzate. Perfino il Limonaccio che suonava il tamburo se ne accorse, e credette bene di elogiare gli ergastolani:
— Così, così, — gridò, — fuori il petto, dentro la pancia, indietro quelle spalle… Uno… due… uno… due…
Non sembrava più la passeggiata di un gruppo di detenuti, ma la marcia di un plotone di soldati.
Quando Cipollino giunse al punto in cui aveva udito la voce della Talpa rallentò.
— La galleria è pronta. L'imboccatura si trova un passo a sinistra dei tuoi piedi. Non hai che da saltare e la terra sprofonderà, perché ne abbiamo lasciata solo una crosta sottilissima.
— Cominceremo al prossimo giro, — rispose Cipollino.
La Talpa disse ancora qualcosa, ma Cipollino era già passato oltre.
Urtò di nuovo col piede il detenuto che gli camminava davanti e i bisbigliò:
— Al prossimo giro, quando ti urto col piede, gettati un passo a I sinistra e salta battendo forte per terra.
Il prigioniero avrebbe voluto fare delle domande, ma in quel momento il Limonaccio che suonava il tamburo guardava proprio dalla sua parte.
Bisognava fare qualcosa per distrarlo. Subito un prigioniero gridò.
— Ahi!
— Che cosa succede? — strepito il Limonaccio voltandosi di scatto.
— Mi hanno pestato un callo.
Mentre il Limonaccio scrutava minacciosamente la fila per cercare il colpevole, alle sue spalle Cipollino diede il segnale: il detenuto balzò fuori della fila, picchiò i piedi in terra e sprofondò. Rimase un'apertura abbastanza larga perché ci potesse passare un uomo e Cipollino fece correre la voce:
— Ad ogni giro fuggirà un prigioniero, quello che io urterò col piede.
Così fu. Ad ogni giro un prigioniero balzava a sinistra, saltava nel buco e scompariva. Per prevenire il pericolo che il Limonaccio se ne accorgesse, dall'altra parte c'era sempre qualcuno che strillava forte forte:
— Ahi! Ahi!
— Che succede? — tuonava il Limonaccio.
— Mi hanno pestato un callo! — rispondeva una voce lamentosa.
— Questa mattina non fate altro che darvi pedate. State più attenti.
Dopo cinque o sei giri, il Limonaccio cominciò a sentirsi piuttosto inquieto. Guardava il cerchio dei prigionieri che gli facevano intorno il solito girotondo e pensava:
— Strano, giurerei che la fila si è accorciata.
Poi trovava che la sua era proprio una stupida fissazione. Ma subito dopo ripeteva:
— Eppure, eppure mi sembrano di meno.
Per convincersi che la sua impressione era sbagliata cominciò a contare i prigionieri; ma siccome questi giravano in tondo, gli capitò di non ricordarsi da quale aveva cominciato a contare e li contò due volte.
Cosi il conto non tornava, perché il totale era aumentato.
— Com'è possibile? Che stupida cosa l'aritmetica.
Дарья Лаврова , Екатерина Белова , Елена Николаевна Скрипачева , Ксения Беленкова , Наталья Львовна Кодакова , Светлана Анатольевна Лубенец , Юлия Кузнецова
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