— Ho sempre avuto simpatia per quell'ometto. Una volta l'ho avvisato che un bruco gli camminava sulla schiena: capirete, gli ho quasi salvato la vita.
La casina fu sistemata accanto al tronco di una quercia: Cipollino, Fagiolino e Pero Pera aiutarono il sor Mirtillo a trasportarvi tutte le sue ricchezze, poi se ne andarono, promettendogli di tornare presto con buone notizie.
Appena rimasto solo, il sor Mirtillo cominciò ad aver paura dei ladri.
— Adesso che ho una grande casa, — si diceva, — verranno certamente a derubarmi. Chissà, forse mi ammazzeranno nel sonno, sospettando che io nasconda chissà quali tesori.
Pensa e pensa, decise di mettere un campanello sulla porta e sotto il campanello un cartellino sul quale scrisse, in stampatello, queste parole:
I SIGNORI LADRI SONO PREGATI DI SUONARE QUESTO CAMPANELLO.
SARANNO FATTI ACCOMODARE E VEDRANNO CON I LORO OCCHI CHE QUI NON C'È NIENTE DA RUBARE.
Una volta scritto il cartello, si sentì più tranquillo e, essendo già il a montato il sole, andò a dormire.
Verso la mezzanotte fu svegliato da una scampanellata.
— Chi va là? — domandò, affacciandosi al finestrino.
— Siamo i ladri, — rispose un vocione.
— Vengo subito, abbiano pazienza che mi infilo la vestaglia, — fece il sor Mirtillo, premuroso.
Si infilò la vestaglia, andò ad aprire la porta e li invitò a guardare in tutta la casa. I ladri erano due giganti grandi e grossi, con certe barbacce scure che facevano paura. Cacciarono la testa in casa — uno per volta, per non darsi le zuccate— e si convinsero presto che non c'era niente da portar via.
— Avete visto, signori? Avete visto? — gongolava il sor Mirtillo, fregandosi le mani.
— Già… già… — grugnirono i due ladri, piuttosto scontenti.
— Dispiace anche a me, mi credano, — continuò Mirtillo. Intanto, se posso favorirli in qualche cosa… Vogliono farsi la barba? Ho una lametta, qui. Un po' vecchia, si capisce: è un'eredità del mio bisnonno. Ma credo che tagli ancora.
I due ladri accettarono. Si tagliarono alla meglio la barba con la lametta arrugginita e se ne andarono, con molti ringraziamenti. In fondo erano due brave persone: chissà perché facevano il ladro di mestiere!
II sor Mirtillo tornò a letto e si riaddormentò.
Verso le due di notte fu svegliato una seconda volta da una scampanellata. C'erano altri due ladri, e lui li fece entrare: a turno, si capisce, per non sfondare la casa. Questi non avevano la barba, però uno di loro aveva perso tutti i bottoni della giacca: il sor Mirtillo gli regalò l'ago e il filo e gli raccomandò di guardare sempre per terra quando andava in giro.
— Sapete, a guardare in terra si trovano tanti bottoni, — spiegò.
E anche quei ladri se ne andarono per i fatti loro.
Così ogni notte il sor Mirtillo era svegliato dai ladri, che suonavano il campanello, gli facevano una visita e se ne andavano senza bottino, ma contenti di aver conosciuto una persona tanto gentile.
Capitolo VI
II barone Melarancia, con Fagiolone porta-pancia
E' tempo ormai che diamo un'occhiata al Castello delle Contesse del Ciliegio, le quali, come avrete già capito, erano le padrone di tutto il villaggio, delle case, della terra, della chiesa e del campanile.
Il giorno che Cipollino fece trasportare nel bosco la casa del sor Zucchina, al castello c'era una gran confusione, perché erano arrivati i parenti.
Ne erano arrivati esattamente due: il barone Melarancia e il duchino Mandarino. Il barone Melarancia era cugino del povero marito di Donna Prima. Il duchino Mandarino, invece, era cugino del povero marito di Donna Seconda. Il barone Melarancia aveva una pancia fuori del comune: cosa logica, del resto, perché non faceva altro che mangiare dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina, frenando le mascelle solo qualche oretta per fare un pisolino.
Quando era giovane, il barone Melarancia dormiva tutta la notte, per digerire quello che aveva mangiato di giorno, ma poi si era detto:
— Dormire è tutto tempo perso: mentre dormo, infatti, non posso mangiare.
E così aveva deciso di mangiare anche di notte e di ridurre a un'ora il tempo destinato alla digestione. Da tutti i suoi possedimenti, che erano molti e sparsi in tutta la provincia, partivano continuamente carovane cariche di cibarie di ogni genere per saziare la sua fame. I poveri contadini non sapevano più cosa mandargli: uova, polli e tacchini, ovini, bovini e suini, frutta, latte e latticini, il barone mangiava tutto quanto in un momento. Aveva due servitori incaricati di ficcargli in bocca quel che arrivava, e altri due che davano il cambio ai primi quando erano stanchi.
Alla fine i contadini gli mandarono a dire che non c'era più niente da mangiare.
— Mandatemi gli alberi! — ordinò il barone.
I contadini gli mandarono gli alberi, e lui mangiò anche quelli, con le foglie e le radici, intingendoli crudi nell'olio e nel sale.
Дарья Лаврова , Екатерина Белова , Елена Николаевна Скрипачева , Ксения Беленкова , Наталья Львовна Кодакова , Светлана Анатольевна Лубенец , Юлия Кузнецова
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