Читаем Le sabbie di Marte полностью

A tutta prima decise di non parlare della cosa e aspettare che fosse Jimmy a intavolare il discorso. Molto probabilmente il ragazzo s’illudeva ancora che nessuno si fosse accorto di niente. Ma la sua decisione venne meno quando Jimmy gli annunciò che aveva intenzione di cercarsi un’occupazione temporanea a Porto Lowell. In fondo era una cosa abbastanza normale. Gli equipaggi spaziali lo facevano spesso. Tra un viaggio e l’altro gli astronauti si stancavano presto di non avere niente da fare. Mackay, per esempio, aveva già avviato un corso serale di matematica, mentre il povero dottor Scott non aveva più avuto un minuto di respiro dal momento in cui aveva messo piede a Porto Lowell perché l’ospedale locale l’aveva requisito immediatamente per suo uso e consumo.

Ma Jimmy, a quanto sembrava, aveva voglia di cambiare completamente mestiere. Nella sezione contabile erano a corto di personale, spiegò, e lui riteneva che con le sue cognizioni di matematica avrebbe potuto essere d’aiuto. In appoggio alla sua tesi portò un’argomentazione talmente convincente che Gibson lo stette ad ascoltare con vero piacere.

«Mio caro Jimmy» disse, quando il ragazzo ebbe concluso, «perché dici tutto questo proprio a me? Non c’è niente che te lo può impedire, se tu lo desideri veramente.»

«Lo so» rispose Jimmy, «ma voi vedete spesso il maggiore Whittaker, e se gli parlaste questo faciliterebbe molto la cosa.»

«Se proprio ci tieni posso parlarne col Presidente.»

«Oh, no… preferirei…» Jimmy s’interruppe. Poi, cercando di rimediare a quello scatto d’impulsività proseguì: «Non mi sembra il caso di disturbarlo per simili sciocchezze.»

«Senti un po’, Jimmy» disse Gibson, decidendo di andare al punto. «Perché non parli schietto? L’idea è tua, o è stata Irene a mettertela in testa?»

La faccia di Jimmy assunse un’espressione talmente singolare da rivelare in pieno la sua sorpresa.

«Oh» balbettò infine, «non sapevo che sapeste. Ma non lo direte a nessuno, vero?»

Gibson stava per fargli notare che una simile precauzione era assolutamente inutile quando qualcosa nello sguardo del ragazzo lo fece desistere da qualsiasi commento ironico. La ruota aveva finalmente compiuto il suo giro: lui era tornato a quella sua lontana ventunesima primavera. Comprendeva pienamente ciò che Jimmy sentiva in quel momento, e sapeva inoltre che qualsiasi cosa gli avesse riserbato l’avvenire, niente avrebbe uguagliato le emozioni che il ragazzo stava scoprendo ora, e che erano per lui nuove e fresche come lo erano state per il primo uomo nel primo mattino del mondo.

«Te lo prometto» rispose quasi con commozione.

<p>11</p>

La luce ambrata si accese, Gibson bevve un ultimo sorso d’acqua, si schiarì discretamente la voce, e controllò che le cartelle del dattiloscritto fossero disposte nel giusto ordine. Nella cabina di regia il tecnico fece un cenno col pollice e la luce ambrata diventò di colpo rossa.

«Salute, Terra. Qui, Martin Gibson che vi parla da Porto Lowell, Marte. Per noi oggi è un grande giorno. Questa mattina è stata gonfiata la nuova cupola, e adesso la città è cresciuta quasi della metà rispetto alle prime proporzioni. Non so se riuscirò a comunicarvi la sensazione di trionfo che questa nuova conquista suscita in noi, tutta la gioia per la vittoria nella lotta che stiamo combattendo contro Marte. Ma farò del mio meglio.

«Voi tutti sapete che è impossibile per l’uomo terrestre respirare l’atmosfera marziana troppo rarefatta e praticamente priva di ossigeno. Porto Lowell, la nostra città principale, è costruita sotto sei cupole di materiale plastico trasparente, sostenute dalla pressione dell’aria interna, aria che ci permette di respirare perfettamente, benché sia molto più leggera della vostra.

«Nel corso di quest’ultimo anno si è proceduto alla costruzione di una settima cupola, grande il doppio delle altre. Ve la descriverò come l’ho vista ieri quando ci sono entrato prima che iniziasse l’operazione di gonfiamento.

«Immaginate un grande spazio circolare del diametro di quasi mezzo chilometro, circondato da uno spesso muro di vetrocemento alto quanto un uomo. In questo muro si aprono i passaggi alle altre cupole, le cui uscite conducono al verdissimo paesaggio marziano che ci circonda. Questi passaggi sono semplici tubi di metallo muniti di grandi porte che si chiudono automaticamente qualora si verifichi una fuga d’aria da una delle cupole. Come vedete, qui su Marte non ci fidiamo a mettere tutte le nostre ricchezze in un’unica cassaforte!

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