Читаем Le sabbie di Marte полностью

«Non ditegli niente finché tutto non sarà completamente sistemato. Rivelargli la sua identità ora non servirebbe, e potrebbe anzi provocare un danno. In seguito però dovrete dire a Jimmy chi siete veramente per lui, o chi è lui per voi, come preferite. Ma credo che per il momento convenga aspettare.»

Era la prima volta che Hadfield si riferiva al ragazzo usandone il nome. Forse non se n’era neppure accorto, ma per Gibson fu una prova sicura che già Hadfield considerava Jimmy come il suo futuro genero. Questa certezza suscitò in lui un’improvvisa corrente di simpatia e di amicizia, quasi di affetto, nei riguardi di Hadfield. D’ora in avanti i due uomini sarebbero stati uniti nel disinteressato impegno per il raggiungimento di uno scopo comune: la felicità dei figli nei quali vedevano entrambi rivivere la loro gioventù.

In seguito, ogni volta che ripensò a quel colloquio, Gibson lo considerò come l’inizio della sua amicizia con Hadfield, il primo uomo al quale aveva sentito di poter dare senza riserve la propria ammirazione e il proprio rispetto. La loro fu un’amicizia destinata ad avere una parte importante nell’avvenire di Marte, assai più importante di quanto gli stessi Hadfield e Gibson potevano supporre.

<p>15</p>

Quel giorno era cominciato come tutti gli altri. Jimmy e Gibson avevano fatto tranquillamente colazione insieme, senza parlare perché entrambi erano assorbiti nei propri problemi. Jimmy viveva in uno stato che era esatto definire estatico, anche se ogni tanto soffriva momenti di nero avvilimento al pensiero che tra poco avrebbe dovuto separarsi da Irene, Gibson si chiedeva se dalla Terra fosse arrivata finalmente una risposta in merito alla sua richiesta di soggiorno su Marte. A volte era convinto di aver fatto un’enorme sciocchezza, e si sorprendeva persino a sperare che le sue carte si fossero smarrite, ma in realtà era decisissimo a restare fermo nei suoi propositi, e quel mattino pensò di passare dall’Amministrativo per vedere di sollecitare un po’ le cose.

Capì subito che c’era qualcosa per aria non appena ebbe messo il piede nell’ufficio. La signora Smyth, la segretaria di Hadfield, lo accolse con un sorriso come lo accoglieva sempre quando lui andava dal presidente. Di solito, però, o lo faceva entrare subito, o gli spiegava che Hadfield era occupatissimo, oppure che aspettava una chiamata urgente dalla Terra, e lo pregava quindi di ripassare più tardi. Ma quella mattina si limitò ad annunciargli: «Mi dispiace, signor Gibson, ma il signor Hadfield non c’è. Tornerà solo domani.»

«Ah, sì?» disse Gibson. «È andato a Skia?»

«No» rispose la signora Smyth, cortese ma decisa a non violare le consegne. «Mi dispiace ma non posso dirvi dov’è andato. Comunque sarà di ritorno tra ventiquattr’ore.»

Gibson decise di rimandare a più tardi la soluzione di quel mistero. Immaginando che la signora Smyth fosse al corrente di tutto, e perciò anche delle sue questioni personali, chiese: «Sapete se c’è qualche risposta alla mia richiesta di soggiorno?»

La signora Smyth sembrò confusa.

«È arrivato qualcosa» rispose, «ma si trattava di una comunicazione personale al signor Hadfield e perciò io non ne so niente. Credo che voglia parlarvene lui stesso non appena torna.»

Era una situazione esasperante. Era già seccante non aver saputo ancora niente, ma era ancora peggio sapere che la risposta era arrivata e non poterla conoscere. Gibson sentì che la pazienza lo abbandonava.

«Non vedo per quale motivo non me lo possiate dire» protestò, «soprattutto considerato che domani lo saprò comunque.»

«Mi rincresce infinitamente, signor Gibson, ma sono certa che il signor Hadfield si seccherebbe molto se ve lo dicessi io adesso senza aspettare il suo ritorno.»

«E va bene!» disse Gibson, e se ne andò infuriato.

Decise di slogarsi andando a parlare col maggiore Whittaker, convinto di trovare in città almeno lui. C’era infatti, ma non sembrò particolarmente felice di vedere Gibson, il quale però si sistemò comodamente sulla poltrona degli ospiti con l’evidente intenzione di restare a lungo.

«Sentite un po’, Whittaker» cominciò, «io sono un tipo paziente, e spero converrete con me che non faccio spesso richieste irragionevoli.»

Visto che il maggiore non aveva nessuna intenzione di rispondere, Gibson si affrettò ad aggiungere: «Qui sta succedendo qualcosa di molto strano, e io sono ansioso di andare in fondo a questo mistero.»

Whittaker sospirò. Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe venuto. Era un vero peccato che Gibson non avesse la pazienza di aspettare fino al giorno dopo. Fra ventiquattr’ore non avrebbe più avuto nessuna importanza.

«Come siete arrivato tutto a un tratto a una simile conclusione?» chiese.

«Riflettendo su alcuni particolari. E poi non è stato tutto a un tratto. Pochi minuti fa ho cercato di vedere Hadfield, e la signora Smyth mi ha informato che non è in città, e poi, non appena ho tentato di farle qualche domanda innocente, si è chiusa come un’ostrica.»

«Oh, me la immagino!» esclamò Whittaker ridendo.

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