— Così sono venuto allo spazio-porto — continuò Charles. — In questo momento mi trovo vicino al cancello d’ingresso. Non sono riuscito a entrare perché hanno proibito l’accesso al pubblico. Il campo è completamente circondato. Quelli che sono venuti a ricevere parenti e amici stanno camminando nervosamente avanti e indietro, formulando le congetture più insensate. Lo scafo è ormai a terra, e un gruppo di bellicosi ufficiali si sta comportando come se qualcuno avesse appena rubato gli assegni delle loro paghe.
— Temo che sia tutta colpa mia.
— A ogni modo, perché venire con un’astronave? — chiese Charles. — Se per qualche misteriosa ragione dovevi compiere il viaggio lentamente, avresti potuto gonfiare un piccolo pallone per fare la traversata, non ti pare?
— A volte ci sono considerazioni molto più importanti della velocità — rispose Raven senza stupirsi di quello che l’altro aveva detto. — Per esempio, sto indossando un corpo.
— È proprio al tuo corpo che stanno dando la caccia. È una maniera sicura per tradirsi.
— Forse. Ma io voglio che mi cerchino. Dare la caccia a un corpo impedisce loro di pensare ad altro.
— Hai ragione — disse Charles. — Vieni da noi?
— Certo. Ho chiamato per accertarmi che foste lì.
— Bene. Ci vediamo tra poco.
— Parto subito.
S’incamminò tra le ombre del bosco verso la pianura. Avanzava in fretta, vigile più con la mente che con gli occhi. Per lui era sempre possibile percepire gli esseri che lo potevano osservare, perché era impossibile spiarlo senza irradiare un pensiero, anche se elementare come quello dei due gufi che lo stavano guardando dal buco di un albero, a una cinquantina di metri dal suolo.
— Cosa-uomo sotto!
Ai margini della foresta comparvero i primi segni della caccia scatenata contro di lui. Raven si nascose nell’ombra di un grosso albero e lasciò passare l’elicottero che volava sopra il grande ombrello di rami. Era un grosso apparecchio sostenuto da quattro rotori a più pale, e trasportava un equipaggio di dieci elementi. Raven riuscì a contare le menti mentre gli uomini scrutavano il groviglio che si stendeva sotto di loro.
C’erano sei telepatici che ascoltavano, ascoltavano, attenti a raccogliere il primo impulso mentale che lui avesse avuto l’imprudenza di lasciarsi sfuggire. E c’era un insettivora con una gabbia di formiche-tigri volanti, da lanciare sul punto che i telepatici avessero indicato.
Il secondo pilota era un notturno, felice di restare a riposo in attesa del suo turno, nel caso che la caccia fosse continuata anche durante la notte. Gli altri due erano un ipnotico che imprecava contro Raven perché era stato strappato a una partita di jimbo-jimbo che stava vincendo e un supersonico con le orecchie a sventola tese nello sforzo di percepire il lievissimo sibilo del cronometro al radio che erroneamente secondo loro la preda doveva avere.
Il gruppo dei mutanti passò proprio sopra la sua testa e si allontanò zigzagando, senza immaginare minimamente di essergli stato tanto vicino. Un secondo equipaggio simile stava sorvolando una zona parallela, due chilometri circa più a sud, e un terzo tre chilometri più a nord.
Raven lasciò che si allontanassero parecchio, poi uscì dal nascondiglio e riprese il cammino. Seguì il margine della foresta fino a una strada, e da lì si diresse verso la città, con minore precauzione.
Le squadre aeree di ricerca potevano essere composte da esseri umani con doti eccezionali, molto superiori a quelle comuni, ma tendevano a cadere negli errori degli esseri normali: pensavano cioè che nessun uomo in marcia lungo una strada, alla vista di tutti, potesse avere qualcosa da nascondere. Ma nella eventualità che uno di questi gruppi, preso da eccesso di zelo, fosse sceso verso di lui per scrutare nel suo cranio, lui avrebbe fornito una selezione di banali pensieri come:
Rimaneva comunque il rischio, anche se minimo, che le squadre avessero la sua fotografia, e che uno degli apparecchi scendesse a bassa quota per poterlo osservare in faccia.
Ma nessuno gli prestò particolare attenzione. A poca distanza da Plain City, un elicottero andò a volteggiare sopra la sua testa, e lui sentì quattro menti frugare nella sua. Per il disturbo che si erano presi, Raven elargì un quadro dettagliato di una violenta lite familiare tra le pareti di un tugurio. Nell’attimo in cui si ritiravano dalla sua mente, riuscì quasi a sentire il disprezzo che avevano provato. Immediatamente i rotori cominciarono a girare con maggiore velocità, e l’apparecchio si diresse di nuovo verso la foresta.