Selig invidiava il freddo distacco di Nyquist. Niente vergogna, niente sensi di colpa, niente ostacoli di nessun genere. Però neppure nessuna traccia di orgoglio esibizionistico o di voyeurismo ansioso: a lui pareva assolutamente naturale scambiarsi simili contatti in un momento come quello. Selig non poteva trattenersi al sentirsi nauseato mentre scrutava, a occhi chiusi, Nyquist che si dava da fare sopra la bionda, e scrutava Nyquist che stava scrutando lui alla stessa maniera, riecheggiando immagini dalle loro copulazioni parallele che vertiginosamente rimbalzavano da mente a mente. Nyquist, fermandosi un attimo per scoprire e isolare il senso di disagio di Selig, lo prese in giro dolcemente. Sei infastidito dal fatto che c’è una specie di godimento latente in questo, gli disse Nyquist. Io, però, penso che quello che ti spaventa veramente è il contatto, ogni tipo di contatto. Giusto? Sbagliato, disse Selig, però sentiva che aveva fatto centro. Per altri cinque minuti continuarono a controllare l’uno la mente dell’altro, finché Nyquist decise che era ora di venire, e gli scossoni violenti del suo sistema nervoso scagliarono Selig fuori dalla sua coscienza, come al solito. Subito dopo, cominciando a sentirsi infastidito dalla deprimente, scattante, umida rossa, Selig lasciò che l’orgasmo lo sconvolgesse e crollò, rabbrividendo, spossato.
Nyquist ritornò in soggiorno una mezz’oretta più tardi, con la bionda, ambedue nudi. Non si preoccupò di bussare, il che sorprese un poco la rossa; Selig non sapeva come fare a dirle che Nyquist
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Io sono e resto a un punto morto. Piena bonaccia, immobile, attaccato all’ancora. No, questa è una menzogna, oppure, se proprio non è una menzogna, allora, il minimo che si può dire, per essere imprecisi e benevoli, è un mucchio difettoso di metafore. Sto declinando. Declinando in continuazione. La mia corrente sta andandosene. Sono scoperto come una nuda spiaggia rocciosa, duro come il ferro, come striscianti fasce di luride scure alghe marine che penzolano in direzione della risacca che se ne sta andando. Verdi crostacei mi rosicchiano. Sì, io declino, che è come dire io diminuisco, io mi attenuo. Ci credereste? Adesso mi sento assolutamente tranquillo su questo punto. Naturalmente il mio stato d’animo varia continuamente però
io mi sento
assolutamente calmo
su questo punto
adesso.
È questo il terzo anno da quando ho cominciato a ritirarmi da me stesso. Penso di aver cominciato nella primavera del 1974. Fino ad allora lavorò senza errori, parlo del mio potere, tutte le volte che avevo l’opportunità di ricorrere a lui, sempre sicuro, faceva tutti quei trucchetti che gli erano soliti, mi serviva in tutti i miei sozzi bisogni; poi, senza preavviso, senza ragione, cominciò a morire. Piccoli difetti di collegamento. Esili episodi di impotenza psichica. Associo questi fatti alla primavera arrivata prima del tempo, quando ancora piccoli mucchi anneriti dell’ultima neve restano attaccati alle strade, e non avrebbe potuto essere il ’75 e neppure il ’73, il che mi porta a situare l’inizio di questa riduzione di me stesso nell’anno intermedio. Me ne stavo tranquillo e rilassato dentro la testa di qualcuno, scandagliando pensieri scandalosi standomene nascosto al sicuro, e all’improvviso tutto si annebbia e comincia a diventare incerto. Un po’ come se leggendo il