Le industrie Shipstone non hanno il monopolio dell’energia. Non posseggono carbone o petrolio o uranio o acqua. Hanno in affitto molti, molti acri di terreno deserto… Ma esistono ancora parecchi deserti che la Shipstone non sfrutta e dove nessuno raccoglie la luce del sole. In quanto allo spazio, è impossibile intercettare anche solo l’uno per cento di tutta la luce solare che va sprecata all’interno dell’orbita lunare, impossibile per un fattore di molti milioni. Fate i conti voi stessi, se no non crederete mai alla risposta.
Allora qual è il loro delitto?
È un duplice delitto.
a) Le aziende Shipstone sono colpevoli di fornire energia alla razza umana a prezzi inferiori a quelli dei loro concorrenti.
b) In modo malvagio e antidemocratico, si rifiutano di divulgare il segreto industriale sullo stadio finale d’assemblaggio di uno Shipstone.
Quest’ultimo, agli occhi di molta gente, è un delitto capitale. Il mio terminale scavò fuori parecchi editoriali sul «diritto di tutti di sapere», altri sulla «insolenza dei monopoli giganti», e ulteriori manifestazioni di sacrosanta indignazione.
Il complesso Shipstone è un mammut, vero, perché fornisce energia economica a miliardi di persone che vogliono energia economica e ne vogliono sempre di più ogni anno. Ma non è un monopolio perché non possiede l’esclusiva sull’energia; si limita a impacchettarla e a spedirla ovunque sia richiesta. Quei miliardi di clienti potrebbero mandare in bancarotta il complesso Shipstone praticamente da un giorno all’altro, se tornassero alle vecchie tecniche: «bruciare» uranio, distribuire energia lungo canali in rame e alluminio lunghi interi continenti e/o lunghi treni e lunghe carovane di camion cariche di carbone.
Però nessuno, a quanto accertò il mio terminale, vuole tornare ai brutti vecchi giorni quando il paesaggio era sfigurato in un’infinità di modi e l’aria stessa era carica di fetori e agenti cancerogeni e depositi, e gli ignoranti avevano una fifa matta dell’energia nucleare, e
«Il diritto di tutti di sapere»: il diritto di sapere
Chiunque, ovunque e sempre, è libero di fare come lui; Daniel Shipstone non chiese nemmeno un brevetto. Le leggi naturali sono liberamente disponibili a tutti quanti, compresi i Neanderthal mangiati vivi dalle pulci che si accoccolavano assieme per vincere il freddo.
In questo caso, il guaio del «diritto di tutti di sapere» è che somiglia moltissimo al «diritto» di chi vuole diventare un virtuoso del piano senza fare gli esercizi.
Però io nutro pregiudizi: non sono umana e non ho mai avuto diritti.
Che preferiate la versione alla saccarina della società o la versione al vetriolo della spazzatura, le realtà basilari su Daniel Shipstone e sul complesso Shipstone sono ben note e al di là di ogni discussione. Ciò che mi sorprese (anzi, che mi scioccò) fu quello che scoprii quando iniziai a scavare fra proprietà, consigli d’amministrazione e direzioni.
Il primo vero sospetto mi venne da quello stampato iniziale, quando vidi quali aziende facevano parte del gruppo Shipstone senza avere la dizione «Shipstone» nel proprio nome. Se fai una pausa per una Coca… è la Shipstone che te la vende!
Ian mi aveva detto che era stata la Interworld a ordinare la distruzione di Acapulco: il che significa che sono stati gli amministratori del patrimonio di Daniel Shipstone a ordinare l’omicidio di un quarto di milione di persone innocenti? Possono essere gli stessi individui che dirigono il miglior ospedale/scuola per bambini handicappati del mondo? E la Sears-Montgomery… Campane dell’inferno, io stessa posseggo qualche azione della Sears-Montgomery. Allora divido, per concatenazione, una parte di responsabilità nella strage di Acapulco?
Programmai la macchina per indicarmi quali rapporti esistessero fra le varie direzioni del complesso Shipstone, e poi quali direzioni di altre compagnie fossero in mano ai dirigenti delle compagnie Shipstone; e i risultati furono così incredibili che chiesi al computer di elencarmi tutti i proprietari dell’uno per cento o più di azioni con diritto di voto di tutte le compagnie Shipstone.
Trascorsi i tre giorni successivi ad affrontare e risistemare la grande massa di dati che giunse in risposta a quelle due domande, e a cercare modi migliori per riorganizzarla.
Alla fine del periodo scrissi le mie conclusioni.
a) Il complesso Shipstone è un’unica compagnia. Si limita a sembrare ventotto compagnie diverse.