Nemmeno fra quei poliziotti c’erano grandi giuristi internazionali; la discussione fu accesa, ma non coerente. Gli imperiali chiedevano la consegna del profugo in base ai privilegi concessi agli inseguitori, e un caporale canadese sosteneva (correttamente a mio giudizio) che l’inseguimento era lecito solo con criminali colti sul fatto, mentre in quel caso l’unico «crimine» consisteva nell’ingresso illegale nel Canada Britannico, atto che non ricadeva sotto la giurisdizione della Polizia Imperiale. — Adesso levate quel catorcio dal suolo del Canada Britannico!
Il Verde emise in risposta un monosillabo che irritò il canadese. Il caporale richiuse il tettuccio e urlò dall’altoparlante: — Vi dichiaro in arresto per violazione dello spazio aereo e del suolo del Canada Britannico. Scendete e arrendetevi. Non cercate di decollare.
L’auto dei Verdi decollò immediatamente e superò il confine internazionale, dopo di che se ne andò. Il che poteva essere esattamente ciò che era nelle intenzioni del canadese. Io restai
Sono giunta alla conclusione certa che il mio compagno d’avventura mi abbia ripagata per il biglietto di fuga che gli avevo offerto. Nessuno venne a cercarmi. Lui di certo mi aveva vista svanire fra gli alberi, ma è improbabile che i canadesi mi avessero vista. Senz’altro il foro nella barriera aveva fatto scattare gli allarmi delle stazioni di polizia sui due lati del confine. Qualunque esperto d’elettronica poteva installare un apparecchio del genere, un apparecchio capace persino di individuare al millimetro il punto sabotato; di conseguenza, il mio piano prevedeva di fare tutto
Ma contare il numero di corpi caldi che passavano in un foro era tutto un altro problema elettronico; non che fosse impossibile, ma forse qualcuno aveva ritenuto che non fosse il caso di spendere troppo. In ogni caso, il mio compagno sconosciuto non mi tradì; nessuno venne a cercarmi. Dopo un po’, da un’auto canadese scese una squadra di addetti alle riparazioni. Li vidi raccogliere la cintura con gli attrezzi di cui mi ero liberata nei pressi della barriera. Dopo la loro partenza, arrivò un secondo gruppo sul lato dell’Impero; ispezionarono la riparazione e se ne andarono.
Meditai un attimo sulle cinture porta-attrezzi. Ripensandoci non mi pareva di averne vista una sul mio leale prigioniero quando si era arreso. Conclusi che per infilarsi nel foro aveva dovuto liberarsi della cintura: il buco era quasi troppo stretto persino per Friday; per lui doveva essere stato microscopico.
Ricostruzione: i canadesi hanno visto una cintura, dalla loro parte; i Verdi ne hanno vista un’altra, dalla loro parte. Nessuno dei due gruppi aveva motivo di presumere che dal buco fosse passato più di un fuggitivo; almeno finché il mio ex prigioniero stava zitto.
Un gesto molto cortese da parte sua, direi. Certi maschi ce l’avrebbero avuta con me per il colpetto che avevo dovuto assestargli.
Restai fra gli alberi fino al buio, tredici tediose ore. Non volevo essere vista da nessuno finché non avessi raggiunto Janet (e, con un po’ di fortuna, Ian); un immigrato illegale non va in cerca di pubblicità. Fu una giornata lunga, ma nella fase centrale del mio addestramento il guru del controllo mentale mi aveva insegnato a tenere testa a fame, sete e noia quando è necessario e a restare calma, sveglia e attenta. Mi incamminai a sera fonda. Conoscevo il terreno com’è possibile conoscerlo dalle carte geografiche, carte che avevo studiato con la massima cura un paio di settimane addietro in casa di Janet. Il problema che avevo di fronte non era né complesso né difficile: percorrere a piedi centodieci chilometri circa entro l’alba, senza farmi individuare.
La rotta era semplice. Dovevo spostarmi leggermente a est per raggiungere da Lancaster nell’Impero La Rochelle nel Canada Britannico, al porto d’ingresso che era facilmente identificabile. Virare a nord per la periferia di Winnipeg, deviare a sinistra girando la città e intercettare la strada nord-sud per il porto. Stonewall era a un tiro di schioppo da lì, e la casa dei Tormey vicinissima. Conoscevo tutta l’ultima parte, la più difficoltosa, non semplicemente dalle carte geografiche ma dal viaggetto in carrozza che ci avevo fatto di recente, senza nulla che mi disturbasse (a parte le simpatiche mani che cercavano alla cieca il mio corpo).
Era l’alba quando apparve la cancellata esterna dei Tormey. Io ero stanca, ma non in cattiva forma. Posso mantenere il ritmo passeggiata-trotto-corsa-passeggiata-trotto-corsa per ventiquattro ore, se necessario, e all’addestramento l’ho fatto; tenere duro per tutta la notte è accettabile. Più che altro avevo i piedi indolenziti e una sete del diavolo. Felice, sollevata, premetti il pulsante per annunciarmi.