Shadrach si avvicina al letto. Gengis Mao ha un aspetto teso e provato, la fronte umida, lucida, la pelle ha una sfumatura pallida e grigiastra. Respira a fatica e gli occhi, sempre irrequieti, si muovono ora con un’intensità maniacale. Il sistema di sostegno si è attivato da solo e sta fornendo al Khan un flusso regolare di glucosio, cloruro di sodio e plasma sanguigno; Shadrach dà una rapida occhiata ai valori sul pannello di controllo e li integra con le informazioni telemetriche, valuta il livello di potassio nel sangue e di magnesio nel plasma di Gengis Mao, la sua permeabilità capillare, la vasocostrizione arteriolare, la pressione venosa, e regola manualmente le erogazioni del sistema di sostegno. — Cerchi di rilassarsi — dice a Gengis Mao. — Appoggi lì la schiena. Lasci andare le braccia.
— L’hanno ucciso — dice aspro il Khan. — Ha sentito? L’hanno lanciato fuori dalla finestra.
— Sì, ho sentito. Si sdrai, per favore, signore.
— I sicari devono essere ancora da qualche parte in quest’edificio. Gestirò l’investigazione io stesso. Mi porti al Vettore di Sorveglianza Uno, Shadrach.
— Questo non è possibile. Dovrà restare qui, signore.
— Non mi parli a quel modo. Avogadro! Avogadro! Mi metta su quella sedia a rotelle!
— Mi dispiace, signore — mormora Shadrach, facendo segnali frenetici dietro la schiena, all’indirizzo di Avogadro, perché questo ignori l’ordine di Gengis Mao. Allo stesso tempo, Shadrach preme un pedale che immette un flusso di 9-pardenon calmante nel corpo del Presidente. — Lasciare il letto ora potrebbe essere fatale per lei, signore. Mi capisce? Potrebbe ucciderla.
Gengis Mao capisce. Sprofonda con la schiena contro il cuscino, quasi sollevato di doversi sottomettere all’autorità di altri, e non appena iniziano gli effetti della droga il volto gli si fa più rilassato, i suoi modi molto più posati. Gengis Mao è molto più debole, si rende conto Shadrach, di quanto indichino gli strumenti. — L’hanno ucciso — ripete il Khan con voce assente, rimuginando. — Non era che un ragazzo e l’hanno ucciso. Non aveva nemici. — Shadrach osserva esterrefatto che le labbra del vecchio cominciano a tremare, gli occhi gli si riempiono di lacrime. Eh? Cos’è questa storia? Gengis Mao mostra delle autentiche emozioni? Una specie di dolore quasi paterno si è impadronito del vecchio? Ma com’è possibile, considerando la triste sorte che lo stesso Gengis Mao aveva in serbo per Mangu? O l’operazione di ieri ha indebolito il Khan al punto di renderlo insolitamente sentimentale, spingendolo improvvisamente a inconcepibili debolezze da vecchio, oppure Mordecai sta fraintendendo i segni: non è dolore, bensì paura, coscienza di un pericolo personale, consapevolezza che se dei sicari sono stati in grado di raggiungere Mangu potrebbero ben trovare un giorno il modo di violare il
Nel mezzo di questi cupi piani Gengis Mao volge repentinamente gli occhi verso Shadrach e, come notandolo per la prima volta, dice in tono amabile: — Non ha indosso altro che i pantaloni, dottore. Come mai?
— Sono venuto qui di corsa. Ho sentito una contrazione tremenda agli impianti chirurgici, abbastanza forte da svegliarmi, e ho capito che doveva essere successo qualcosa di grave.
— Già. Quando Horthy mi ha riferito la notizia dell’assassinio mi sono alquanto agitato.
— Le sue dannate porte, però, mi hanno tenuto in attesa per cinque minuti. Bisognerebbe fare qualcosa al riguardo. Un giorno per me sarà una questione critica poterla raggiungere in tempo, e Interfaccia Tre rifarà il giochino uguale e sarà troppo tardi.