Lui parve sorpreso, poi compiaciuto. Rise. — No. Ho i miei limiti, anche se non mi piace pensarci. Faremmo meglio a metterci a dormire.
Mi svegliai con la luce del sole che rifulgeva sulla parete della grotta e mi girai. Eccolo: l’astro principale del pianeta, appena sopra la sogliera sull’altra riva del fiume. Non c’erano nuvole nelle vicinanze ed era così luminoso che dovetti distogliere lo sguardo.
Una giornata come questa richiedeva un saluto solare!
L’oracolo disse: — Sono andati a pescare.
Mi guardai attorno. Era seduto presso la cenere del fuoco.
— Derek e Nia?
Fece il gesto dell’assenso.
— Come stai?
— Mi duole il braccio. Ho dormito male.
— Oh. — Mi alzai e feci un piegamento laterale. Era una sensazione piacevole. Ne feci un altro, piegandomi sull’altro lato. Poi mi toccai la punta dei piedi.
— Gli spiriti sono venuti da me.
Mi raddrizzai.
— Somigliavano agli animali sulla parete della caverna.
— Oh.
— Mi hanno parlato. Le loro voci erano come le voci delle persone, ma non capivo la lingua che parlavano. — Fece una breve pausa. — Erano rumorosi. Credo che fossero in collera. Ma non so se mi stessero minacciando o cercassero di avvertirmi di qualcosa. Può darsi che fossero adirati perché non capivo. È stato un brutto sogno.
Con ogni probabilità aveva ragione. — Devo uscire.
— Okay — disse l’oracolo.
Derek e Nia non si vedevano. Invece vidi degli uccelli. Svolazzavano fra le canne e i cespugli. Volavano da un albero all’altro. Un uccello alto e snello camminava impettito sull’altra riva, cercando qualcosa da mangiare nell’acqua bassa.
Feci il mio yoga. Quando ebbi finito, il sole era abbastanza alto da illuminare gran parte della valle. Feci ritorno alla grotta. Derek e l’oracolo sedevano accanto al fuoco. L’oracolo stava mangiando. Derek si leccava le dita con aria soddisfatta.
— Dov’è Nia?
— Sta sellando gli animali. Vuoi qualcosa da mangiare?
Feci il gesto dell’assenso. Lui prese qualcosa dal fuoco.
Foglie, annerite dal fuoco. Le scartocciò con un paio di movimenti rapidi. — Ohi! — Dentro c’era un pezzo di pesce, fumante e profumato. — Io non ci ho trovato lische — disse nel linguaggio dei doni. — Aprilo e cerca bene.
Era delizioso e non c’erano lische. — L’oracolo ti ha parlato del sogno che ha fatto?
— Sì. Potrebbe non significare niente. Ne ha passate parecchie ed è sofferente. Vorrei potergli dare dell’aspirina. A volte un sogno non significa niente d’importante. A volte un sigaro è solo un sigaro. Tuttavia… — Esitò. — Lui è un oracolo e questo è un luogo sacro.
— Derek, sei un selvaggio superstizioso.
— Ingiuriami, amor mio, e ti ricorderò che io ho un incarico fisso e tu no.
— Fottiti — gli risposi.
Lui fece il gesto che significava un dubbioso assenso. Risi.
— Sta arrivando Nia — disse. — Spegnamo il fuoco.
Proseguimmo lungo il fiume, in direzione sud-ovest. Il cielo si manteneva limpido. La giornata si fece sempre più calda. L’oracolo cavalcava davanti a me. Lo vedevo spostarsi spesso sulla sella e muovere il braccio, nel tentativo di trovare una posizione comoda.
Ci fermammo a metà mattina. Derek usò la camicia macchiata di sangue per fare una fascia per sorreggere il braccio. L’oracolo se la mise e sospirò. —
La valle si fece più ampia e il fiume si aprì in una serie di acquitrini. A volte non riuscivo a vedere l’acqua, soltanto canne, alte e color porpora, che si muovevano appena al vento leggerissimo.
Gli uccelli divennero silenziosi, come facevano nel pomeriggio sulla Terra, e io mi abbandonai a una serie di sogni a occhi aperti: la Terra, le Hawaii, la mia famiglia. Erano tutti morti a eccezione di Charlie, un fratellastro che si era fatto ibernare. Era curioso sul futuro, mi aveva detto nel suo ultimo messaggio. Sarebbe stato là a darmi il bentornato a casa.
L’oracolo si afflosciò. Spronai il mio cornacurve e lo afferrai mentre stava per cadere. — Derek!
L’oracolo si raddrizzò. — Sono solo stanco.
Derek ci raggiunse. Insieme adagiammo al suolo l’oracolo.
— Abbiamo percorso abbastanza strada — disse Nia. Si guardò attorno. — Non è un buon posto per fermarsi. Ma non è neppure cattivo.
Eravamo in una zona aperta. Una prateria. La vegetazione era per lo più bassa e del giallo della tarda estate. C’era una sola eccezione che risaltava veramente: una pianta che cresceva fino a due metri, costellando la prateria. Ne vidi almeno una dozzina di esemplari. La parte inferiore della pianta era una massa di grosse foglie frastagliate e dall’aspetto polveroso. Dalle foglie cresceva uno stelo che terminava in un grappolo di fiori. I fiori erano di un color arancione straordinariamente intenso. Sembrava fiammeggiare.
Una pianta dall’aspetto bizzarro. Non proprio piacevole.
— Stai sognando? — mi chiese Derek. — Scendi dalle nuvole.
Smontai di sella.
L’oracolo era seduto per terra. Aveva le spalle afflosciate e il capo chino.
— Nia, tu occupati degli animali. Lixia, va’ a cercare della legna. Io mi prenderò cura dell’oracolo.