Cercai di pensare a un modo di cambiare argomento. Subito non mi venne in mente niente. L’imbarcazione incominciò a oscillare. Agopian si alzò e andò a guardare fuori da un finestrino. — Stiamo girando attorno all’estremità settentrionale della tua isola, Lixia. Stiamo attraversando la corrente e forse ci stiamo avvicinando un po’ troppo alle rapide. A me piacciono le navi che viaggiano nello spazio. Questi piccoli oggetti che viaggiano sull’acqua mi rendono nervoso. Ma la Ivanova è in gamba.
Entrò Eddie, chinando il capo per passare dalla porta della cabina. Era troppo bassa per lui e quasi troppo stretta. — Andremo in cerca di Nia e dell’oracolo.
— Bene — disse Derek.
Eddie si strinse nelle spalle. — Mi sto abituando a perdere nelle dispute. Mi sento come quei vecchi capi e uomini di medicina che dicevano agli europei: "State facendo un errore. Non potete trattare in questo modo la Terra". Avevano ragione loro. Solo che ci sono voluti duecento anni perché se ne accorgessero tutti.
— È in collera — disse Derek.
— Certo che lo sono. — Andò nella cucina e prese una bottiglia di acqua minerale. — Attraverseremo il fiume e discenderemo lungo la sponda occidentale, lentamente. Non arriveremo al nostro campo prima di sera. — Aprì la bottiglia e si sedette, allungando le gambe. L’acqua minerale finì in un paio di sorsi. Mise giù la bottiglia.
Non volevo aver niente a che fare con la sua collera né con qualunque gioco Derek stesse facendo con Agopian. Mi prudeva la testa. — Ho bisogno di una doccia.
— Abbiamo una doccia portatile — disse Agopian. — Ma non possiamo installarla a bordo della nave.
— Barca — lo corresse Derek.
Dissi: — Avete un bagno? E una spugna?
— Dall’altro lato della cucina. Dovresti trovare tutto quello che ti serve.
Feci il gesto della gratitudine, mi alzai e andai nel bagno.
Metà dello spazio era occupato dal gabinetto. Nella parete di fronte era inserito un armadietto. Lo aprii e, come promesso, trovai tutto quello che mi occorreva: sapone in bottiglia, uno spazzolino da denti, un pettine, una pila di tute piegate con cura, una spugna. La spugna era naturale e un tempo era stata viva, molto probabilmente sulla nave.
Il sapone era alla menta. L’etichetta diceva che lo si poteva usare per corpo, capelli, denti e indumenti, ma non si doveva inghiottire né mangiare in altro modo.
Mi spogliai e mi lavai completamente, un compito non facile in uno spazio così ristretto. Quando ebbi finito, c’era acqua ovunque. Mi lavai i denti e mi spazzolai i capelli bagnati, asciugai me stessa e la stanza, poi sorrisi alla mia immagine riflessa. Non male, benché apparissi un po’ smagrita e un po’ troppo pallida. Avevo bisogno di un po’ di trucco e di un paio di orecchini.
Ah, sì! E di indumenti. Indossai una tuta, taglia piccola, azzurra, il colore della pace e dell’unità. Non era il mio colore preferito, ma la sola alternativa era quel monotono verde oliva.
Avevo finito, a parte sollevare di nuovo il lavabo nella parete sopra il gabinetto, spegnere il ventilatore e tornare nella cabina principale. I tre uomini mi lanciarono un’occhiata. Curioso, sentire di nuovo la tensione fra uomini e donne. — Che ne faccio dei miei vecchi vestiti?
— Vuoi riaverli indietro? — mi chiese Agopian.
— Mai.
— C’è un piccolo riciclatore in cucina. Mettili lì dentro.
Lo feci e dissi: — Me ne vado fuori sul ponte. È troppo… — esitai.
— Stretto qui dentro — terminò al mio posto Derek.
Feci il gesto dell’assenso e aprii la porta.
Stava ancora piovendo. Il ponte era riparato da una tettoia sporgente. La Ivanova era seduta su un alto sedile che le consentiva di vedere oltre il tetto della cabina. Teneva le mani appoggiate sulla ruota del timone. Erano mani grandi e dalle dita tozze, dall’aspetto forte perfino in posizione di riposo. Un tergicristallo era in funzione sul finestrino di fronte a lei.
La Ivanova mi rivolse un’occhiata, annuì col capo, poi guardò la donna dell’equipaggio. — Questa è Li Lixia del team sociologico. Lixia, questa è Tatiana Valikhanova.
— Della squadra di manutenzione mezzi di trasporto ausiliari — disse la donna.
Ci stringemmo la mano. Mi guardai attorno. L’imbarcazione aveva virato e si stava dirigendo a sud. La sponda occidentale si estendeva alla mia destra, bassa e grigia, un miscuglio di foresta e acquitrino. Alla mia sinistra c’erano le isole: fitti gruppi di alberi che s’innalzavano dall’acqua.
— Fa’ attenzione se vedi del fumo — disse la Ivanova. — È stato così che abbiamo localizzato te e Derek.
— Con questo tempo?
— Il tempo è sfavorevole.
Feci il gesto dell’intesa.