— Ti sei già messa a dormire? — dissi. — Va bene. Buonanotte. — Misi un altro ramo sul fuoco. Avevo sete, ma era troppa la paura per andare fino al fiume. Pensai di mangiare. Il pane era secco e il pesce salato. Se avessi mangiato l’uno o l’altro, avrei avuto ancora più sete. In ogni caso, il mio stomaco era in subbuglio.
Il fuoco si affievolì. Aggiunsi altri rami. Avevo la sensazione che qualcuno mi stesse osservando. La pelle della schiena mi formicolava e incominciavo a sudare. Mi alzai e mi stiracchiai, poi mi guardai attorno con noncuranza. Non si vedeva niente, a parte un mucchio di pietre. Mi sedetti. Un sasso sbatacchiò. Balzai di nuovo in piedi. Che cos’era stato? Restai in ascolto, ma non sentii niente.
Tornai a sedermi. Dopo un minuto mi misi a fare i miei esercizi di respirazione. Inspirai e pensai alla sillaba
Un grido! Balzai in piedi, guardandomi attorno. Qualcosa si mosse dietro un masso. Afferrai la mia ascia e corsi.
Due corpi lottavano nell’oscurità. Erano entrambi scuri, entrambi pelosi. Non riuscivo a distinguerli l’uno dall’altro. Rotolarono fuori dall’ombra piombando nel campo di luce del fuoco. Vidi levarsi una mano che teneva un coltello. Attorno al polso aveva un alto bracciale di rame. Nia non portava gioielli. Sollevai l’ascia e la feci roteare, abbattendo la parte piatta contro il braccio dell’individuo. Ci fu un gemito. La mano si aprì. Il coltello cadde. Indietreggiai.
I due ruzzolarono di nuovo, finendo quasi nel fuoco. Nia era in cima. In una mano teneva un martello mentre con l’altra cercava di afferrare la gola dell’uomo. Lui le agguantò la tunica con entrambe le mani, poi inarcò la schiena e si sollevò. Nia venne scagliata verso l’alto. Era a mezz’aria. Non riuscivo a crederlo. Come poteva essere tanto forte? Nia atterrò nel fuoco. Volarono scintille. I rami in fiamme si sparpagliarono per il terreno. Nia strillò.
L’uomo si drizzò di scatto e afferrò un ramo. Era in fiamme da un’estremità all’altra. Come faceva a tenerlo in mano? Era pazzo? Si diresse verso di me. La sua espressione era senza dubbio quella di un folle. Gli occhi guardavano fissamente e la bocca era spalancata. Ululava.
Sollevai la mia ascia. Lui roteò il ramo. Bloccai il colpo. Sentii la scossa lungo il braccio dal polso alla spalla. L’uomo arretrò e sollevò di nuovo il ramo. Stava ancora bruciando e l’uomo continuava a ululare.
Il ramo si abbatté, ma lo bloccai di nuovo. L’uomo lo lasciò andare. Il ramo cadde fiammeggiando e lui afferrò il manico della mia ascia, torcendo e tirando con violenza. Persi la presa.
Lui fece roteare l’ascia in un unico, rapido movimento, e la sollevò sopra la testa. Faceva un verso simile a un segnale di evacuazione, un grido acuto e uniforme.
Non c’era il tempo di sottrarsi. Aveva raggiunto il massimo dello slancio. La lama dell’ascia balenò. Sentii in bocca il gusto della bile.
Il grido s’interruppe di colpo, l’uomo grugnì e poi, con un’espressione sorpresa, si accasciò.
Nia era ritta dietro l’uomo: una sagoma scura contro la luce del fuoco sparpagliato. Teneva ancora in mano il martello.
Tirai un respiro profondo.
Lei domandò: — In che condizioni è? Ho colpito più forte che ho potuto.
Mi inginocchiai e gli tastai la gola. Non c’erano pulsazioni. Era normale? Non ne avevo idea. Gli misi la mano sulla bocca; non c’era respiro. — Dove l’hai colpito?
— Alla testa. Con questo. — Sollevò il martello.
Gli tastai la parte posteriore del capo e trovai un punto dove c’era una rientranza nel cranio. Tirai indietro la mano. Avevo del sangue sulle dita e anche qualcos’altro: un oggetto, attaccato alla punta del mio dito medio. Era duro e triangolare, con i bordi ruvidi. Non ero in grado di vedere il colore, ma ero quasi certa di sapere di che cosa si trattava. Un frammento d’osso. Mi ripulii la mano sul gonnellino dell’uomo, poi guardai Nia. — Credo che tu l’abbia ucciso.
—
Mi alzai e le tesi una mano. Lei crollò contro di me. L’afferrai, ma era troppo pesante. Non riuscivo a tenerla diritta. Caddi e piombai sull’uomo morto, e Nia mi rovinò addosso.
Dannazione!
— Nia? — Lei non rispose. Spingendo e contorcendomi, riuscii a liberarmi dai due corpi pelosi, mi alzai in piedi e rigirai Nia. Non fu una cosa facile. Il suo corpo era floscio. Un peso morto.