Misi altra legna sul fuoco, poi tirai fuori il poncho dal mio zaino. Era leggero e impermeabile con un rivestimento interno termico rimovibile. Decisi di non togliere la fodera. Invece mi avvolsi nel poncho, mi coricai e mi addormentai.
Mi svegliai più tardi, sentendo freddo. Il fuoco si era quasi spento. Mi alzai e misi dei rami sui tizzoni. Subito guizzarono le fiamme. Com’era silenzioso il canyon! Sentivo il rumore dell’acqua, ma nient’altro. Nel cielo sopra di me splendevano le stelle. Riconobbi l’Orsa Maggiore. Era come me la ricordavo, forse un po’ più luminosa. Dipendeva di certo dall’aria del canyon, che era secca ed estremamente limpida.
Mi avvicinai a Nia. Aveva ancora la mano nella pentola e c’era un’espressione di dolore sulla sua faccia. Ma stava dormendo e respirava in modo lento e regolare.
Le controllai la gamba. Il gonfiore si era arrestato. La fasciatura non era stretta. Nia si lamentò quando la toccai, ma non si svegliò. Tornai vicino al mio zaino e tirai fuori la radio.
Questa volta trovai Antonio Nybo. Un altro nordamericano. Ce n’erano parecchi nel team di sociologi, forse perché c’erano tante società diverse nell’America del Nord. Tony veniva da qualche parte della Confederazione degli Stati Spagnoli. In quel momento non riuscivo a ricordare esattamente dove. Non la Florida. Forse il Texas. O Chicago. Gran parte del suo lavoro era stato fatto nella California meridionale, studiando gli agricoltori ispano-americani che stavano tornando nel deserto californiano e interagivano, non sempre in modo facile, con gli aborigeni.
— Lixia! Come stai? — La sua voce era gaia e piacevole, con un leggero accento.
— Ho avuto una giornata interessante. — Gli raccontai l’accaduto, poi aggiunsi: — Ora arriviamo al problema. Non credo che la gamba sia rotta, ma non ne sono sicura. C’è un modo di scoprirlo anche senza un’esplorazione?
— Chiederò al team medico. Va bene se ti richiamo?
— Sì.
Concluse la trasmissione. Io mi alzai e mi stiracchiai, poi mi toccai cinque volte le dita dei piedi. Il mio stomaco gorgogliava e mi ricordai che non avevo cenato. Presi un pezzo di pane. Era stantio. Lo gustai comunque.
La radio emise un suono. L’accesi.
— Per prima cosa dicono che hanno bisogno di ulteriori informazioni. — Riuscivo a sentire la nota divertita nella voce di Antonio. — Dicono anche che una frattura dovrebbe provocare un’emorragia maggiore… di una distorsione, voglio dire. E un’emorragia produce lividi, di solito. O hanno detto "spesso"? In ogni caso, se nei prossimi tre giorni il suo piede diventerà nero e blu, può darsi che abbia una frattura. Ma anche una brutta distorsione può produrre dei lividi.
— Che cosa mi stai dicendo?
— Il solo modo di esserne certi è di fare un’esplorazione. I medici propongono di venire giù con la necessaria attrezzatura.
— Oh.
— Pensano che dovrebbero venire — disse Tony a bassa voce. — E a loro piacerebbe, piacerebbe terribilmente, mettere le mani su un nativo. È interessante ciò che si scopre quando si fa una domanda apparentemente semplice. Gli alieni non sono abbastanza alieni.
— Che cosa?
— Non mi riferisco al livello cellulare. In quello dobbiamo presumere che siano come il resto della vita sul pianeta. I biologi sostengono che è fuori di dubbio che gli organismi che hanno esaminato siano alieni e appartengano a una diversa linea evolutiva. È per questo che sono in grado di affermare, con tanta fiducia, che non possiamo prenderci le malattie locali. E non possiamo neppure contagiare le nostre malattie a nessun essere di questo pianeta. — Antonio fece una pausa. — Forse ti interesserà sapere che Eddie ha chiesto al team medico di controllare due volte questo fatto.
— Perché?
— Un’indigena è morta subito dopo che sei arrivata al tuo villaggio.
— Ho spiegato a Eddie di che cos’è morta la donna. Vecchiaia, veleno o magia. Non c’è stato niente di innaturale nella sua morte.
Antonio rise. — Eddie era preoccupato dei batteri inseriti nel tuo intestino. Quelli destinati a metabolizzare gli alimenti locali. Il team biologico l’ha negato categoricamente. I batteri non possono vivere al di fuori di un umano. Il team biologico si è offeso e ha parlato di gente che si muove al di fuori della propria area di competenza, soprattutto gente delle scienze sociali che, come tutti sanno, non sono scienze
— Ohi.
— Il problema non è al livello cellulare. È il fatto che gli indigeni somigliano a noi. E non dovrebbero, secondo tutte le migliori teorie. Dovremmo avere a che fare con aragoste intelligenti o alberi parlanti.