Derek annusò. — Uova marce e zolfo. Penso che si possa presumere dell’attività geotermica. — Parlò in un miscuglio di inglese e linguaggio dei doni. Io riuscii a capire tutto, ma i nostri compagni apparivano perplessi.
Dopo un momento Nia disse: — Non so di che genere di attività stiate parlando. Ma l’aspetto di questa valle non mi piace. E neppure l’odore, se è per questo.
Derek lanciò un’occhiata di lato. — Non preoccuparti. Non andiamo giù. La pista corre lungo il ciglio.
Seguimmo la pista. La pioggia cessò. Le nuvole si alzarono. Ora vedevo chiaramente la valle. Era poco profonda e più o meno circolare. L’intero fondo aveva brillanti colori: arancione, arancione rossiccio e giallo. Qua e là si levavano bianchi pennacchi. Vapore. I pennacchi si muovevano, spinti dal vento. Al centro della valle c’era un lago: scuro e rotondo. Derek continuava a guardarlo.
— C’è qualcosa che non va. Quel lago è singolare.
— Non stento a crederlo — osservò Nia. — Questa terra è singolare. — Usò lo stesso termine utilizzato da Derek. Significava "insolito", "imprevisto", "sbagliato". Dopo una breve pausa proseguì. — Non mi ricordo affatto di questo posto. Sono sicura che siamo sulla pista sbagliata, anche se non so come sia possibile. Ho una buona memoria e un eccellente senso dell’orientamento. Non mi sono mai persa.
Mi girai sulla sella. Nia arrancava accanto a me. Aveva i piedi infangati e la pelliccia bagnata. La tunica le si incollava al corpo. — Che cosa dobbiamo fare?
Nia fece il gesto dell’incertezza.
— Proseguire — disse l’oracolo alle mie spalle. — Lo Spirito della Cascata provvederà a farci arrivare nel posto giusto.
— Che consolazione! — fu il commento di Derek.
Finalmente arrivammo in un punto in cui la parete della valle era bassa. Un pendio conduceva giù verso il fondo giallo e arancione. La sommità del pendio era ricoperta di vegetazione: piccoli arbusti e moltissima pseudo-erba. Più in basso il terreno era brullo. Una linea scura l’attraversava serpeggiando: un’altra pista, più stretta della nostra, meno usata, che si addentrava nella valle.
Derek si fermò. Io tirai le redini del mio animale.
L’oracolo venne a fermarsi accanto a me. — Che cosa c’è? — chiese.
— Penso che dovremmo accamparci.
— Qui? — domandai.
Derek fece il gesto dell’affermazione.
Mi guardai attorno. Su un lato avevo il pendio, sull’altro un affioramento di roccia, nero e massiccio. La pista, quella principale, conduceva oltre la roccia. Non c’era nient’altro. Non c’era legna, a parte i piccoli arbusti, né alcuna traccia di acqua. — Perché? — chiesi.
— Non riusciremo a discendere il pendio prima di notte, e non ho visto nessun luogo che sia migliore di questo.
— Ha ragione lui — disse Nia. — La roccia ha una sporgenza. Dovrebbe ripararci, se pioverà, e c’è foraggio per gli animali. Ammetto che mi piacerebbe un po’ d’acqua fresca. L’acqua nelle nostre ghirbe sta diventando vecchia. Ma quando una persona viaggia senza il proprio villaggio, deve prendere quello che riesce a trovare.
— Ed essere grata di questo — aggiunse l’oracolo.
Nia fece il gesto dell’approvazione.
Smontai di sella. L’oracolo fece lo stesso. Mi stiracchiai e mi allungai il più possibile, poi mi piegai. Riuscivo a stento a toccare il terreno. Lo sfiorai con la punta delle dita e mi raddrizzai, inspirando nello stesso tempo. Altra ginnastica! Questa spedizione non doveva servire da scusa per impigrirmi.
L’oracolo disse: — Lui vuole scendere nella valle.
Guardai Derek. Stava fissando il panorama. Il cielo si andava rasserenando. La luce del sole illuminava i bordi delle nuvole e i colori della valle erano ancora più accesi di prima. — Perché? — domandai.
Lui si voltò. Conoscevo quell’espressione, le sopracciglia inarcate e il sorriso contorto. Derek stava progettando qualcosa di futile o pericoloso, e voleva la mia approvazione. La seduzione era entrata in funzione. Non avevo idea di come facesse, ma era teatrale come un luce al neon che incominciava ad accendersi. Il suo sorriso si allargò.
— Derek, falla finita! Spegnila!
— Che cosa?
— La bellezza mascolina, la seduzione, il fascino erotico. — Ero passata all’inglese. Nia incominciava ad accigliarsi.
— Voglio dare un’occhiata a quel lago — disse Derek. Stava parlando il linguaggio dei doni. La sua voce era profonda e tranquilla. Una voce ragionevole. La voce del buonsenso. — Credo di potercela fare ad andare e tornare prima che la luce sparisca del tutto.
— Ne dubito, e credo che tu sia pazzo a tentare. Quella laggiù è un’area molto attiva. Il suolo è probabilmente rovente, e forse non è sicuro. Potrebbe essere una crosta sopra qualcosa di brutto. Potresti sprofondare. Potresti finire nel brodo, e parlo più in senso letterale che metaforico.
— Parla la nostra lingua — protestò Nia. — Mi interessa questa discussione.
— Okay. Sto dicendo a Derek di non andare in quella valle.
— Non riuscirai a fargli cambiare idea — disse l’oracolo.
Derek rise. — Ha ragione. Rinuncia, Lixia. È inutile parlare. Ho intenzione di andarci.