Non vedeva l’ora di vedere la reazione di Brant di fronte all’inatteso visitatore giunto durante la notte.
Il canale di cemento che conduceva l’acqua di mare all’impianto di produzione del ghiaccio era lungo cento metri e terminava in un bacino circolare la cui capienza era esattamente quella necessaria per produrre un fiocco di neve. Giacché il ghiaccio da solo costituiva un materiale da costruzione di non grandi qualità, era necessario rinforzarlo, a questo scopo si usavano lunghi ciuffi di alghe provenienti dai Grandi Sargassi Orientali. L’impasto di ghiaccio e di alghe che ne risultava veniva chiamato ghiacciocemento, e si poteva star certi che non si sarebbe spostato — così come fanno i ghiacciai — durante le settimane e i mesi in cui la
«Eccolo lì.»
Loren, insieme a Brant sul bordo della vasca, indicò un varco tra gli arruffati ciuffi di alghe. L’essere che stava mangiando alghe assomigliava, nell’impianto generale, a un’aragosta terrestre ma era due volte più grosso di un uomo.
«Ha mai visto qualcosa del genere?»
«No» rispose Brant con fervore. «E non me ne duole affatto. Che mostro! Come avete fatto a prenderlo?»
«Non l’abbiamo preso. È venuto da sé, non so se nuotando o camminando, dal mare attraverso il canale. Poi ha trovato le alghe e ha deciso di farsi un pasto gratuito.»
«Non mi sorprende che abbia chele di quelle dimensioni; quelle alghe sono parecchio dure.»
«Be’, se non altro non è carnivoro.»
«Io non ci metterei la mano sul fuoco.»
«Speravo che tu potessi dirci qualcosa di più sul suo conto.»
«Noi conosceremo sì e no un centesimo della fauna marina di Thalassa.
Un giorno costruiremo dei batiscafi e andremo a esplorare le grandi profondità. Ma ci sono tante altre cose più importanti, e sono così pochi quelli cui potrebbe interessare una cosa del genere.»
Non saranno pochi per molto, si disse sarcasticamente Loren. Vediamo quanto ci mette Brant ad accorgersene da solo, pensò.
«L’ufficiale scientifico Varley ha fatto qualche ricerca. Mi ha detto che sulla Terra di alcuni milioni di anni fa esisteva qualcosa di molto simile. I paleontologi gli hanno dato un nome molto azzeccato: scorpione di mare.
L’oceano primordiale doveva essere un posto molto eccitante.»
«Proprio il tipo di bestia cui a Kumar piacerebbe dare la caccia» disse Brant. «Cosa ne volete fare?»
«Studiarlo e poi lasciarlo andare.»
«Vedo che gli avete già messo un contrassegno.»
Così se n’è accorto, pensò Loren. Bravo.
«Noi non gli abbiamo messo niente. Guarda bene.»
Brant, un’espressione di perplessità sul volto, appoggiò un ginocchio a terra e guardò più da vicino. Lo scorpione gigante lo ignorò completamente e continuò a strappare alghe con le chele formidabili.
Una di quelle chele non era esattamente come l’aveva fatta la natura.
All’articolazione della chela destra la bestia aveva parecchi giri di filo metallico quasi a formare una sorta di rozzo bracciale.
Brant riconobbe di che filo metallico si trattava, e rimase a bocca aperta.
«Allora ho indovinato» disse Loren. «Adesso sai cosa è successo alle tue nasse elettriche. Credo sia meglio fare quattro chiacchiere con la dottoressa Varley… e con i vostri scienziati, anche.»
«Io sono specializzata in astronomia» aveva protestato Anne Varley dal suo ufficio a bordo della
La dottoressa Varley era stata troppo modesta: come al solito aveva fatto un ottimo lavoro vagliando la quasi infinità di quantità di informazioni raccolte nelle banche dati principali della nave, e si cominciava a intravedere qualche conclusione. Nel frattempo l’essere che era la causa di tutta quell’agitazione continuava a pascolare pacificamente nella sua vasca, senza badare ai visitatori che arrivavano in continuazione per esaminarlo o solo per starlo a guardare a bocca aperta.
Malgrado l’aspetto estremamente minaccioso — le chele erano lunghe quasi mezzo metro e si sarebbero dette in grado di staccare di netto la testa di un uomo senza il minimo sforzo — l’essere non sembrava affatto aggressivo. Non cercava nemmeno di andarsene, forse perché aveva trovato un’abbondante provvista di cibo. Si ipotizzava anche che potesse essere stato attirato da qualche sostanza chimica secreta dalle alghe.
Se era capace di nuotare non lo dava a vedere: si accontentava di spostarsi utilizzando sei zampe corte e massicce. Il corpo, lungo quattro metri, era rinchiuso in un esoscheletro vivacemente colorato bene articolato e flessibile.