Al capitano gelava ancora il sangue solo a ripensarci: la bomba era destinata alla
Jonathan Cauldwell e la sua banda, sempre più esigua ma sempre più rumorosa, sostennero con convinzione ancora maggiore che non sarebbe successo nulla, che Dio stava solo mettendo alla prova l’umanità così come Egli aveva un tempo messo alla prova Giobbe. Certo, al Sole stavano succedendo cose strane, ma presto tutto sarebbe tornato alla normalità e l’umanità sarebbe stata salva — a meno che gli increduli, coloro che non confidavano nella misericordia divina, non provocassero la Sua ira. Allora sì che Dio avrebbe potuto cambiare idea…
La fazione denominata della Volontà di Dio sosteneva l’esatto contrario.
Il Giorno del Giudizio infine era giunto e nulla avrebbe potuto evitarlo.
Anzi, bisognava accogliere di buon animo la fine del mondo, giacché dopo il Giudizio gli eletti avrebbero goduto della vita eterna.
Ecco quindi che, partendo da presupposti completamente diversi, i fautori di Cauldwell e i seguaci della Volontà di Dio giungevano alla stessa conclusione: l’umanità non doveva cercare di sfuggire al suo destino. Tutte le astronavi andavano distrutte.
Per fortuna, le sette rivali si odiavano con tanto accanimento che non riuscivano a cooperare nemmeno per conseguire un fine cui tutte tenevano. E, anzi, dopo la morte del presidente l’odio sfociò in aperta violenza. Si diffuse la voce — quasi certamente messa in giro dall’Ufficio per la Sicurezza Mondiale, sebbene l’ente non volle ammetterlo mai — che la bomba era stata messa da quelli della Volontà di Dio e che i fautori di Cauldwell avevano sabotato il timer. Di altrettanto credito godeva la versione opposta; comunque o l’una o l’altra avrebbero benissimo potuto essere vere.
Ma tutto ciò era ormai storia, storia antica che solo un pugno d’uomini ancora ricordava e che tra qualche tempo tutti avrebbero dimenticato.
Eppure, che strano… ancora una volta si tentava di sabotare la
A differenza dei seguaci di Cauldwell e di quelli della Volontà di Dio, i Sabra erano persone competenti e per nulla obnubilati dal fanatismo. Essi potevano dunque costituire un problema più serio, ma il capitano Bey pensava di sapere come fare per risolverlo.
Sei in gamba, Owen Fletcher, pensò con amarezza. Ma ne ho ammazzati anche di migliori di te, ai miei tempi. E quando non se ne poteva proprio fare a meno, li ho anche torturati.
Andava orgoglioso del fatto che non ci aveva mai provato gusto e poi, questa volta, esisteva un modo migliore.
43. Interrogatorio
E adesso la
Sulla Terra, gli amici gli chiedevano spesso come mai avesse deciso di diventare criminologo. Lui rispondeva sempre allo stesso modo: «L’unica alternativa era di diventare un criminale».
Per quasi una settimana Steiner aveva lavorato per modificare l’elettroencefalografo dell’infermeria e per controllare i programmi necessari. Nel frattempo, i quattro Sabra rimasero agli arresti rifiutandosi ostinatamente di confessare la loro colpa.
Owen Fletcher osservò con aria infelice i preparativi fatti appositamente per lui; troppe erano le somiglianze con gli strumenti di tortura usati in tutta la sanguinosa storia della Terra. Il dottor Steiner lo rassicurò con la cordialità professionale del buon inquisitore.
«Non aver paura, Owen, non sentirai niente. Non ti renderai nemmeno conto di quello che risponderai alle mie domande… ma non potrai mentire.
Tu sei una persona intelligente, e per questo ti dico esattamente quello che sto per fare. Sarà strano, ma dire la verità al soggetto mi aiuta a far meglio il mio lavoro; ti piaccia o no, il tuo subconscio si fiderà di me… e collaborerà con me.»
Assurdo! pensò il tenente Fletcher. Non crederà di incantarmi così facilmente. Però non disse nulla mentre gli assistenti di Steiner lo legavano all’apposita poltrona. Non fece nessuna resistenza; due dei suoi ex colleghi se ne stavano a disagio sullo sfondo, evitando attentamente il suo sguardo.
«Se hai sete o devi andare in bagno, dillo. La prima sessione durerà un’ora; forse ne servirà qualche altra, ma saranno più brevi. Tutto a posto?
Sei comodo?»
Era, date le circostanze, una domanda grottesca, ma che nessuno parve trovare spiritosa.