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«"Gentile" è il mio secondo nome», rispose una voce roca e familiare, dal nero della notte. «Posso intromettermi?».

La mia mano corse alla gola e, se Edward non mi avesse tenuta in piedi, sarei crollata.

«Jacob!», ansimai non appena ripresi a respirare. «Jacob!».

«Ciao, Bella».

Arrancai verso il suono della sua voce. Edward non mollò il mio braccio finché non avvertii un altro paio di mani forti afferrarmi nel buio. Mentre Jacob mi avvicinava a sé, sentivo il calore della sua pelle bruciare attraverso il vestito di raso sottile. Non si sforzò neanche di ballare: mi abbracciò, mentre il mio viso affondava nel suo petto. Si chinò per sfiorarmi la fronte con la guancia.

«Rosalie non mi perdonerà se non le concedo il giro di pista che le devo», mormorò Edward e compresi che stava per lasciarci soli e farmi un regalo tutto suo: quel momento assieme a Jacob.

«Oh, Jacob». Ero scoppiata a piangere, quasi non riuscivo a parlare. «Grazie».

«Smettila di frignare, Bella. Ti rovini il vestito. Sono io, punto».

«Punto? Oh, Jake! Ora è tutto perfetto».

Sbuffò. «Già, la festa può iniziare. Finalmente il testimone è arrivato».

«Ora tutti quelli a cui voglio bene sono qui».

Sentii le sue labbra sfiorarmi i capelli. «Scusa il ritardo, dolcezza».

«Sono strafelice che tu sia qui!».

«L’idea era questa».

Lanciai un’occhiata agli ospiti, ma i ballerini m’impedivano di scorgere il punto in cui poco prima avevo visto il padre di Jacob. Non sapevo se fosse rimasto. «Billy sa che sei qui?». Non feci in tempo a chiederlo e già mi diedi la risposta: ecco la spiegazione a tanto buonumore.

«Di sicuro Sam gliel’ha detto. Andrò a trovarlo quando... quando finisce la festa».

«Sarà contentissimo di riaverti a casa».

Jacob si scostò, raddrizzandosi e cingendomi la vita. L’altra mano afferrò la mia, la destra, portandola al petto. Percepivo il battito del suo cuore sotto il mio palmo e intuii che non l’aveva fatto per caso.

«Non so se otterrò più di un ballo», disse e iniziò a guidarmi lentamente in circolo, senza seguire il ritmo della musica alle nostre spalle. «Meglio approfittarne».

Ci muovevamo al ritmo del suo cuore, che palpitava sotto la mia mano.

«Sono felice di essere venuto», disse Jacob piano, dopo qualche istante. «Non credevo di poterlo essere. Ma è bello vederti... ancora. Non è triste come immaginavo».

«Non voglio che tu sia triste».

«Lo so. E non sono qui per farti sentire in colpa».

«No... sono molto felice che tu ci sia. È il miglior regalo che potessi farmi».

Rise. «Meglio così, perché non ho fatto in tempo a passare a prenderne uno vero».

I miei occhi si stavano abituando al buio e riuscivo a scorgere il suo volto, più in alto di quanto mi aspettassi. Possibile che fosse cresciuto ancora? Ormai era più vicino ai due metri che al metro e ottanta. Era un sollievo rivedere i suoi tratti familiari dopo tanto tempo: quegli occhi infossati nascosti sotto le sopracciglia nere arruffate, gli zigomi alti, le labbra piene distese sui denti lucidi nel sorriso sarcastico che faceva il paio con il tono di voce. Ma, ai bordi, gli occhi erano tesi, anzi attenti: capii che cercava di muoversi con la massima cautela. Faceva tutto il possibile per rendermi felice senza tradirsi né mostrare quanto gli costasse.

Non avevo mai fatto niente di così buono da meritare un amico come Jacob.

«Quando hai deciso di tornare?».

«Consciamente o inconsciamente?». Respirò a fondo, prima di rispondere alla sua stessa domanda. «Non so, davvero. Credo di aver vagato un po’ in questa direzione, forse perché era proprio la mia meta. Però soltanto stamattina ho iniziato a correre. Non ero sicuro di farcela». Rise. «Non sai che sensazione assurda sia camminare di nuovo a due zampe. E i vestiti! La cosa più stramba sta proprio nel fatto che mi sembra un’assurdità. Non me l’aspettavo. Sono fuori allenamento con le faccende umane».

Volteggiavamo sicuri.

«Sarebbe stato un peccato non riuscire a vederti così, però. Vale tutto il viaggio. Stasera sei incredibile, Bella. Meravigliosa».

«Alice si è dedicata parecchio a me oggi. E il buio aiuta».

«Per me non è così buio, lo sai».

«Già». I sensi dei licantropi. Com’era facile dimenticare i suoi poteri, tanto appariva umano. Soprattutto in quel momento.

«Ti sei tagliato i capelli».

«Sì. Così è più facile. Valeva la pena di sfruttare il paio di mani che abbiamo».

«Ti dona», mentii.

Lui sbuffò. «Va bene, l’ho fatto da solo, con un trinciapollo arrugginito». Per un istante affiorò il suo sorriso ampio, che però svanì in un’espressione seria. «Sei felice, Bella?».

«Sì».

«Okay». Lo sentii scrollare le spalle. «Immagino sia la cosa più importante».

«E tu come stai, Jacob? Sinceramente».

«Sto bene, Bella, sinceramente. Non devi più preoccuparti per me. Puoi anche smettere di scocciare Seth».

«Non è per te che lo scoccio. Seth mi piace».

«È un bravo ragazzo. Meglio di certi altri. Te lo assicuro, vivere da lupo sarebbe quasi perfetto se riuscissi a liberarmi delle voci nella testa».

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