Più tardi, quando era ancora sull’orlo della follia, guidò fino al retro della sua vecchia casa. I nuovi proprietari non vi erano ancora andati ad abitare, e il cartello IN VENDITA non era stato tolto dal giardino, illuminato dai lampioni stradali. Breton provò l’impulso irresistibile di entrare in casa, ma poi premette il pedale dell’acceleratore e la vecchia Buick si slanciò con un sobbalzo lungo il viale deserto. Tutte le altre case erano illuminate.
Breton andò in un bar all’estrema periferia a nord della città, proprio dove cominciava la prateria e le erbe si strusciavano contro le porte come cani affamati. Seduto davanti al lungo banco, ordinò un whisky, il primo dopo l’ubriacatura d’incubo di otto anni prima, e fissò le profondità ambrate del liquido. Perché non aveva previsto quello che sarebbe dovuto accadere? Perché la sua mente si era spinta così lontano sulla sua strada solitaria, per fermarsi all’ultimo passo?
Lui era tornato indietro nel tempo, aveva sparato a un uomo, ma niente di tutto questo aveva mutato la realtà della morte di Kate. Breton immerse un dito nel liquore e disegnò una retta sul rivestimento di plastica del banco. Rimase un momento a fissarla, poi ne disegnò una seconda, che si biforcava dalla prima. Se la prima linea rappresentava la corrente di tempo in cui lui viveva e in cui nulla era cambiato, allora i pochi secondi che aveva rubato al passato erano trascorsi sulla linea divergente. Quando era passato l’attimo in cui aveva ucciso, era tornato al presente, nella sua corrente temporale. Invece di portare Kate in questa corrente ne aveva evitato la morte nella corrente divergente.
Breton beve un sorso, sforzandosi di assimilare la convinzione che sua moglie era viva, “da qualche parte". Guardò l’ora. Quasi mezzanotte. Kate doveva essere a letto, o forse stava bevendo una tazza di caffè insieme a suo marito, l’altro Jack Breton. Il suo viaggio nel passato aveva costituito una nuova corrente temporale e creato un nuovo universo nella sua interezza, in cui non mancava neppure il duplicato di se stesso. Quest’altro universo aveva le sue città, i suoi continenti, i suoi oceani, i pianeti, le stelle, le galassie che si allontanavano, ma niente di tutto ciò aveva importanza per lui. Contava solo il fatto di aver dato a Kate un’altra vita… unicamente per doverla dividere con un altro uomo. Ed era sbagliato dire che quell’altro uomo era lui stesso, perché la personalità di un individuo è formata dalla somma delle sue esperienze, e l’altro Breton non aveva guardato la faccia di Kate morta, non aveva dovuto sopportare il rimorso della colpa, o dedicare otto anni della sua vita all’idea fissa che aveva portato alla ricreazione di Kate Breton.
Le linee tracciate sul banco stavano asciugandosi, e Breton le guardava immerso nei suoi pensieri. Aveva la sensazione di aver logorato qualcosa, dentro di sé, per cui non sarebbe stato mai più in grado di chiamare a raccolta la quantità di potenziale cronomotorio capace di proiettarlo indietro attraverso la barriera del tempo. Ma se…
Inumidì ancora il dito e disegnò un cerchietto per indicare il presente sulla linea che rappresentava la principale corrente di tempo; poi ne tracciò uno uguale sulla linea divergente. Dopo averci pensato un momento, segnò una linea diagonale che univa i due punti.
E allora capì all’improvviso perché la parte più profonda e nascosta, ma sempre attenta, della sua mente, quella parte da cui dipendevano i fenomeni e da cui scaturivano i progetti, gli aveva permesso di continuare lungo la strada che aveva scelto otto anni prima. Aveva sfidato il tempo per creare un’altra Kate, ma questo non era stato che il primo passo verso il compito più arduo che lo attendeva.
Adesso doveva raggiungerla.
4
Mezzanotte era passata da un pezzo, quando Jack Breton finì di raccontare; ed era convinto di averli quasi persuasi.
A partire da un certo punto del suo racconto, John Breton e Kate avevano cominciato a credergli, e per questo ora lui doveva stare molto attento, per non rischiare di perdere la loro fiducia. Fino a quel momento, tutto ciò che aveva detto rispondeva a verità, ma adesso sarebbero cominciate le bugie, e lui doveva badare di non cadere nella sua stessa trappola. Si appoggiò allo schienale della poltrona e guardò Kate. Non c’erano stati cambiamenti fisici avvertibili, in lei, durante quei nove anni, salvo che negli occhi e nel modo di fare, che dimostrava come fosse consapevole della propria bellezza.
— Dev’essere un trucco — disse Kate con voce tesa, rifiutando di arrendersi senza lottare. — Dicono che ognuno di noi abbia un sosia, da qualche parte.
— Come fai a saperlo? — I due Breton avevano parlato contemporaneamente, in perfetta sincronia. E si scambiarono un’occhiata, mentre Kate impallidiva come se quella coincidenza fosse stata una prova per lei.
— Ecco… l’ho letto…
— Kate è una studiosa di fumetti — intervenne John Breton. — Se succede qualcosa tanto a Superman che a Dick Tracy, allora deve essere vera.