— Grazie. — Convery prese il fossile e se lo rimise in tasca. I suoi intelligenti occhi azzurri ebbero un rapido guizzo, e Breton capì che i rapporti tra il poliziotto e l’altro Breton dovevano essere complessi e difficili. — Dicevate, John?
— Eh? — “Perché diavolo insiste a dire ‘John’?” pensò Breton.
— Mi sembrate dimagrito.
— Grazie di esservene accorto. A volte uno segue una dieta ferrea per settimane, e nessuno si accorge del risultato.
— Direi che dovete aver perso tre o quattro chili.
— Sì, pressappoco. E mi sento molto meglio così.
— Secondo me, stavate meglio prima — osservò l’altro. — Avete l’aria stanca.
— Mi sono preso un pomeriggio di libertà appunto perché sono stanco — rise Breton, e Convery si unì alla risata.
Breton si ricordò del caffè. — Vi sentite di correre il rischio di bere un caffè preparato da me? Kate è uscita a far spese.
— E la signora Fitz?
Sulle prime Breton non capì, poi ricordò che la signora Fitz era la cuoca-tuttofare. — Le abbiamo dato qualche giorno di libertà — rispose. — Anche lei ha diritto a un po’ di riposo.
— E allora credo che dovrò proprio correre il rischio di bere il vostro caffè, John.
Convery spalancò la porta di cucina e gli cedette il passo. Mentre stava preparando il caffè, Breton pensava che se il tenente frequentava abbastanza spesso la casa, lui avrebbe dovuto sapere se preferiva il caffè con il latte o la panna, con lo zucchero o senza, e, a scanso di equivoci, mise latte, panna e zucchero sul tavolo di cucina. Trovò rilassante quel lavoro domestico, e si accorse d’essersi inutilmente allarmato alla vista di Convery. Kate aveva detto che il poliziotto veniva qualche volta a parlare di fossili e a bere un caffè, e così era infatti. Se anche Kate fosse tornata in quel momento, Convery non avrebbe avuto ragione di insospettirsi; quanto a John Breton, sarebbe rimasto in ufficio per almeno altre tre ore.
Breton bevve il caffè senza panna né latte, e così caldo che dalla superficie della tazza si levavano piccole volute di fumo grigio. Convery prese panna, ma niente zucchero e sorseggiò il liquido con evidente soddisfazione. Bevendo, intavolò il discorso della pioggia di stelle cadenti che stavano trasformando il cielo in un continuo spettacolo di fuochi artificiali. Breton gli dette corda, contento che la conversazione avesse preso una piega tale da permettergli di parlare dell’argomento come un qualunque abitante dell’universo di Tempo B.
— E adesso, al lavoro — disse Convery dopo aver finito la seconda tazza. — I tutori della legge non dovrebbero oziare come faccio io. — Si alzò e andò a deporre tazza e piattino nel lavello.
— Così è la vita — commentò Breton, tanto per dire qualcosa.
Salutò Convery nel patio, e rientrò in casa soddisfatto. Niente più ostacolava l’attuazione del suo progetto di sostituirsi a John Breton. L’unico dubbio che aveva avuto era se sarebbe stato in grado di parlare con gente che conosceva bene John senza destarne i sospetti, o, quanto meno, la curiosità. Ma l’incontro col tenente Convery era andato benone, senza intoppi, ed era chiaro che non ci sarebbe stato niente da guadagnare a tirare le cose per le lunghe, tenendo anche conto del fatto che le reazioni emotive di Kate cominciavano a dare qualche segno di complicazione.
Jack Breton salì nella stanza degli ospiti, prese la pistola dal sottofondo di un cassetto e si portò il metallo freddo e liscio alle labbra.
9
Quando il tenente Blaize Convery era un bambino di tre o quattro anni, sua madre gli aveva detto una volta che i sordomuti, di solito, imparavano a “parlare con le mani".
Lui aveva deciso sui due piedi che doveva essere una cosa magnifica anche per uno con i sensi perfettamente normali, e nei due o tre anni seguenti, il piccolo Convery non aveva mancato di dedicare ogni giorno qualche ora a cercare d’imparare il segreto. Tutto solo in camera sua, si fissava la mano destra, mentre la muoveva e contorceva in ogni modo possibile, alla ricerca della combinazione magica di flessioni e tensioni che avrebbe fatto uscire la voce dal palmo. Quando finalmente scoprì, grazie a un’altra osservazione casuale, che sua madre aveva alluso a un linguaggio fatto di gesti, aveva subito abbandonato la ricerca senza rimpianti. Aveva scoperto la verità, e questo gli bastava.