Judith Li, la perfezionista dal sangue freddo, conosceva la bestia in agguato dentro di lei: una calda, indomabile emotività che, a quel punto, poteva diventare tanto utile quanto dannosa, a seconda della mossa che si apprestava a compiere. Così aveva soppresso l'impulso a enfatizzare le proprie capacità militari e politiche. Era sufficiente che, in certe serate alla Casa Bianca, sostituisse l'uniforme con un abito da sera e suonasse Chopin, Brahms e Schubert agli ascoltatori rapiti, che guidasse nella danza il presidente sino a fargli credere di volteggiare come Fred Astaire, che cantasse per la sua famiglia e i vecchi amici repubblicani le canzoni dei padri fondatori… Quella parte della messinscena riguardava solo lei. Allacciava abilmente stretti rapporti personali, condivideva la passione per il baseball del segretario alla Difesa e quella del segretario di Stato per la storia europea. Si lasciava invitare sempre più spesso in forma privata e trascorreva interi fine settimana nel ranch del presidente.
Davanti al mondo era rimasta umile, tenendo per sé le opinioni personali sulle questioni politiche. Obbediva alle regole del gioco che si svolgeva tra politica ed esercito, appariva colta, affascinante e sicura di sé, sempre vestita correttamente, però mai rigida o spocchiosa. Le erano state attribuite — senza fondamento — una serie di relazioni con uomini assai influenti, ma lei ignorava elegantemente i pettegolezzi. Era impossibile farle perdere la calma. Ai giornalisti, ai deputati e ai sottoposti forniva bocconcini ben digeribili di certezze e convinzioni, era sempre organizzata e preparata al meglio, ricordava un'enorme quantità di dettagli, li richiamava come da un archivio e li riduceva in formule chiare e comprensibili.
Così, sebbene nemmeno lei sapesse cosa stava succedendo nell'oceano, anche stavolta riuscì a trasmettere al presidente un quadro esatto della situazione. Nel voluminoso dossier stilato dalla CIA mancavano solo pochi punti decisivi. Ecco perché Judith Li si trovava allo Château Whistler. E lei sapeva bene cosa significava.
Era l'ultimo, grande passo che le restava da fare.
Forse avrebbe dovuto chiamare il presidente. Così, semplicemente. A lui piaceva. Poteva raccontargli che gli scienziati e gli esperti erano riuniti, sottintendendo che avevano accettato l'invito informale degli Stati Uniti, benché nei loro Paesi avessero problemi a non finire. Poteva spiegargli che i satelliti della NOAA avevano riconosciuto alcuni tratti simili tra i rumori non identificati. Cose del genere gli piacevano, era un po' come dire: «Signore, abbiamo fatto un passo avanti». Naturalmente non si aspettava che il presidente sapesse cosa s'intendeva con termini quali
Decise di farlo.
Nove piani sotto di lei, Leon Anawak notò un bell'uomo coi capelli brizzolati e la barba. Stava attraversando lo spiazzo antistante l'hotel accompagnato da una donna piccola e abbronzata, con una gran massa di riccioli castani e le spalle larghe, che indossava jeans e una giacca di pelle. Anawak valutò che avesse poco meno di trent'anni. I nuovi arrivati portavano un bagaglio che fu immediatamente preso in carico dagli inservienti dell'hotel. La donna scambiò qualche parola con l'uomo con la barba, si guardò intorno e, per un momento, fissò lo sguardo su Anawak. Poi si scostò i riccioli dalla fronte e sparì nella hall.
Anawak rimase a fissare il punto in cui, fino a poco prima, c'era la donna. Poi alzò la testa, si riparò gli occhi dai raggi obliqui del sole e lasciò scorrere lo sguardo sulla facciata neoclassica dello Château.
L'hotel di lusso sorgeva in un panorama da sogno, che corrispondeva perfettamente all'immagine stereotipata del Canada. Da Vancouver si prendeva la Highway 99 lungo la Horseshoe Bay e si raggiungevano le montagne: lì si trovava il gigantesco hotel, che sorgeva in mezzo a una foresta su un dolce pendio circondato da imponenti cime, che splendevano di bianco anche durante i mesi estivi. Le montagne Blackcomb e Whistler formavano una delle zone sciistiche più belle del mondo. Ora, in maggio, gli ospiti venivano lì prevalentemente per giocare a golf e per fare passeggiate. Si poteva esplorare la zona con la mountain bike, oppure essere portati sulle nevi eterne con l'elicottero. Lo Château disponeva anche di un ristorante eccezionale e offriva ogni comfort immaginabile.
Ma tutto ciò era ovvio, dato che il luogo era così remoto. Meno ovvia era la dozzina di elicotteri militari che stazionavano nelle vicinanze.