«Forse è proprio questo il nostro problema», disse pensieroso il presidente. «Forse dovremmo provare a usare un po' più di HUMINT.»
Judith trattenne un sorriso. HUMINT era una delle espressioni preferite dal presidente. Nel gergo della sicurezza degli Stati Uniti, SIGINT stava per Signals Intelligence, una definizione che comprendeva tutte le tecniche per ottenere informazioni a distanza. HUMINT, invece, indicava l'acquisizione d'informazioni attraverso il lavoro delle spie cioè Human Intelligence. Il presidente, un uomo a proprio agio in maniche di camicia e per nulla versato nelle questioni tecnologiche, era pervaso dallo spirito pionieristico dei padri fondatori. Gli piaceva guardare qualcuno negli occhi. Sebbene comandasse l'esercito più tecnologicamente avanzato del mondo, era molto più legato all'immagine dell'esploratore che si muove nel sottobosco che a quella dei satelliti.
«Mettete in movimento le rotelle», sbottò. «Alcuni amano nascondersi dietro le console di comando e i programmi dei computer. Voglio che si programmi meno e si pensi di più.»
Il direttore della CIA congiunse la punta delle dita. «Va bene», disse. «Forse non dovremmo attribuire troppa importanza all'ipotesi Medio Oriente.»
Judith guardò Vanderbilt. Il vice direttore della CIA fissava dritto davanti a sé.
«Si era lanciato un po' troppo in avanti, Jack?» gli mormorò, in modo che nessun altro potesse sentirla.
«Chiuda la bocca, dannazione.»
Lei si chinò in avanti e, ad alta voce, disse: «Vogliamo parlare di qualcosa di positivo, una volta tanto?»
Il presidente sorrise. «Tutto ciò che è positivo non può che farci piacere, Jude.»
«Bene, c'è sempre il tempo del dopo, ma ci arriva soltanto chi vince. Quando questa storia sarà finita, il mondo sarà diverso. Finora sono stati destabilizzati molti Paesi e, tra di essi, ce ne sono alcuni il cui crollo può essere sfruttato a nostro vantaggio. Il pianeta si trova in una situazione terribile, ma 'crisi' è un sinonimo di 'possibilità'. Se lo sviluppo della situazione attuale portasse alla caduta di un regime a noi sgradito, la colpa non sarebbe nostra… Tuttavia noi potremmo orientare gli eventi e sostituire gli esponenti di quel regime con gente di nostra fiducia.»
«Ehm…» fece il presidente.
Il segretario di Stato rifletté per un attimo, poi disse: «Di conseguenza, la questione non è chi fa questa guerra, ma chi la vince».
«Penso che il mondo civilizzato debba combattere fianco a fianco contro il nemico invisibile», confermò Judith Li. «Insieme. Se si va avanti in questo modo, senza dubbio tutte le alleanze convergeranno verso l'ONU. E per il momento va bene così, tutto il resto sarebbe sbagliato. Non dobbiamo imporci, ma essere disponibili. Offrire collaborazione. E dobbiamo vincere, condannando alla sconfitta tutti quelli che, in passato, ci hanno minacciato o sono stati contro di noi. Indichiamo in modo chiaro la strada da prendere per uscire da questa situazione e, una volta passata la crisi, la divisione dei ruoli sarà obbligata.»
«Un punto di vista chiarissimo, Jude», commentò il presidente.
Gli uomini intorno al tavolo fecero vari cenni di approvazione. Ma si percepiva anche un vago fastidio. Judith Li si appoggiò allo schienale. Aveva detto abbastanza — forse più di quanto le fosse concesso dalla sua posizione -, ma aveva ottenuto l'effetto sperato. Sì, aveva infastidito alcune persone il cui compito sarebbe stato proprio quello di dire quelle cose. Non aveva importanza. Era riuscita ad arrivare a Offutt.
«Bene», disse il presidente. «Credo che, allo stato attuale delle cose, possiamo mettere questa proposta nel cassetto, ma il cassetto deve restare un po' aperto. In nessun caso dobbiamo risvegliare nell'opinione pubblica mondiale l'impressione di essere interessati a prendere la guida della crisi. Come procedono i suoi scienziati, Jude?»
«Credo che siano il nostro capitale più grande.»
«Quando vedremo dei risultati?»
«Domani ci riuniremo. Ho ordinato al maggiore Peak di tornare, in modo che possa essere presente. Potrà coordinare anche da qui lo stato di emergenza a New York e Washington.»
«Signore, dovrebbe tenere un discorso alla nazione», disse il vice presidente al presidente.
«Sì, è vero.» Il presidente batté una mano sul tavolo. «Bisogna allertare tutti gli scribacchini. Voglio qualcosa di schietto. Non le solite chiacchiere per rabbonire, ma qualcosa che dia speranza.»
«Dobbiamo accennare a un eventuale nemico?»