Il contenitore fu portato in uno spazio asciutto attraverso una paratia, spruzzato di acido peracetico, lavato con l'acqua, sottoposto a un altro getto di soda caustica e portato fuori dal simulatore attraverso un'altra paratia. Per quanto letale fosse l'acqua nella cisterna, adesso il contenitore era pulito.
«È sicura di cavarsela da sola?» chiese Johanson. Aveva in programma una videotelefonata a Bohrmann che, a La Palma, stava preparando l'operazione con l'aspiratore.
«Nessun problema.» Sue prese il contenitore col granchio. «Nel caso, mi metterò a gridare, con la speranza che venga lei a salvarmi e non quello scimmione di Rubin.»
Johanson rise sotto i baffi. «Condividiamo un'avversione?»
«Non ho niente contro Mick», disse lei. «Però è così maledettamente impegnato a inseguire il Nobel…»
«Pare anche a me. E lei?»
«Che c'entro io?»
«Non ha voglia di mettersi sul capo la corona d'alloro? Se sopravvivremo, tutti noi diventeremo un po' più famosi.»
«Non avrei nulla in contrario a qualche fan. La scienza è piuttosto arida.» Sue si bloccò. «A proposito, dov'è?»
«Chi? Rubin?»
«Sì. Voleva assistere alle analisi del DNA nel laboratorio di massima sicurezza.»
«Ne sia lieta.»
«Ne sono lieta. Però mi chiedo dove si sia cacciato.»
«Sicuramente starà facendo qualcosa di utile», disse Johanson, conciliante. «Credo che non sia una cattiva persona. Non puzza, non ha ucciso nessuno e sui suoi scaffali c'è una lunga serie di riconoscimenti. Può anche non piacerci, ma ci è d'aiuto.»
«Davvero? Lei crede davvero che finora abbia fatto qualcosa di utile?»
Johanson allargò le braccia. «Mia gentile signora, che importanza ha chi di noi ha una buona idea?»
Sue sorrise. «L'autoinganno di serie B.» Si strinse nelle spalle. «Ma sì, faccia quello che vuole. Chissà che non torni buono.»
Sedna
Anawak si avvicinò al bordo del bacino.
Il ponte era ancora pieno d'acqua. Vide Greywolf e Alicia, con le tute di neoprene, togliere le bardature ai delfini. Più in là, verso poppa, sul ponte era sospeso un batiscafo Deepflight. Roscovitz e Kate Ann tenevano d'occhio ogni cosa dal pannello di controllo. Lo scafo, simile a quello di una navicella spaziale, si piegò lentamente in avanti, fino a toccare l'acqua, e vi si appoggiò, oscillando. Sul fondo, attraverso l'acqua increspata, si vedeva luccicare la paratia.
Roscovitz guardò verso di lui.
«Esce?» gli gridò Anawak.
«No.» L'altro indicò l'imbarcazione. «Questo giocattolino è un po' malconcio. Ha qualcosa che non va nella guida verticale.»
«Una cosa grave?»
«Niente d'importante, ma è meglio controllare.»
«È quello con cui siamo usciti noi, vero?»
«Non abbia paura. Non l'ha rotto lei.» Roscovitz rise. «Probabilmente è un difetto del software. Tra qualche ora sarà tutto a posto.»
Un'ondata colpì le gambe di Anawak.
«Ehi, Leon!» Alicia gli sorrise dal bacino. «Che fai lì? Vieni dentro.»
«Buona idea», disse Greywolf. «Così potresti fare qualcosa di utile.»
«Noi lassù facciamo tante cose utili», ribatté Anawak.
«Senza dubbio.» Greywolf accarezzò un delfino che si era avvicinato ed emetteva deboli suoni. «Infilati una delle mute.»
«Volevo solo salutarvi.»
«Gentile da parte tua.» Greywolf diede una pacca al delfino e rimase a guardarlo mentre si allontanava in fretta. «Ora ci hai salutati.»
«C'è qualche novità?»
«Stiamo preparando la seconda squadra», rispose Alicia. «MK6 non ha registrato nulla di straordinario, a parte stamattina quando ha comunicato la presenza delle orche.»
«E prima che le vedessero gli strumenti elettronici», notò Greywolf non senza una punta d'orgoglio.
«Sì, il loro sonar…»
Anawak si prese una seconda ondata, stavolta perché uno degli animali era balzato fuori dall'acqua e l'aveva infradiciato. Evidentemente il delfino si divertiva.
«Non sforzarti», disse Alicia al delfino, come se questi la potesse capire. «Leon non entra. Si gelerebbe il sedere, perché non è un vero inuit, ma solo un inuit presunto. Non può essere un inuit. Altrimenti già da tempo sarebbe…»
«Okay! Okay!» Anawak alzò le mani. «Dov'è quella maledetta muta?»
Cinque minuti dopo, stava aiutando Alicia e Greywolf a dotare di telecamera e trasmittente gli animali della seconda squadra. Improvvisamente rammentò che Alicia gli aveva chiesto se era un makah.
«Come ti è venuto in mente?» volle sapere.
Lei si strinse nelle spalle. «Eri così riservato… Dovevi essere di qualche tribù indiana. Comunque non somigliavi di certo a un tedesco. Ora che ti conosco meglio…» Lo guardò, raggiante. «… Ho qualcosa per te!»
«Tu hai qualcosa per me?»
Lei fissò una cinghia intorno al torace di un delfino. «L'ho trovato su Internet. Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere. L'ho imparato a memoria. Vuoi sapere cos'è?»
«Parla!»
«La storia del tuo mondo!» Sembrava quasi che le sue parole fossero accompagnate da una fanfara.
«Oh, santo cielo.»
«Non t'interessa?»