Johanson sospirò. «Senza Sue non sarei riuscito a ricordarlo», disse. «È stata lei a farmi tornare alla mente la notte che abbiamo trascorso insieme su una cassa sul ponte dell'hangar. Pare che io abbia visto Rubin, benché si
«Cosa ti rende così certo di non aver sognato?»
«Sue.»
«Ma lei non l'ha visto.»
«E Judith Li.»
«Perché proprio Judith Li?»
«Perché durante il party si è interessata un po' troppo insistentemente ai miei ricordi. Credo volesse sondare il terreno.» Johanson lo guardò. «Leon, mi hai chiesto se qui tutti stanno dalla stessa parte. Credo di no. Neppure allo Château. Ho diffidato di Judith Li fin dall'inizio. E intanto mi sono convinto che Rubin non soffre di emicrania. Non so cosa devo credere, ma ho la netta sensazione che ci sia qualcosa in corso!»
«Intuizione maschile», sorrise incerto Anawak. «A tuo parere, che cos'ha in mente Judith Li?»
Johanson guardò il soffitto. «Questo lo sa soltanto lei.»
Sala di controllo
Casualmente, proprio in quel momento, Johanson guardò in una delle telecamere nascoste. Senza saperlo, fissò Vanderbilt, che aveva preso il posto di Judith Li e disse: «Questo lo sa soltanto lei.»
«Sei un tipetto sveglio», sibilò Vanderbilt. Poi chiamò Judith Li nel suo alloggio attraverso un canale a prova d'intercettazione. Non sapeva se stava dormendo, ma non gli importava.
Judith Li apparve sul monitor.
«Le avevo detto che non c'erano garanzie, Jude», disse lui. «Johanson sta per recuperare la memoria.»
«E se anche fosse?»
«Non è neppure un po' nervosa?»
Judith accennò un sorriso. «Rubin ha lavorato duro. È appena stato qui.»
«E allora?»
«È brillante, Jack!» I suoi occhi luccicavano. «Lo so, quel piccolo stronzo non ci piace, ma devo ammettere che stavolta ha superato se stesso.»
«Una cosa già testata?»
«Su piccola scala. Ma la piccola è come la grande. Funziona. Tra poche ore avrò l'autorizzazione del presidente. Poi io e Rubin andremo giù.»
«Vuole farlo personalmente?» esclamò Vanderbilt.
«E chi dovrebbe farlo? Lei nel batiscafo non c'entra», ribatté Judith Li. Poi riattaccò.
Ponte a pozzo
I sistemi elettrici ronzavano negli hangar vuoti e sui ponti dell'
Arrivavano fin nel ventre della nave, dove, sul bordo del bacino, Greywolf stava fissando la copertura d'acciaio.
Si sentiva travolto dalla tristezza e dalla sensazione di aver sbagliato ogni cosa. Era stato un errore anche venire al mondo. Era andato tutto storto. E non era neppure riuscito a salvare Alicia.
Una volta soltanto era riuscito a contare qualcosa: all'ospedale, col bambino della
Ma le balene continuavano a impazzire, i delfini soffrivano, tutta la natura soffriva e Alicia era morta.
Greywolf si sentiva privo di qualsiasi valore. Provava disgusto per se stesso. Non ne avrebbe parlato con nessuno, quello era certo. Avrebbe solo fatto il suo lavoro finché quell'incubo non fosse finito.
E poi…
Dagli occhi gli sgorgarono le lacrime. Il suo volto era immobile. Continuava a fissare la copertura, ma là c'erano solo travi d'acciaio. Nessuna risposta.
Il quadro generale
«Questa sfera è il nostro pianeta», stava dicendo Samantha Crowe. Aveva appeso alle pareti diversi ingrandimenti di stampate e si spostava lentamente dall'una all'altra. «Ci siamo scervellati per tanto tempo sulla natura delle linee, e adesso crediamo che rappresentino il campo magnetico terrestre. In ogni caso, le superfici libere sono i continenti. Questo ci ha permesso di decifrare la sostanza del messaggio.»