Читаем Il quinto giorno полностью

A differenza degli altri, Samantha Crowe sapeva bene cos'era successo all'Independence. Le telecamere sullo scafo avevano trasmesso ai monitor l'immagine della sfera luminosa che saliva. La sfera era fatta di gelatina, quello era certo e, quand'era esplosa, il gas al suo interno si era dilatato. Si trattava probabilmente di metano. In mezzo alle bolle vorticanti, le era sembrato di vedere una sagoma conosciuta: quello che arrivava a tutta velocità contro l'Independence era un batiscafo.

Un Deepflight dotato di siluri.

Immediatamente dopo l'esplosione era scoppiato l'inferno. Murray Shankar aveva battuto la testa contro la console e sanguinava copiosamente. Samantha Crowe l'aveva aiutato a rialzarsi, poi nel CIC erano arrivati di corsa dei soldati e dei tecnici e li avevano cacciati fuori. Il rauco suono a intervalli regolari dell'allarme li spingeva a muoversi. Nei corridoi laterali la gente si assiepava, ma pareva che l'equipaggio dell'Independence avesse ancora la situazione sotto controllo. Un ufficiale li prese in consegna e li condusse verso una scala, in direzione della poppa. «Attraverso l'isola usciamo sul ponte di volo», spiegò. «Non fermatevi. Attenetevi alle disposizioni.»

Samantha spinse Shankar, ancora intontito, sulla scala. Lei era piccola e minuta, Shankar alto e pesante, però raccolse tutte le sue forze e ci riuscì. «Muoviti, Murray!» ansimò.

Le mani di Shankar afferrarono tremanti i pioli. Si tirò su a fatica. «Ho sempre immaginato in maniera diversa un contatto diretto», esclamò, tossendo.

«Hai sempre visto i film sbagliati.»

Per calmarsi, una sigaretta sarebbe stato l'ideale. Pensò a quella che si era accesa qualche secondo prima dell'esplosione e che era rimasta a consumarsi nel CIC. Che guaio… Cosa non avrebbe dato per una sigaretta! Fumarne ancora una prima di tirare le cuoia. Qualcosa le diceva che le speranze di sopravvivere non erano particolarmente alte.

Ma non dobbiamo affidarci alle lance di salvataggio, rifletté poi. Abbiamo gli elicotteri!

Provò un certo sollievo. Shankar aveva raggiunto la parte superiore della scaletta di boccaporto e alcune mani si erano tese verso di lui. Samantha lo seguì e intanto si chiedeva se non stavano sperimentando proprio il tipo di contatto in cui la specie umana era così esperta: aggressivo, spietato, mortale.

I soldati li trascinarono all'interno dell'isola.

Ehi, Miss Alien. Sei sempre affascinata dalla possibilità che nell'universo esistano altre forme di vita intelligenti?

«Ha una sigaretta?» chiese a un soldato.

L'uomo la fissò. «Ma è matta? Si sbrighi a uscire!»


Buchanan

Sul ponte c'erano Buchanan col secondo ufficiale e il timoniere. Buchanan si teneva informato sull'evolversi della situazione e dava istruzioni, mantenendo un tono pacato e riflessivo. A quanto pareva, l'esplosione aveva distrutto una parte della stiva e della sala macchine. La stiva non avrebbe creato problemi, ma nella sala macchine si era evidentemente innescata una reazione a catena nei sistemi del carburante e del lubrificante. Come conseguenza, ci furono altre esplosioni. I sistemi esplodevano uno dopo l'altro. Il fabbisogno di elettricità della nave era garantito da una serie di gruppi elettrogeni. Oltre alle due turbine a gas LM-2500, provvedevano all'energia dell'Independence sei generatori diesel, che stavano appunto saltando in aria l'uno dopo l'altro. Probabilmente, laggiù nelle catacombe, sotto il ponte dei veicoli, erano tutti morti. Nel momento in cui aveva dato l'ordine di chiudere le paratie, aveva sacrificato l'equipaggio della sala macchine, ma non poteva permettersi il lusso di pensarci. Dovevano evacuare la nave. Non osava immaginare per quanto tempo ancora sarebbe rimasta relativamente stabile. L'impatto era avvenuto nella parte centrale, quindi non avrebbero potuto impedire che la stiva si riempisse a prua e che la nave s'inabissasse in avanti.

Nello scafo c'era troppa acqua. Sotto l'enorme pressione, quell'acqua si sarebbe aperta la strada verso la punta della prua e avrebbe sfondato le paratie del livello appena superiore. Se poi fossero saltate anche le paratie del ponte di poppa, la nave avrebbe rischiato di riempirsi completamente.

Buchanan non si faceva illusioni, sapeva che sarebbe successo. L'unico dubbio era quando. La gestione di quella crisi dipendeva esclusivamente da lui e dalle sue capacità di valutare gli eventi. Valutò che subito dopo sarebbe stata la volta del ponte dei veicoli sotto il laboratorio e di una parte degli alloggiamenti limitrofi. L'unica nota consolante era che a bordo non c'erano marine. In caso di guerra, a bordo ci sarebbero stati circa tremila uomini. Invéce ora erano poco meno di centottanta e si trovavano tutti nei livelli superiori.

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