I rumori di sottofondo provocati dall'acqua risuonavano spaventosamente vicini. Non aveva più molto tempo. Dall'alto arrivava un rumore gorgogliante.
E del calore.
Sobbalzò. In effetti faceva più caldo.
Doveva ritrovare i siluri.
Con selvaggia determinazione, si staccò dalla parete e si dedicò alla ricerca.
Laboratorio
Quando il colpo fece vibrare la nave, il soldato MacMillan era appena dietro Johanson e Karen, col fucile spianato. Caddero tutti in acqua. Karen riemerse e sentì un'esplosione provenire dall'alto.
Poi la luce si spense.
«Sigur?» gridò.
Nessuna risposta.
«MacMillan?»
«Sono qui.»
Sentiva il fondo sotto i piedi e l'acqua le arrivava al petto. Maledizione, ci mancava anche quella! Avevano quasi raggiunto uno dei soldati morti.
Qualcosa urtò dolcemente la sua spalla e lei lo afferrò. Uno stivale. Teneva in mano uno stivale e dentro c'era una gamba.
«Karen?» La voce di Johanson, vicinissima.
A poco a poco, i loro occhi si abituarono all'oscurità. Un attimo dopo, si accesero le luci di emergenza rosse e il laboratorio prese l'aspetto di un cupo antinferno. Nella penombra, Karen vide la testa di Johanson che si sollevava dall'acqua. «Vieni qui», gli gridò. «Aiutami.»
Ora il cupo rimbombo non veniva solo dal basso, ma anche dall'alto. Che cos'era successo? Lei ebbe la sensazione che nel laboratorio si fosse alzata la temperatura. Johanson apparve al suo fianco. «Chi è?»
«Non importa. Prendilo.»
«Dobbiamo uscire di qui», ansimò MacMillan. «In fretta.»
«Sì, subito, noi…»
«Presto!»
Karen guardò l'acqua un po' più avanti.
Una debole luce blu.
Un lampo.
Afferrò il piede del morto e si mosse in direzione della porta. Johanson aveva preso il braccio dell'uomo. O era una donna? Avevano preso Sue? Karen sperava che quello che si stavano trascinando appresso non fosse il cadavere della povera Sue. Si spinse in avanti, poi colpì qualcosa che la fece scivolare. Finì con la testa sott'acqua.
Guardò nel buio con gli occhi sbarrati.
Qualcosa serpeggiava verso di lei.
Si muoveva velocemente e sembrava una lunga anguilla luminosa. Anzi un gigantesco verme senza testa. E poi… Non era uno soltanto, erano molti.
Riemerse. «Via di qui.»
Johanson tirava dall'altra parte. Sotto la superficie dell'acqua si stendevano i tentacoli luminosi. Erano almeno una dozzina. MacMillan sollevò il fucile. Karen sentì qualcosa scivolarle sulla caviglia e poi trascinarla.
Nello stesso istante, uscirono dall'acqua diverse cose che strisciarono su di lei. Cercò di strapparsele via. Johanson le balzò vicino e affondò le dita fra i tentacoli intorno al corpo della donna, ma era come se lei fosse tra le spire di un anaconda.
L'essere la stringeva.
L'essere? Stava combattendo contro
«Non ci riesco», ansimò Johanson.
La gelatina strisciava sul petto della donna verso la gola. Karen finì di nuovo sotto. L'acqua splendeva. Dietro i tentacoli sgusciava qualcosa di grande. La massa principale dell'organismo.
Karen lottava con tutte le forze per raggiungere la superficie. «MacMillan» gorgogliò.
Il soldato sollevò il fucile.
«Con quello non otterrai nulla», gridò Johanson.
MacMillan sembrava assolutamente calmo. Puntò e prese la mira sulla grande massa che si avvicinava. «E invece con questo otterrò qualcosa.» Fece fuoco ed esclamò: «Le pallottole esplosive ottengono sempre qualcosa!»
La raffica penetrò nell'organismo, l'acqua sprizzò. MacMillan sparò una seconda raffica e la cosa andò in brandelli.
Frammenti di gelatina volarono ovunque. Karen annaspava, in cerca d'aria. Poi di colpo fu libera. Johanson la afferrò. Ripresero a trascinare il cadavere. Lo specchio d'acqua si abbassava e ora procedevano in fretta. Dopo che la nave si era ulteriormente rovesciata in avanti, la maggior parte dell'acqua si era raccolta nella parte del laboratorio verso prua e la porta era praticamente all'asciutto. Era difficile non scivolare sul pavimento in pendenza, ma ormai procedevano con l'acqua non più alta della caviglia.
Portarono il cadavere fuori, sulla rampa. Anche là l'acqua si era ritirata. A Karen sembrò di sentire un grido soffocato.
«MacMillan?»
Sbirciò nel laboratorio. «MacMillan, dov'è?»
L'organismo luminoso stava tornando a riunirsi. I frammenti si fondevano. I tentacoli sembravano scomparsi. L'essere aveva assunto una forma piatta.
«Chiudi la porta», gridò Johanson. «Può ancora uscire. C'è acqua sufficiente.»
«MacMillan!»
Karen si aggrappò al telaio della porta e continuò a guardare nella sala illuminata di rosso, ma il soldato non si vedeva.
MacMillan non ce l'aveva fatta.
Un filo sottile e luminoso si avvicinò. Karen balzò all'indietro e chiuse la paratia. Il tentacolo accelerò, ma stavolta non fu sufficiente. La porta si chiuse.
Esperimenti
Anawak era stato sorpreso dall'esplosione sulla scaletta di boccaporto. Aveva il respiro affannoso e il ginocchio gli faceva male. Imprecò. Vanderbilt gli aveva colpito proprio il ginocchio uscito malconcio dall'incidente con l'idrovolante.