Anawak esaminava con attenzione la superficie dell'acqua. L'imbarcazione andava veloce e lui non voleva rischiare di spaventare le balene o addirittura di ferirle. Più volte, in lontananza, scorse le imponenti code; a un certo punto, poi, non distante da lui, spuntò tra le onde una pinna dorsale nera e splendente. Nel frattempo, lui parlava via radio con Susan Stringer, che si trovava sul
«Che cosa fanno quei tipi?» chiese. «Stanno diventando violenti?»
La radio gracchiò. «No», disse la voce di Susan. «Fanno fotografie, come l'ultima volta, e c'insultano.»
«Quanti sono?»
«Due barche: sulla prima ci sono quattro persone, tra cui Greywolf; sulla seconda ce ne sono tre. Cielo! Adesso si sono messi a cantare.» Tra i fruscii della radio, arrivò debolmente un rumore ritmato. «Suonano il tamburo», gridò Susan. «Greywolf picchia sul tamburo e gli altri cantano. Canzoni indiane! Non capisco nulla.»
«Restate calmi, capito? Non cedete alle provocazioni. Tra pochi minuti sarò lì.»
«Scusa, Leon, ma… Che razza d'indiano è, quel bastardo? Non so che cosa stia facendo, però, se chiama gli spiriti dei suoi antenati, voglio almeno sapere che cosa comparirà.»
«Jack è un millantatore», disse Anawak. «Non è un indiano.»
«No? Pensavo…»
«Sua madre è una mezza indiana. Tutto lì. Vuoi sapere qual è il suo vero nome? O'Bannon, Jack O'Bannon. Altro che Greywolf.»
Ci fu una pausa, mentre Anawak si avvicinava alle barche a tutta velocità. Adesso il rumore dei tamburi arrivava fino a lui.
«Jack O'Bannon», ridacchiò Susan. «È fantastico. Penso che gli dirò subito…»
«Non farai proprio nulla. Mi vedi?»
«Sì.»
«Non fare nulla. Aspetta e basta», le ordinò Anawak. Poi mise via la radio e fece un'ampia curva, che lo portò verso il mare aperto. Ormai vedeva chiaramente la scena. Il
Se Greywolf si era accorto dell'avvicinamento di Anawak, non lo dava a vedere. Stava in piedi sulla sua barca, batteva un tamburo indiano e cantava. Il suo seguito — due uomini e una donna — cantava con lui e, di tanto in tanto, lanciava imprecazioni e maledizioni. Ma non era tutto: i membri del gruppetto fotografavano le persone sul
Si avvicinò alla barca e gridò: «Smettila, Jack! Parliamo».
Greywolf non si voltò neppure, continuando instancabilmente a suonare il tamburo. Anawak guardò i volti nervosi e stressati dei turisti. Poi dalla radio giunse una voce: «Ciao, Leon, che piacere vederti!»
Era lo skipper della
«Tutto bene, da voi?» s'informò Anawak.
«Tutto bene. Che facciamo con quello stronzo?»
«Non lo so ancora. Magari tento un approccio pacifico.»
«Fammi sapere se devo buttarlo in mare.»
«Prenderò in considerazione la proposta.»
Le barche rosse a motore degli ambientalisti avevano intanto iniziato a urtare il
«Ehi, Leon, Leon!» Una passeggera del
Anawak rimase stupito. Ma quella ragazza non gli aveva detto e ripetuto che era in procinto di partire? Mah, comunque, al momento non aveva importanza. Accostò la barca a quella di Greywolf, si mise di traverso e batté le mani. «Okay, Jack. Grazie. Avete suonato bene. Ora dimmi che cosa vuoi.»
Greywolf cantò a voce ancora più alta. Un monotono alzarsi e abbassarsi di sillabe dal suono arcaico, lamentose e nel contempo aggressive.
«Jack, maledizione!»
Improvvisamente scese il silenzio. Il colosso lasciò penzolare il tamburo e si girò verso Anawak. «Posso esserle utile?»
«Di' ai tuoi di smetterla, così possiamo parlare. Parleremo di tutto, però adesso smettetela.»
I lineamenti di Greywolf s'indurirono. «Non la smetteremo», gridò.