— Parecchio. Frank non riesce a decidere se l’ho preso più in giro io, o tu, o tutti quanti.
— Hanno parlato del fatto che Wilbur Tennent, fantastico parto della mia immaginazione, è una persona vera, ricercata dalla polizia?
— Penso che la conversazione fosse troppo frivola per argomenti del genere — rispose Leila. — Comunque Tennent è un cognome molto comune. Sai già cosa direbbe Henry.
Redpath annuì. — Accumulo inconscio di dati. E se andassi alla polizia e guardassi tutte le loro foto e riconoscessi…? Non farebbe differenza, vero?
— Accumulo inconscio di dati — disse Leila. — E se vuoi sapere un’altra cosa inutile, oggi pomeriggio il tuo cavallo è arrivato primo.
— Quale cavallo?
— Parsnip Bridge. Riascoltando le registrazioni Henry è rimasto colpito dal nome, e ha voluto controllare se oggi quel cavallo correva davvero. Ha vinto a sette contro uno.
— Wilbur lo sapeva già — mormorò Redpath, mentre un brivido freddo gli sfiorava gli angoli bui della mente. — Wilbur vede nel futuro. Viene ad aprirti la porta prima che tu bussi.
— Non arricchire troppo queste fantasie, John.
— Quali fantasie? Io so tutto delle corse di cavalli, eppure non riuscirei mai ad azzeccare una vincita. Non sapevo nemmeno che esistesse un cavallo di nome…
— Accumulo inconscio di dati.
— È un nome maledettamente strano per un cavallo. — Redpath scosse la testa per la disperazione.
— Povero John — disse Leila, scrutando ansiosa la sua espressione. — Ne stai passando di tutti i colori, e io non posso fare niente per aiutarti.
— Il semplice fatto che tu sia qui mi aiuta — l’assicurò. — Leila, quando credevo che tu fossi morta, avrei voluto… — Travolto dal pianto improvviso, si girò per tornare in cucina, ma Leila gli sbarrò il cammino, lo guardò con una comprensione che la rendeva ancora più bella.
— Non preoccuparti, John. — I suoi occhi sembravano luminosi. — Piangere fa bene.
— Bel titolo per una canzone. — Redpath cercò di rifugiarsi nel suo cinismo scherzoso, ma sull’ultima parola gli si serrò la gola, dolorosamente. La guardò, vergognoso, distrutto all’idea di mettersi a singhiozzare come un bambino.
— Vieni. — Lei lo prese per mano, lo portò in camera da letto. Redpath restò immobile accanto al letto, felice e stranamente rincuorato dal proprio ruolo passivo. Intanto Leila chiudeva la porta e sistemava le tendine, e la luce della stanza si ridusse a un baluginio come di candele. Ferma dall’altra parte del letto, lei indicò con un cenno il suo giubbotto e cominciò a togliersi il cardigan. Si spogliarono in silenzio, all’unisono, e restarono nudi nello stesso istante. E quando si sdraiarono sul letto, il mondo esterno svanì dalla coscienza di Redpath come una stella moribonda.
“Potrei cancellare ieri, far finta che non sia mai successo. Sarà poi così orribile perdere un solo giorno di un’intera esistenza? Ray Milland ha perso un intero week-end, e non gli è successo niente. Anzi, era un tipo sempre in forma.”
Redpath, nudo sul letto, guardava Leila che si muoveva nella stanza. Aveva le braccia incrociate dietro la testa, quattro cuscini morbidissimi sotto la schiena, e i suoi pensieri vagavano tranquillamente, perché il corpo era rilassato. Si sentiva tranquillo, sicuro. A tratti accettava l’idea che la sua mente fosse un illusionista dai poteri insospettati; altre volte si chiedeva quale tipo di lavoro avrebbe potuto trovare, oppure se Leila lo avrebbe lasciato restare per un po’. Leila aveva fatto il bagno e adesso, vestita solo della biancheria intima, riassettava la stanza. Guardandola, a Redpath era facile immaginare che si fossero appena sposati, che la vita sarebbe sempre stata come gli appariva in quel momento, una luna di miele eterna, un continuo correre tra i fiori di maggio.
“Non voglio nient’altro. Solo e sempre questo. Non chiedo poi troppo.”
— In questo giubbotto sembra che tu ci abbia dormito dentro — disse Leila, afferrando il giubbotto di pelle scamosciata. — Non sarebbe ora di farlo lavare?
Lui respinse l’idea con una mossa del piede. — Far lavare la pelle scamosciata costa una fortuna. Dovevano avvisarmi, quando l’ho comperato.
— E poi ti riempi le tasche di porcherie.
— Porcherie? Porcherie? — Redpath guardò le tasche rigonfie del giubbotto e ricordò che per la seconda volta aveva lasciato passare quasi un giorno intero senza prendere la solita dose di anti-convulsivi. — Vuoi guardare nella tasca destra e vedere se c’è un boccettino di capsule?
Leila infilò la mano nella tasca, tirò fuori un boccettino di medicinali, un tagliaunghie, il lucchetto e la catena della bicicletta di Redpath che era scomparsa, un pennarello, un distributore di filo interdentale, e un pezzo di carta triangolare che sembrava strappato da un giornale.
— Adesso chiedi scusa per la battuta sulle porcherie — disse Redpath, magnanimo. Stava scendendo dal letto per prendere l’Epanutin, quando si accorse che Leila stava fissando il pezzo di giornale a occhi spalancati. Aveva un’espressione pensierosa, e lui si sentì balzare il cuore in petto.