Redpath scosse la testa, fece una smorfia, salì di corsa le scale, e arrivò davanti all’ufficio di Nevison, al primo piano. Bussò leggermente alla porta a pannelli bianchi ed entrò senza attendere risposta. Nevison, seduto alla scrivania sotto il bovindo, alzò gli occhi, sorpreso. Era un uomo sulla cinquantina, magro, molto distinto, coi capelli grigi. Sembrava un tipo atletico, se non fosse stato per il colorito cianotico e per quelle sue narici blu-rossastre. Godeva di un’eccellente reputazione accademica, eppure si rivolgeva sempre a Redpath in un inglese ultra-semplice, disadorno. Redpath gliene era stato riconoscente per un po’; poi aveva cominciato a sospettare che Nevison si inorgoglisse al pensiero di riuscire a comunicare con un uomo semplice come lui, che lo considerasse una specie di allenamento.
— Ciao, John — disse Nevison. — Oggi sei in anticipo. Siediti.
— Grazie. — Redpath si accomodò su una poltroncina, e in quel momento capì che Nevison lo invitava sempre a sedersi per evitare che fosse lui a sedersi di propria iniziativa. Pensò di alzarsi e di restare in piedi per un po’, in modo che il fatto di sedersi sembrasse un’azione estremamente unilaterale da parte sua; poi capì che preoccupazioni del genere erano da nevrotico. “Un anno fa ero così? Rientra tutto in uno schema generale?”
Nevison restò in silenzio per un attimo. Poi, come se nel frattempo avesse concluso una linea di pensiero di estrema importanza, si rischiarò in faccia e disse: — Allora, John, cosa posso fare per te?
— Voglio lasciare il progetto — rispose Redpath. Riesaminò la frase e decise di non essere stato abbastanza chiaro. — Insomma, ho deciso di andarmene.
Nevison parve preoccupato. — Ho l’impressione che si tratti di una decisione improvvisa. Ho ragione?
— Ecco… — Redpath era restio a rispondere; gli sembrava di perdere terreno. — Che differenza farebbe?
— Nessuna, forse. Tu sei libero al cento per cento di lasciarci quando vuoi, lo sai, ma se esiste una causa specifica sarei lieto di discuterne con te e vedere se possiamo fare qualcosa per eliminarla. Non vogliamo perderti, John.
— Grazie, ma ormai ho deciso.
Nevison ebbe un sorriso pensieroso. — Se la nostra fosse una ditta privata, a questo punto ti offrirei un aumento di stipendio. Però credo che tu conosca benissimo la tua posizione e la nostra disponibilità di fondi. Io vivo nel terrore che un giorno o l’altro il consiglio comunale di Sud Haverside venga a sapere che ci occupiamo di telepatia. Se dovesse succedere, ci troveremmo tutti a mangiare tozzi di pane.
— Non si tratta di soldi — disse Redpath. — Cioè, i soldi sono solo una parte del problema.
— Oh. — Nevison incrociò le dita e guardò fuori della finestra. I raggi del sole, riflessi dall’architettura modernissima degli edifici dell’istituto, creavano scintillii incredibili sul fogliame verde scuro.
Redpath si sentì costretto a parlare. — Sto crollando. Forse è l’effetto cumulativo delle droghe, non so… Però so di sicuro che non riesco a tirare avanti.
— Hai riscontrato una reazione? — chiese Nevison, protendendosi in avanti.
— Una reazione! — Redpath sbuffò, visibilmente contrariato. — Stamattina, mentre raccoglievo la posta, ho guardato dall’occhio magico della porta e ho visto una cosa che sembrava uscita da un film dell’orrore. Una faccia scorticata. C’era solo la carne viva, e il sangue che scorreva. Non sono obbligato a sopportare cose del genere, Henry. Nessuno mi ci può costringere.
— Dà l’idea di un’apparizione piuttosto mostruosa — ammise Nevison — ma sono sicuro che si possa trovare una spiegazione molto prosaica. Era un’immagine più netta di quelle che hai avuto durante i test?
— Era assolutamente reale. Era come se… Un attimo. Vorresti dire che ho ricevuto una immagine telepatica?
— Può esistere un’altra spiegazione?
— Un’altra? Io non ho ancora sentito nessuna spiegazione. — Redpath si agitò sulla poltroncina, che scricchiolò. — Vorresti dirmi che nelle mie vicinanze, magari nel mio palazzo, qualcuno stava guardando una faccia del genere? E che io ho ricevuto l’immagine mentale? Guarda, mi conviene di più credere che sto impazzendo.
— Non se ne parla nemmeno. Tu non stai impazzendo — ribatté Nevison, assumendo un atteggiamento professionale. — Ti dico solo di considerare le circostanze e di paragonarle ad alcuni risultati ottenuti coi test. Ti eri appena svegliato, per cui il tuo cervello era sgombro dai ricordi residui della giornata. Se non ricordo male la topografia del condominio dove vivi, il corridoio esterno è piuttosto buio, quindi hai avuto un altro fattore scatenante: il calo improvviso dell’intensità d’illuminazione. E hai guardato attraverso l’occhio magico, cioè hai limitato al minimo il tuo campo visivo. Ricordi che abbiamo scoperto già da molto tempo il cosiddetto “effetto piccolo schermo”? È tutto molto logico.
— Quella faccia — gli fece notare tranquillamente Redpath — che cosa mi dici di quella faccia?