Capitolo Decimo
Fra’ benedetto da Fojano
La innocente vergine dorme supina sopra un lettuccio a canto quello del padre, le mani tiene abbandonate lungo i bei fianchi, le gambe tese, il capo alquanto chino su la spalla destra in dolce atto di quiete. Perch'e sorride la vergine? Sogna aver l’ale alle spalle ed abbracciare su i fianchi un angelo ed esserne abbracciata. Sogna un cielo chiaro e sereno dove si avvolgono perpetuamente in moto armonioso miriadi di globi lucenti, e parle che il compagno le dica: Vieni, voliamo a raggiungere cotesta stella col`a che sopra tutte le altre scintilla: e volano, volano… l’aria percossa sibila loro dietro le spalle, e la stella `i raggiunta, poi da lontano contemplano un augellino che si affretta cantando, e il compagno riprende: Vieni, voliamo ad interrogare quell’augelletto – e in meno che non balena gli stanno sopra; lui invano raddoppia il batter dell’ale, e l’hanno preso: Dove vai, uccello, ch'e tanto ti affretti cantando? – Mi affretto a cibare i miei pennuti, e canto lieto al mio Creatore che mi fece rinvenire l’esca con la quale nutrirli. – Va, va, augelletto; cos`i ti sieno preste l’ale al volo e Dio ti preservi dal falco. – Poi il compagno riprese: L’ora della preghiera `i venuta; e cos`i dicendo comincia dolcemente un inno al Signore; ella si volse a contemplarlo in viso… – santi del paradiso! Vede le belle sembianze di Vico, le quali, quanto lui pi`u s’infervoriva nella preghiera, tanto pi`u diventavano luminose, roventi quasi, alfine i suoi occhi come feriti non possono sostenere la vista, ella si desta… e freme… raggio di sole penetrando traverso lo spiraglio della finestra si posava sopra le sue palpebre.
Le diverse bisogne compiute, Annalena si prostra e prega: “Vergine santissima, il primo pensiero della mia anima risvegliandomi era tuo… ora… non pi`u… ma tu vorrai perdonarmi… non ti ho supplicato che tu m’ispirassi per conoscere se mal facevo ad amare un ente mortale, come amo te?… e l’angelo custode da parte tua non mi ha dissuaso, anzi lui mi parve mi confortasse ad amarlo. Madre di Dio, ti raccomando il mio povero padre; – la mia genitrice gi`a da gran tempo al tuo fianco non abbisogna delle mie preghiere; – e poich'e cos`i piace al cielo, non meno ti raccomando il mio diletto…” Qui fissa contemplando la immagine, le parve che dal vetro dentro il quale stava custodita mandasse un baleno: volse la faccia, e…
Vico Machiavelli, splendido in vista quanto l’arcangelo Michele, cinto di forbita armatura, le comparve alle spalle; le lucide armi riflettendo nel vetro lo avevano fatto coruscare del baleno che offese la vergine.
Annalena balza in piedi e presta pi`u della gazzella si ricovra all’altra estremit`a della stanza. Vico con occhi dimessi cominci`o:
“Annalena, vi domando perdono; credeva ritrovare qui vostro padre e intendeva menarlo meco[15] alla rassegna della milizia. Dio vi mandi il buon giorno…”
E volgeva la persona in atto di andarsene. La vergine sempre nel suo ricovero con ambe le mani si fregava gli occhi, timorosa non fosse una illusione. Vico pervenuto sul limitare, stupefatto della strana accoglienza, si ferma ed esclama:
“Lena!”
“La vergine trasalisce, e non le riesce snodare la lingua.
“Lena!” ripete Vico e impetuoso si dirige con presti passi verso di lei cos`i favellando:
“Tanto vi sono ad un tratto diventato increscioso che voi mi rifiutate quello che onestamente non sapreste negare a qualsivoglia cristiano vi occorresse per via, un saluto di pace? In che vi offesi? I giorni vostri io non turbavо mai. Perch'e sorrideste ai miei ritorni, alle partenze sospiraste? Perch'e, secondo ch’io mi presentava o lieto o tristo, impallidiste o arrossiste? Erano lusinghe queste? Ed io ti reputavо pura, innocente, come l’alba del primo giorno che spunt`o su la terra! Ahi, tristo me! tu mi hai ingannato:… a voi tutte, femmine, Eva don`o l’arte di presentare all’uomo la morte sotto la specie di un frutto.”
La giovinetta rimaneva come sbigottita da cotesto linguaggio; la cagione dello sdegno non comprendeva; grosse lacrime le scorrevano lungo le guance; sentiva un immenso duolo opprimerle il cuore pronto a scoppiare: alla fine proruppe e, precipitandosi a terra, abbraccia in atto d’ineffabile angoscia le ginocchia di Vico. Questi a sua posta si smarrisce, le parole gli mancano, sta incerto su quanto dicesse o facesse.
“Oh! non mostrarmiti sdegnato”, favella la vergine: “In che ti offesi? Se non lo sapendo ti recai ingiuria, perdona; io sono semplice, e avvezza agli usi di villa… io non sorger`o da terra finch'e tu non mi abbi perdonato…”
Ebbro di amore Vico le stende le braccia e esclama:”Sorgi, sorgi; in questo modo atteggiata appena dovresti presentarti al cospetto della Divinit`a”.
“E tu, Vico, sei la mia Divinit`a…”
“Or dunque mi ami?…” E la solleva esultante.