Spunta il giorno: ma quantunque fosco, concede agli Orangiani la vista della bandiera imperiale inalberata su l’asta sotto la bandiera del comune di Firenze, e ci`o li concita a rabbiosissimo sdegno; la luce ancora manifesta al nemico il piccolo numero dei nostri, e ci`o gli partecipa ardimento. Filiberto spedisce ai colonnelli lontani messaggi con gli ordini accomodati alla occorenza; crollansi le compagnie e cambiano forma: era adesso suo disegno indirizzare alle punte estreme dell’ale della nostra milizia una mano di cavalleggeri e di fanti meglio spediti per circuirla, e cos`i divisa dalle mura tagliarle la ritirata e poi a bell’agio piombar addosso col grosso dell’esercito e sterminarla senza rimessione; se gli veniva fatto di superare l’ale, non uno dei giovani fiorentini sarebbe tornato a Firenze. Il signore Stefano, se avesse condotto numero pari di gente, o lo avesse avuto di poco inferiore, certamente avrebbe disteso le file all’avvenante che le allargava il nemico, dopo attelati gli eserciti, non si sarebbe rimasto dallo ingaggiare battaglia sopra tutta la fronte; ma essendo pochi, conobbe non avanzargli a perdere pi`u tempo e dover mettere ogni studio a ritirarsi; attese pertanto a rendere vano lo sforzo del nemico, prevenendo il suo moto; ordina ai capitani delle due punte girino velocissimi sul fianco destro i soldati che a lui posto nel centro stavano a mano sinistra, sul manco, quelli che gli stavano a destra; e descritta sul terreno una linea sferica, si uniscano in colonna ritirandosi per alla Porta di San Piero Gattolino; lui aveva molto bene considerato come cos`i procedendo i cavalli nemici potevano cogliere di fianco la colonna, romperla quasi serpe sul dorso e impedirle ogni via di salute; e a questo sper`o provvedere con la celerit`a dei passi, per cui, lasciato aperto certo spazio di terreno davanti i nostri, le artiglierie delle mura senza timore di offenderli potessero fulminare gl’imperiali e trattenerli da molestare la ritirata. Io non so quello sieno per dire i presenti uomini di guerra sopra tali ordinamenti di milizia; quello che so troppo bene si `e che anche con quei modi la umanit`a si lacerava e faceva delle sue osse biancheggiare la campagna; miserabile nostro destino, di cui non ispero, almeno per qualche migliaio di secoli, la fine.
Non andarono falliti i concetti del Colonna: le artiglierie fecero buonissima prova; gli Orangiani, essendo stati alquanto sospesi, perderono il destro a inseguirli; posto uno spazio tra loro e i nostri, costoro diventarono segno della tempesta di fuoco e di ferro che prorompeva fuori delle mura; quasi a morte certa correva chiunque si fosse avventurato su quel terreno. O per prudenza del capitano, o per beneficio della fortuna, vedevano gli Orangiani sfuggirsi di mano una preda ormai tenuta sicura. Ora avvenne come tra i primi cavalleggeri spediti dal principe a circuire l’ala sinistra del nemico si trovasse Giovanni da Sassatello, soldato italiano quanto valoroso in arme, altrettanto perduto di fama. Lionardo Frescobaldi, giovane d’inestimabile bellezza di corpo e di animo ferocissimo, caro sopra modo al Morticino degli Antinori pi`u per questa seconda che per la prima qualit`a, veduto per caso il Sassatello, lo chiam`o con gran voce:
“O ladro, f`atti oltre! – O ladro, non hai le gambe, come le mani pronte? F`atti oltre! Le palle di Firenze ti talentano meno dei suoi fiorini!”
Una palla vola tra la testa del cavallo e il capo del Sassatello, un’altra gli porta via il cimiero, un’altra interrandosi presso a lui lo cuopre di fango: ma i suoi giorni sono contati; lui procede sicuro come sotto le volte di Santa Maria del Fiore.