– Misericordia! questa `e l’ultima notte della mia vita! E il cittadino poc’anzi lieto delle tepide piume si gitta gi`u scalzo sul pavimento, apre le imposte e nudo si espone al gelato mordere dell’aria; ode un frastuono confuso di gente che corre e che grida, ma non gli riesce distinguere cosa che valga a toglierlo dall’ansiet`a. Si veste in fretta, cinge la spada e, nulla badando alla pioggia, al freddo, ai pericoli, precipita sulla pubblica via. Vi furono padri di famiglia i quali, inteso il primo colpo di artiglieria, si tolsero pianamente dal lato alla moglie, sperando e pregando ch’ella pure dormisse; ma la consorte si sveglia e desta i figli, e con essi loro si pone traverso la porta, contendendo al marito l’uscita; i figli gli stringono le ginocchia, la moglie lo abbraccia su i fianchi; pianti e singulti che spezzano il cuore: “Oh! non uscire, perderai la vita.” “Figliuoli miei” – parla blando il buon cittadino, – “mia dolce consorte, s’io pur rimango, il nemico espugner`a la terra, e me uccider`a con voi, meritamente, invendicato, Perch'e mancai alla patria: se mi lasciate correre alle difese, ributteremo i barbari… o in ogni caso non morir`o senza vendetta… n`i i vostri occhi saranno funestati dalla mia strage… Sgombratemi il passo, tacete – e datemi l’arme”, – tacquero. Lo armarono, e quando fu partito ripresero il pianto con l’impeto del fiume che rotto l’argine straripa. Altrove la madre dest`o il figlio e lo spinse fuori delle domestiche mura: non mancarono donne le quali, mentite o non mentite le vesti, vollero a ogni costo uscire a combattere con gli amanti o mariti loro.
“All’arme! all’arme! – il nemico appoggia le scale alle mura… Pieruccio le ha salite per darvene l’avviso”.
Un orlo di fuoco manifest`o il contorno delle bastite di Firenze, le palle degli archibusi fioccarono spesse quanto la pioggia; gl’imperiali, disperati potersi pi`u oltre nascondere, fatto buon viso alla fortuna, continuarono a salire, animosamente gridando: Sacco! palle! citt`a presa!”
“Eretici senza fede! muggiva Lupo, udendo quel grido di sopra al suo campanile, citt`a presa! Almeno aspettate a dirlo quando porrete il piede su la piazza dei Signori; mentre si allestisce la festa, io vi mando la treggea”. E qui, toccati i sagri con la corda accesa, lanciarono un nuvolo di schegge mortalissime contro il fianco degli assalitori.
Filiberto, sconfortato da tante morti ordin`o si ritirassero le schiere, guardando prima di portar seco i cadaveri dei compagni, affinch'e i nemici, contemplata la mattina la strage, non avessero motivo di andare baldanzosi; e cos`i, come ordinava fu fatto, tornandosi tristi l`a donde poc’anzi con tanta audacia d’orgoglio si erano dipartiti e maledicendo di cuor loro il misterioso signore, il quale, pochi anni avanti, gli aveva spinti ad incontrare morti e ferite contro un papa, a favore di cui mandavali adesso ad esporre la vita. Grange, camminando verso la tenda, si volse dintorno a s`i, e scorgendosi prossimo il Bandino, gli disse in suono turbato:
“Or che cosa abbiamo guadagnato noi dal vostro consiglio, messer Bandino?”
“Parmi moltissimo”.
“E come?”
“Prima di tutto ci ha guadagnato il paradiso (ma questo, credo, meno di ogni altro), Perch'e se alcuna anima buona viveva tra noi, sciolta stanotte dai legami terreni, se ne and`o diritta diritta alle dimore celesti”.
“Tregua ai motteggi… noi camminiamo sul sangue”.
“Con buona licenza vostra, messere lo principe, lasciatemi proseguire; in secondo luogo, pi`u del paradiso per le allegate cagioni guadagnava l’inferno; – sopra tutti avete guadagnato voi, principe”.
“Io? tu mi deridi?”
“Dico da senno io; non sapete voi che il capitano Corrado Essio, venuto a morte, vi ha istituito erede d’ogni sua facolt`a?”
“Corrado `e morto? Ahi! mio buono, mio leale amico, io ne terr`o il cuore afflitto fino…”
“A domani”.
Il Bandino, rimasto solo, stese la mano in atto di minaccia dalla parte ove giace Firenze ed esclam`o:
“Quanto mi tarda la vendetta! Pur quando dovessi rimanermi solo ad oste contro di te, Firenze, o per forza o per tradimento vedrai il tuo giorno finale”.
Capitolo Decimoquarto
Il Morticino degli Antinori